Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 16 ott. 2007 (pag. Milano)
Questo fine settimana Formigoni ci ha consegnato l’ennesima sceneggiata contro l’impugnativa della legge regionale n. 19, relativa al sistema di istruzione e formazione lombardo, con un inedito atto di “diffida” rivolto al Ministro dell’Istruzione. Ma è dal 28 settembre scorso, quando il Consiglio dei Ministri decise di ricorrere alla Corte Costituzionale, che non passa giorno senza che il Presidente scagli anatemi o si inventi iniziative di ogni tipo, compresa una mobilitazione di piazza autocelebrativa, alla maniera di Ceausescu, che in realtà radunò solo poche centinaia di persone appartenenti all’universo ciellino, ma che l’abile comunicatore riuscì a vendere a una stampa compiacente come il “sostegno del mondo della scuola”.
C’è davvero da chiedersi quanti cittadini lombardi abbiano capito il vero oggetto dello scontro, dal momento che la legge regionale, approvata in fretta e furia il 27 luglio scorso, è un’emerita sconosciuta per i non addetti ai lavori e che tutta la comunicazione pubblica ripropone il cliché del conflitto tra un Governo nazionale conservatore e ostile e una Lombardia dinamica e produttiva. E così, chiunque osi contraddire le scelte di Formigoni e della sua maggioranza, finisce inevitabilmente sul banco degli accusati per attività anti-lombarde.
Certo, un po’ comprendiamo l’ira del Presidente, avendo egli, a suo tempo, incassato la benevola astensione dell’Ulivo lombardo e, presumibilmente, qualche incauta assicurazione che a Roma avrebbero lasciato fare. E, infatti, l’attuale imbarazzo di molti dirigenti del Piddì regionale, accusati di “sudditanza” a Formigoni persino dall’ulivista Riccardo Sarfatti, è sotto gli occhi di tutti.
Tuttavia, sarebbe un grave errore pensare che il progetto formigoniano sia a questo punto stoppato o che sia sufficiente affidarsi alle iniziative del Governo, il quale ha agito anzitutto per un elementare senso di tutela del quadro normativo vigente, di fronte alla carica destabilizzante della legge lombarda. Formigoni può, infatti, contare su numerosi e significativi appoggi, a partire dai cosiddetti poteri forti, dalla Compagnia delle Opere a Confindustria, nonché sulla palese non ostilità della maggioranza del Partito Democratico. E nessuno starà a guardare, vista la posta in gioco e i consistenti interessi materiali implicati.
Ebbene sì, perché qui non si tratta semplicemente della tendenza all’accentramento di sempre più poteri nelle mani dell’esecutivo regionale, a scapito sia dello Stato che degli Enti Locali, ma soprattutto di un attacco frontale e consapevole alla scuola pubblica e laica. Il cuore del provvedimento è rappresentato dall’istituzionalizzazione del doppio canale morattiano e dall’invasione del campo dell’istruzione tecnica e professionale, per la quale si prevede un sistema analogo a quello disastroso in vigore dal 2001 nella formazione professionale. Cioè, si stabilisce la piena equiparazione tra pubblico e privato nell’accesso ai finanziamenti e una larga autonomia per i singoli istituti, che comprende addirittura la possibilità di poter assumere direttamente e discrezionalmente il personale docente.
In altre parole, una gigantesca operazione di drenaggio di risorse pubbliche verso soggetti privati, come peraltro già avviene nella sanità, e un primo passo verso l’apertura del fronte scuola tout court. Che tutto questo possa essere nell’interesse del mondo imprenditoriale, lo possiamo capire, ma ci pare oltremodo arduo sostenere che debba esserlo anche in quello di studenti, insegnanti e famiglie. Ecco perché in troppi preferiscono nascondersi dietro la cortina fumogena della lite sulle competenze tra Stato e Regione.
Molte componenti del mondo della scuola, dagli studenti medi a diverse organizzazioni sindacali degli insegnanti -Cgil, Rete Scuole, sindacati di base-, si sono già espressi contro la legge regionale, ma ci pare evidente che questo non basti più e che occorra urgentemente un salto di qualità.
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