Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
di lucmu (del 27/02/2006, in Sicurezza, linkato 1062 volte)
La morte violenta di Abdel Khalek Nakab, cittadino marocchino, provocata da un colpo d’arma da fuoco esploso da una guardia giurata, necessita anzitutto un accertamento dei fatti rapido ed esaustivo. Che Nakab fosse pregiudicato e non in regola con i documenti non cambia nulla della drammaticità e gravità di quanto avvenuto in via Cavezzali.
Stamattina è suonato un campanello d’allarme che dovrebbe stimolare una riflessione seria e urgente. Da troppo tempo ormai Milano è priva di una politica di contrasto del degrado, della speculazione e dell’emarginazione, mentre si sprecano gli appelli alla repressione e all’uso della forza. E purtroppo, ancora una volta, l’assessore Manca è tornato a intonare il ritornello dello “sgombero delle aree occupate abusivamente”, senza preoccuparsi minimamente della situazione reale dello stabile di via Cavezzali, segnata piuttosto dal micidiale intreccio di abbandono e interessi immobiliari senza scrupoli.
Milano ha urgentemente bisogno di voltare pagina, di dare priorità alla riqualificazione delle sue tante periferie e a politiche attive che favoriscano l’inclusione in una città che vive un rapido cambiamento. In altre parole, servono prima di tutto più Comune e più politica, non più armi e manganelli.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
di lucmu (del 04/04/2006, in Sicurezza, linkato 1164 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione e il Manifesto (pag. Milano) del 4 aprile 2006
 
Forse Rumesh Rajgama Achrige ce la farà a sconfiggere la morte. Non ce la fece invece Abdel Khalek Nakab due mesi fa. Apparentemente Abdel e Rumesh raccontano due storie diverse. Il primo aveva 37 anni, cittadino marocchino, ed era stato ucciso il 27 febbraio scorso da un colpo di arma da fuoco esploso da un vigilante privato in via Cavezzali, a Milano. Il secondo, comasco originario dello Sri Lanka, ha 19 anni ed è stato colpito alla testa il 29 marzo dal proiettile di un vigile urbano nelle strade di Como.
Due storie diverse, ma che si assomigliano maledettamente. In ambedue i casi le autorità si sono precipitate a decretare la natura “accidentale” dell’accaduto. Certo, né il vigile, né il vigilante volevano sparare veramente, eppure tutti e due hanno estratto l’arma con il colpo in canna e l’hanno puntata contro una persona inoffensiva e per motivi assolutamente futili, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Il vigilante di via Cavezzali, come altri suoi “colleghi”, faceva da poliziotto privato per la proprietà immobiliare e non era la prima volta che veniva estratta un’arma. Gli inquilini hanno ripetutamente denunciato alle forze dell’ordine minacce e violenze, l’ultima volta soltanto due giorni prima della morte violenta di Abdel, ma nessuno era intervenuto per porre un freno. Un “accidente” piuttosto annunciato, insomma.
E nemmeno quanto successo a Como deve e può essere liquidato come un “accidente”. La progressiva militarizzazione della Polizia Locale, come oggi si chiamano i vigili urbani, è stata invocata, voluta e promossa consapevolmente dalle destre, spesso con l’acquiescenza da parte della sinistra moderata. Oggi, nonostante le molteplici resistenze da parte degli stessi vigili urbani, sempre più di loro portano le armi, mentre la legge regionale lombarda n.4/2003 prevede altresì la possibilità di uso di spray irritanti e bastoni estensibili. Il tutto in omaggio all’esaltazione delle “funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza” da parte della polizia locale. C’è da stupirsi che molti sindaci, desiderosi di disporre di una “loro” polizia, sono passati a costruire squadre speciali che vengono lanciati addosso non ai grandi delinquenti e speculatori, bensì a immigrati o writer?
Abdel è stato dimenticato troppo in fretta da Milano e sono rimasti soltanto i familiari e gli amici a chiedere giustizia. A Como, per fortuna, una parte della città ha deciso di reagire. E ci auguriamo che non sia un fuoco fatuo. Ma tutto questo non basta. Sia la tolleranza nei confronti delle polizie private e dell’uso sempre più disinvolto delle armi, che le leggi regionali o le ordinanze di sindaci sono figlie di una concezione della società insana e pericolosa.
Alla crescita dell’emarginazione e dell’esclusione, di nuove povertà e solitudini urbane, si risponde non con una politica sociale degna di questo nome, bensì con le politiche securitarie e criminalizzanti. E allora non si combatte l’esclusione, ma l’escluso. Non si favorisce la crescita di spazi sociali, ma si perseguita chi colora i muri cittadini.
Vi è la terribile urgenza che da sinistra, dalla politica e dalla società, venga presa un’iniziativa forte e decisa per rovesciare il paradigma securitario. Prima che sia troppo tardi. Lo dobbiamo a Abdel e a Rumesh, che sta ancora lottando per la sua vita, ma lo dobbiamo soprattutto a noi stessi e al nostro futuro.
 
