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LA LOMBARDIA FA RIPARTIRE LA RIFORMA MORATTI IN CHIAVE FEDERALE
di lucmu (del 25/05/2007 @ 14:57:13, in Scuola e formazione, linkato 870 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 25 maggio 2007
 
Di scuola si parla poco, troppo poco. Eppure, contro la riforma Moratti era sceso in campo un movimento straordinario e lo stesso programma dell’Unione annunciava una “radicale discontinuità”. Ma poi arrivò il rigore della Finanziaria e il cacciavite di Fioroni, con il risultato che oggi alla scuola pubblica mancano drammaticamente le risorse, mentre il quadro legislativo morattiano, seppure “sospeso”, appare sostanzialmente integro.
Una situazione di incertezza e di immobilismo che, lungi dal lasciare le cose come stanno, consente ai sostenitori della riforma Moratti di riprendere l’iniziativa. A dare il via non è a caso il potente Presidente della Regione Lombardia, Formigoni, il quale ha presentato  un progetto di legge regionale sul “sistema educativo di istruzione e formazione”, che rappresenta insieme un progetto federalista dal sapore devoluzionista e incostituzionale, nonché un autentico rilancio per la via dei fatti del disegno di una scuola al servizio del mercato, anzi essa stessa mercato.
La proposta del centrodestra lombardo, accompagnata da una pomposa campagna pubblicitaria -ovviamente a spese del contribuente-, fa leva sui pasticci del riformato Titolo V della Costituzione e pretende di esercitare unilateralmente tutte le competenze in materia di istruzione e formazione professionale, istituendo de facto il doppio canale, con l’istruzione liceale e quella tecnico-professionale che si allontanano sempre di più. In altre parole, torna il vecchio avviamento al lavoro, a partire dal 14° anno di età, visto che il progetto prevede che l’innalzamento dell’obbligo scolastico di due anni, introdotto nell’autunno scorso, potrà essere assolto anche nella formazione professionale.
Il sistema si basa, inoltre, sulla piena di equiparazione tra istituzioni formative pubbliche e private, che dovranno quindi accreditarsi presso la Regione per ottenere  risorse sulla base del principio della quota capitaria. Inoltre, alle famiglie verrà riconosciuto un “buono” da spendere presso l’operatore che ritengono e gli istituti potranno assumere direttamente il personale docente e non docente, senza dover ricorrere a fastidiose graduatorie.
Per capire meglio cosa dobbiamo aspettarci, conviene brevemente ricordare due precedenti lombardi. In primo luogo, il nuovo sistema pubblico-privato è in vigore per la formazione professionale sin dal 2001. Ebbene, il primo effetto fu che tra il 2000 e il 2004 il numero degli enti formativi balzò da 282 a 1143. Un esercito di enti privati, spesso erogatori di un unico corso in tutto l’anno scolastico, che senza trasparenza e controllo effettivo si accaparrava i miliardi del fondo sociale europeo. Un vero e proprio assalto alla diligenza che ha prosciugato le casse, dequalificato il sistema della formazione e trasformato l’assessorato lombardo all’istruzione in quello più indagato d’Italia. In secondo luogo, nel 2001 fu introdotto anche il “buono scuola”, cioè un sussidio pubblico, che nel solo anno scolastico 2005/2006 assorbì 43 milioni di euro di fondi regionali. Ma, e sta qui lo scandalo, il 99% è andato a famiglie i cui figli frequentano la scuola privata e il 63% beneficiari dispongono di un reddito dichiarato che si colloca nella fascia tra 35 e 180mila euro annui. In altre parole, un finanziamento indiretto, ma esclusivo, della scuola privata e un sussidio pubblico a famiglie in maggioranza non bisognose.
Sarebbe dunque un grosso errore sottovalutare la mossa di Formigoni. Qui non si tratta di un semplice affare lombardo, bensì del tentativo di aprire un varco su scala nazionale, approfittando dell’inerzia governativa, dell’assenza di mobilitazione sociale e delle molte ambiguità in settori non marginali del Partito Democratico. La via delle Regioni per riproporre l’attacco alla scuola pubblica, libera e laica è oggi quella più insidiosa e, se non si svilupperà un’iniziativa politica, istituzionale e sociale all’altezza, rischia pure di essere quella vincente.