Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 23 marzo 2007 (pag. Milano)
“La sicurezza dei cittadini viene prima di ogni cosa, soprattutto prima dei cittadini stessi”; così esclama il protagonista di un racconto di Pepetela. Non c’è forse frase più calzante per iniziare a parlare di quello che accadrà lunedì prossimo a Milano. Una manifestazione “per la sicurezza” promossa dal sindaco Moratti, cioè da colei che in un anno di amministrazione ha collezionato una serie impressionante di insuccessi, e dal centrodestra, cioè da coloro che governano Milano da oltre 15 anni.
In fondo, di fronte alla crescente sensazione di insicurezza dei cittadini e delle cittadine, in presenza però di un numero di reati stabile, cosa c’è di meglio che fare allegramente finta di niente rispetto ai propri fallimenti, rilanciando ancora una volta il securitarismo, per cui l’unico problema di Milano sarebbe la quantità di poliziotti e di videocamere di sorveglianza?
Ben altre sono le ragioni vere del degrado urbano che fa sì che oggi molti milanesi vivano la loro città come un avversario, con il quale combattere dalla mattina alla sera. Il welfare e i servizi sociali sono stati ridotti all’osso e i quartieri popolari sono stati consegnati all’abbandono, anticamera del degrado. Per i giovani c’è la prospettiva della precarietà del lavoro e della vita e per gli anziani la certezza della solitudine. La composizione sociale e culturale della città è cambiata fortemente con il fenomeno migratorio, eppure non c’è traccia di politiche di inclusione, ma soltanto una martellante campagna di inciviltà tesa ad individuare nel “diverso” e nello “straniero” l’untore, il pericolo, il concorrente per l’accesso ai beni e ai diritti. Opera docet, così come l’insensata e razzista legge regionale per la chiusura dei phone center che proprio oggi entra in vigore.
Viviamo in una città divisa, tra i molti, nativi e migranti, che subiscono il calvario del tirare a fine mese e i pochi che concentrano gran parte delle ricchezze. Ai primi gli amministratori cittadini concedono alternativamente arroganza o demagogia, mentre ai secondi si dedica attenzione e cura meticolosa. E così succede che il nuovo piano di governo del territorio –ex piano regolatore- del centrodestra contenga un gigantesco regalo per la speculazione edilizia, mentre i 150 profughi eritrei ed etiopi di Viale Forlanini dovranno continuare a vivere tra i topi nel più totale menefreghismo istituzionale.
Bene hanno fatto i comitati di quartiere e inquilini non legati al centrodestra a promuovere un’altra manifestazione per il 26 marzo. Certo, la piattaforma ufficiale rispecchia le troppe debolezze e subalternità dell’opposizione politica e sociale milanese, ma intanto qualcuno ha trovato l’intelligenza di dire no all’ipocrisia dei vari Moratti e De Corato. Sarà poco, ma di questi tempi è cosa preziosa. Ecco perché riteniamo sia giusto e doveroso essere in piazza insieme a loro, per dire che il problema di Milano sono i due decenni di governo delle destre e per iniziare a ricostruire un’opposizione degna di questo nome, che possa mettere in campo un’altra e opposta idea di città, una città per tutti e tutte, una città che metta al centro le periferie e i diritti delle persone.
E faremmo bene a preparare il lunedì, partecipando alla manifestazione dei phone center di sabato, prima che qualche solerte amministratore pensi di accontentare gli xenofobi della Lega, avviando davvero la chiusura massiccia di quei luoghi, “colpevoli” unicamente di essere frequentati da migranti. In nome della sicurezza, ovviamente