di lucmu (del 03/05/2006, in Sicurezza, linkato 1049 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 3 maggio 2006 (pag. Milano)
 
Speravamo che la vicenda di Rumesh, il giovane comasco ridotto in fin di vita dalla revolverata di un vigile urbano il 29 marzo scorso, diventasse perlomeno occasione per qualche riflessione sulle politiche di militarizzazione della polizia locale. Ahinoi, pare che il nostro ottimismo fosse del tutto fuori luogo e ora arriva persino un’iniziativa che si colloca francamente tra il grottesco e l’inquietante.
Il Consorzio Parco delle Groane, che associa tra loro la Provincia di Milano e 17 Comuni, tra cui il capoluogo, ai fini della tutela ambientale e paesistica dell’area protetta, e l’Iref, l’istituto regionale che si occupa di formazione per l’amministrazione pubblica, organizzano tra il 10 e il 31 maggio prossimi un ciclo di seminari, rivolto a comandanti e ufficiali della polizia locale e intitolato “Fenomeno religioso e rischio”.
Scorrendo il programma del seminario sembra di trovarsi di fronte a un corso di addestramento per agenti dell’antiterrorismo. A parte qualche excursus rispetto al tema delle sette sataniche, il seminario formativo si concentra sull’analisi dei nessi tra religione islamica e terrorismo, della “nuova guerra mondiale”, di organizzazioni come Al Qaeda e Hamas e della “questione palestinese e irachena”. Di conseguenza, tra gli obiettivi enunciati troviamo anche l’individuazione delle “realtà (gruppi, centri, movimenti, aggregazioni) islamiche in Italia”.
Insomma, se il Consorzio e l’Iref ritengono che nel Parco delle Groane esista un’emergenza terroristica tale da giustificare persino la mobilitazione dei vigili urbani, allora farebbero meglio a informare tempestivamente il Ministero degli Interni e la cittadinanza, invece di organizzare seminari. Se invece tale emergenza non c’è, come ci suggerisce il più elementare buon senso, ci troviamo di fronte a un’operazione dal sapore ideologico, assolutamente inutile, se non controproducente.
Ebbene sì, perché fornire agli operatori della polizia locale una siffatta formazione non aumenta sicuramente la sicurezza dei cittadini, ma semplicemente finisce per stimolare un rapporto deformato con una parte della nostra società, specie con le persone di fede islamica, additate tout court come sospette. E il tutto in omaggio a una concezione deviata della vigilanza urbana, che da anni sacrifica le funzioni proprie della polizia locale.
Rifondazione Comunista ha già presentato un’interrogazione all’assessore regionale Buscemi, ma sollecitiamo altresì gli enti locali associati nel Consorzio - e probabilmente all’oscuro di questa iniziativa - a esprimersi e prendere posizione. L’annullamento di questo grottesco e inquietante corso di formazione non risolverebbe ovviamente il problema di fondo, ma sicuramente indicherebbe almeno la volontà di aprire la discussione.
 
qui puoi scaricare l'interrogazione

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di lucmu (del 09/05/2006, in Sicurezza, linkato 1121 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 9 maggio 2006 (pag. Milano)
 
Una settimana fa avevamo presentato un’interrogazione e denunciato pubblicamente un corso di formazione per comandanti e ufficiali della Polizia Locale piuttosto curioso e inquietante. Infatti, il Consorzio Parco delle Groane, che associa 17 Comuni e la Provincia di Milano, e l’IREF, l’istituto regionale che si occupa di formazione per la pubblica amministrazione, hanno organizzato un seminario formativo dal titolo “Fenomeno religioso e rischio”, incentrato principalmente sulla religione islamica.
Oltre la bizzarria di un Consorzio per la tutela ambientale e paesistica che organizza corsi per vigili urbani che sembrano un addestramento per agenti dell’antiterrorismo e tutte le considerazioni circa l’opportunità e l’utilità di un tale approccio deformato alla realtà dell’immigrazione, ora sono emersi ulteriori elementi che destano viva preoccupazione.
L’IREF  e il Consorzio hanno affidato la gestione e la docenza del seminario formativo ad un istituto torinese, il CESNUR (Center for studies on new religions), fondato e diretto dall’avv. Massimo Introvigne, in questi anni al centro di diverse polemiche a causa dei suoi legami con l’organizzazione della destra integralista “Alleanza Cattolica”. Ma non finisce qui, poiché è sufficiente una breve ricerca su internet per scoprire che l’attuale direttore dell’IREF, prof. Lorenzo Cantoni, ha pubblicato nel corso degli anni diversi scritti sulla rivista “Cristianità”, organo di “Alleanza Cattolica”.
Rifondazione Comunista ha depositato oggi una nuova interrogazione all’assessore regionale alla polizia locale, Buscemi, per sollecitare un celere intervento della Giunta Regionale, affinché questo corso di formazione venga immediatamente sospeso e venga fatta luce sugli eventuali rapporti tra enti pubblici e ambienti dell’integralismo cattolico, nonché sui costi della collaborazione del CESNUR con l’IREF.
 
 
qui puoi scaricare l’interrogazione

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di lucmu (del 11/05/2006, in Sicurezza, linkato 1118 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 11 maggio 2006
 
Speravamo che la vicenda di Rumesh, il giovane comasco ridotto in fin di vita dalla revolverata di un vigile urbano il 29 marzo scorso, diventasse perlomeno occasione per qualche riflessione sulle politiche di militarizzazione della polizia locale, cioè dei vigili urbani. Ahinoi, pare che il nostro ottimismo fosse del tutto fuori luogo, considerato che piovono iniziative sempre più inquietanti.
Così succede che un consorzio milanese per la tutela ambientale, il Consorzio Parco delle Groane, e l’Iref, ente dipendente dalla Regione Lombardia che si occupa di formazione per l’amministrazione pubblica, organizzano tra il 10 e il 31 maggio un corso di formazione per comandanti e ufficiali della polizia locale, intitolato “Fenomeno religioso e rischio”.
Scorrendo il programma del corso, sembra trovarsi di fronte ad un addestramento per agenti dell’antiterrorismo. A parte qualche excursus sul tema delle sette sataniche, il seminario formativo si concentra sull’analisi dei nessi tra religione islamica e terrorismo, della “nuova guerra mondiale”, di organizzazioni come Al Qaeda e Hamas e della “questione palestinese e irachena”. Di conseguenza, tra gli obiettivi enunciati troviamo anche l’individuazione delle “realtà (gruppi, centri, movimenti, aggregazioni) islamiche in Italia”.
Ma non finisce qui, poiché la gestione del corso è stata affidata ad un istituto torinese, il Cesnur -Center for studies on new religions-, fondato e diretto dall’avvocato Massimo Introvigne, membro influente di “Alleanza Cattolica”, cioè la più importante organizzazione della destra integralista italiana. E, per chiudere il cerchio, possiamo aggiungere che sulla rivista “Cristianità”, organo di “Ac”, troviamo anche scritti di Lorenzo Cantoni, attuale presidente dell’Iref.
Per capirci meglio, “Ac”, che annovera tra i suoi dirigenti anche l’ex sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano, nacque alla fine degli anni ’60 in stretto rapporto con l’organizzazione anticomunista brasiliana “Tradizione, Famiglia e Proprietà”, famosa per i suoi legami con le dittature militari del Brasile e del Cile. Non a caso la storia di “Ac” si era poi intrecciata regolarmente con quella del neofascismo nostrano, mentre la sua ideologia di riferimento può essere definita vandeana, poiché individua nella rivoluzione francese la fonte di tutti i mali del nostro tempo.
Insomma, a parte i rapporti equivoci tra enti pubblici e interessi privati, siamo di fronte ad un corso di formazione in chiave anti-islamica, gestito da integralisti cattolici. Evidentemente a certi apologeti del securitarismo non basta più la semplice militarizzazione e ora puntano ad imporre ai vigili urbani l’ideologia dello scontro di civiltà.
Rifondazione Comunista ha già presentato due interrogazioni e chiesto la sospensione immediata di questo allucinante corso, finanziato peraltro con fondi pubblici. Ma quello che stupisce e preoccupa di più non è il silenzio assordante della Giunta Formigoni, ma quello di tutti gli altri. Forse in questi anni la follia securitaria ha scavato troppo a fondo e tutto viene considerato “normale”.
A noi pare invece che di normale non ci sia proprio nulla e che la militarizzazione dei vigili urbani vada arrestata al più presto, per restituire alla polizia locale le sue funzioni proprie, in questi anni sempre più marginalizzate.
 
di lucmu (del 06/07/2006, in Sicurezza, linkato 1061 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 6 luglio 2006 (pag. Milano)
 
Strano posto Milano, direbbe probabilmente un forestiero di passaggio se sfogliasse il Corsera di oggi. Da una parte, l’allarme lanciato dal rapporto Ambrosianeum che ci ricorda per l’ennesima volta che Milano è una città dalla quale scappano i giovani e, dall’altra, appena qualche pagina più in là, il grido di guerra di Vito Dattolico, coordinatore dei giudici di pace milanesi, che annuncia: “i writers, da oggi, non hanno più scampo”. Ci penseranno i giudici di pace, novelli vendicatori dei muri imbrattati, con supermulte e domicilio obbligatorio fino a 45 giorni.
Certo, non tutti i giovani sono writers, cioè graffitari, e il dimezzamento in dieci anni dei milanesi tra 18 e 24 anni si spiega con ben altro, a partire dall’imperante precarizzazione, dal caro casa, dall’abbandono delle periferie e da una scuola pubblica uscita ulteriormente indebolita dalla cura Moratti. Eppure, quelle due notizie rappresentano bene la schizofrenia, o meglio l’ipocrisia, del dibattito politico sulla “questione giovanile”. Anche a destra si fatica ormai a negare l’evidenza di una situazione sempre più insostenibile, ma poi si insiste a produrre atti concreti soltanto sul piano dell’ordine pubblico.
Una miscela esplosiva di negligenza sociale e proibizionismo, che è uno dei frutti più amari del prolungato governo delle destre a Milano e in regione. Anzi, di un’idea di città e territorio dove è importante la tutela degli interessi forti e dove l’intervento pubblico, la pianificazione, la partecipazione e la socialità sono considerati degli alieni. E così succede che facciano mille volte più scandalo un centro sociale o un graffitaro che non la maggioranza dei giovani milanesi costretti a un lavoro e a una vita precari.
Un’idea di città malata e pericolosa che ci porta finanche a fatti folli come quelli accaduti pochi mesi fa a Como, allorquando il giovane Rumesh rischiò la vita a causa del proiettile esploso da un vigile della locale squadra speciale anti-writers. E allora Dattolico e il nuovo sindaco ci risparmino per favore nuove e grottesche campagne di criminalizzazione e si inizi piuttosto, se vi è la volontà politica, ad affrontare i problemi veri.
 
di lucmu (del 07/09/2006, in Sicurezza, linkato 1162 volte)
Bene hanno fatto oggi i consiglieri dell’Unione del Comune di Milano a chiedere che Regione Lombardia modifichi l’assicurazione “a favore delle vittime della criminalità”, al fine di estenderla anche alle vittime di violenza sessuale.
Infatti, l’assicurazione in questione, stipulata dalla Giunta Formigoni con INA Assitalia nel 2004, assicura tutti i cittadini lombardi, ma soltanto nel caso che i delitti comportino la morte o l’invalidità permanente. Inoltre, sono comunque escluse dalla copertura assicurativa tutte le vittime di delitti che avvengono in determinate circostanze, come per esempio nel caso di attentati terroristici oppure quando il reato si consuma nella sfera familiare, tra prossimi congiunti o tra conviventi di fatto.
In altre parole, le vittime di violenza sessuale, che nella grande maggioranza dei casi si consuma nella sfera familiare o tra conoscenti, sono doppiamente escluse. Una esclusione incomprensibile, poiché la violenza sessuale, lungi dall’essere un’emergenza stagionale, è purtroppo tra i reati contro la persona più odiosi e radicati nel tessuto sociale.
Per questo motivo Rifondazione Comunista, non da oggi, chiede la revisione della polizza assicurativa e il 4 settembre ha presentato un’interpellanza alla Giunta Regionale in cui si chiede formalmente l’estensione della copertura anche alle vittime di violenza sessuale, nonché la rimozione dell’esclusione di reati consumati nella sfera familiare.
Sicuramente l’estensione dell’assicurazione non potrà essere la soluzione, così come non lo è la proliferazione delle telecamere, ma sarebbe perlomeno un sostegno concreto alle donne vittime di violenza, nonché un segnale tangibile che le istituzioni non le abbandonano al loro destino, dopo aver riempito periodicamente la stampa con  dichiarazioni roboanti e spesso fuori luogo.
 
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui puoi scaricare il testo dell'interpellanza

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È successo a Bollate, città alle porte di Milano, il 15 settembre scorso. Un banale diverbio per una multa tra un vigile urbano e un giovane bollatese è degenerato in un episodio inquietante. Infatti, alla fine ben cinque vigili caricarono il giovane sul loro furgone, destino comando della polizia locale. Ma lì il giovane non ci è mai arrivato, finendo invece al pronto soccorso, dove venivano accertate la lussazione di due dita, diverse contusioni sul corpo e persino una morsicatura su una guancia. Il giovane, ovviamente, ha presentato denuncia ai carabinieri e il 27 settembre scorso la vicenda è approdata anche nel Consiglio comunale di Bollate. Conclusione? I carabinieri stanno indagando e i consiglieri comunali stanno ancora aspettando una risposta.
Un’ordinaria storia di follie da periferia urbana, si potrebbe dire, se non fosse per il fatto che ultimamente a Bollate si sono verificati diversi episodi di violenza che hanno coinvolto vigili urbani e che in tutta la Lombardia si registra un aumento di casi simili. Beninteso, casi anche molto diversi tra di loro, dove troviamo agenti sia nella parte delle vittime, sia in quella degli aggressori, ma che ci portano comunque e sempre al medesimo problema, cioè al ruolo e ai compiti di quella che oggi si chiama polizia locale.
Ebbene sì, perché da qualche anno assistiamo all’esaltazione delle “funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza” della vigilanza urbana, che poi vuol dire semplicemente assomigliare sempre di più ai corpi di polizia già esistenti, senza però avere la stessa formazione. Facendo così, non soltanto si tende a marginalizzare le funzioni proprie della polizia locale, come il controllo di sicurezza sui cantieri o la polizia annonaria, ma si finisce altresì per indebolire la “prossimità” del vigile rispetto al cittadino e per modificare in ultima analisi la percezione del suo ruolo.
Quanto avvenuto a Bollate non è assolutamente rappresentativo dell’insieme degli agenti della polizia locale, anzi, ma costituisce invece l’ennesimo campanello d’allarme. C’è qualcosa che non funziona e se non si interviene subito e in maniera decisa il morbo è destinato a crescere.
Ecco perché Rifondazione Comunista ha presentato un’interpellanza all’Assessore regionale alla polizia locale, per sollecitarlo a promuovere una propria inchiesta sul caso di Bollate e a prendere i conseguenti provvedimenti, augurandoci che questa volta il tutto non finisca nelle solite parole di circostanza e nell’assenza di fatti concreti.
 
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui puoi scaricare il testo dell'interpellanza

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di lucmu (del 07/12/2006, in Sicurezza, linkato 1010 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 7 dicembre 2006 (pag. Milano)
 
Natale si avvicina e, come tradizione impone, tutti diventiamo più buoni. Tutti, tranne alcuni amministratori milanesi, che da settimane sfoggiano linguaggi guerreschi, adatti più a un campo di battaglia, che alla festa popolare degli Oh Bej! Oh Bej!. Il terribile nemico si chiama “abusivi”, sarebbe sostenuto da immaginarie orde selvagge provenienti dai centri sociali e sarà affrontato da duecento vigili urbani, armati per l’occasione di manganelli nuovi di zecca.
Niente di cui stupirsi, per carità. Il vizio dei nostri amministratori di trasformare ogni problema in un’emergenza di ordine pubblico si era già consolidato ai tempi di Albertini, anche se in cuor nostro speravamo che il nuovo sindaco volesse segnare una diversità almeno su questo punto. E ci potrebbe perfino strappare qualche sorriso, se non fosse per la preoccupazione che il continuo buttare benzina sul fuoco non finisca davvero per provocare un incendio.
La fiera degli Oh Bej! Oh Bej! è sempre stata una ressa e le bancarelle effettivamente allestite sono da sempre più numerose di quelle formalmente autorizzate, poiché rappresenta per molti piccoli commercianti, italiani o immigrati che siano, un’occasione di guadagno alla quale non possono rinunciare. Certo, si potrebbe tentare di organizzare meglio il tutto, magari ricorrendo anche all’arma del dialogo e del confronto previo, ma pensare di poter ingabbiare la fiera in recinti irrealistici, questo no.
Il nostro auspicio è che l’annunciata battaglia rimanga in quel mondo virtuale dove finora è stata combattuta e che non si trasferisca davvero nelle strade. In fondo, come tutti i responsabili sanno, l’applicazione, a partire da stasera, del vecchio buon senso, unito a un po’ di flessibilità, potrebbe permettere di gestire senza troppi danni la situazione.
Invitiamo quindi gli amministratori milanesi a confidare di meno nel manganello e di più nel dialogo. E così facendo, forse riusciremo a goderci il nostro Sant’Ambrogio, nel solito affollamento, ma senza incrociare incomprensibili campi di battaglia.
 
di lucmu (del 23/03/2007, in Sicurezza, linkato 959 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 23 marzo 2007 (pag. Milano)
 
“La sicurezza dei cittadini viene prima di ogni cosa, soprattutto prima dei cittadini stessi”; così esclama il protagonista di un racconto di Pepetela. Non c’è forse frase più calzante per iniziare a parlare di quello che accadrà lunedì prossimo a Milano. Una manifestazione “per la sicurezza” promossa dal sindaco Moratti, cioè da colei che in un anno di amministrazione ha collezionato una serie impressionante di insuccessi, e dal centrodestra, cioè da coloro che governano Milano da oltre 15 anni.
In fondo, di fronte alla crescente sensazione di insicurezza dei cittadini e delle cittadine, in presenza però di un numero di reati stabile, cosa c’è di meglio che fare allegramente finta di niente rispetto ai propri fallimenti, rilanciando ancora una volta il securitarismo, per cui l’unico problema di Milano sarebbe la quantità di poliziotti e di videocamere di sorveglianza?
Ben altre sono le ragioni vere del degrado urbano che fa sì che oggi molti milanesi vivano la loro città come un avversario, con il quale combattere dalla mattina alla sera. Il welfare e i servizi sociali sono stati ridotti all’osso e i quartieri popolari sono stati consegnati all’abbandono, anticamera del degrado. Per i giovani c’è la prospettiva della precarietà del lavoro e della vita e per gli anziani la certezza della solitudine. La composizione sociale e culturale della città è cambiata fortemente con il fenomeno migratorio, eppure non c’è traccia di politiche di inclusione, ma soltanto una martellante campagna di inciviltà tesa ad individuare nel “diverso” e nello “straniero” l’untore, il pericolo, il concorrente per l’accesso ai beni e ai diritti. Opera docet, così come l’insensata e razzista legge regionale per la chiusura dei phone center che proprio oggi entra in vigore.
Viviamo in una città divisa, tra i molti, nativi e migranti, che subiscono il calvario del tirare a fine mese e i pochi che concentrano gran parte delle ricchezze. Ai primi gli amministratori cittadini concedono alternativamente arroganza o demagogia, mentre ai secondi si dedica attenzione e cura meticolosa. E così succede che il nuovo piano di governo del territorio –ex piano regolatore- del centrodestra contenga un gigantesco regalo per la speculazione edilizia, mentre i 150 profughi eritrei ed etiopi di Viale Forlanini dovranno continuare a vivere tra i topi nel più totale menefreghismo istituzionale.
Bene hanno fatto i comitati di quartiere e inquilini non legati al centrodestra a promuovere un’altra manifestazione per il 26 marzo. Certo, la piattaforma ufficiale rispecchia le troppe debolezze e subalternità dell’opposizione politica e sociale milanese, ma intanto qualcuno ha trovato l’intelligenza di dire no all’ipocrisia dei vari Moratti e De Corato. Sarà poco, ma di questi tempi è cosa preziosa. Ecco perché riteniamo sia giusto e doveroso essere in piazza insieme a loro, per dire che il problema di Milano sono i due decenni di governo delle destre e per iniziare a ricostruire un’opposizione degna di questo nome, che possa mettere in campo un’altra e opposta idea di città, una città per tutti e tutte, una città che metta al centro le periferie e i diritti delle persone.

E faremmo bene a preparare il lunedì, partecipando alla manifestazione dei phone center di sabato, prima che qualche solerte amministratore pensi di accontentare gli xenofobi della Lega, avviando davvero la chiusura massiccia di quei luoghi, “colpevoli” unicamente di essere frequentati da migranti. In nome della sicurezza, ovviamente

 
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