Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Apprendiamo dalle agenzie di stampa che la Lega Nord ha oggi depositato in Consiglio regionale un progetto di legge teso ad abrogare interamente la legge regionale n. 77 del 1989 “Azione regionale per la tutela delle popolazioni appartenenti alle etnie tradizionalmente nomadi e seminomadi”, senza peraltro avanzare una proposta alternativa.
Leggiamo poi con stupore che la Lega accusa la legge di aver “fallito ogni obiettivo di integrazione” e di essere “rimasta praticamente sulla carta”. Beninteso, su quest’ultima considerazione siamo totalmente d’accordo. Peccato però che la Lega si dimentichi di dire perché la legge è inapplicata da lunghi anni.
Infatti, da tempo immemorabile e almeno due volte l’anno, in occasione delle sedute consiliari dedicate al bilancio e all’assestamento di bilancio, Rifondazione Comunista e gran parte delle opposizioni presentano regolarmente lo stesso ordine del giorno che chiede di rifinanziare la legge n. 77. E con altrettanta regolarità la maggioranza di centrodestra che governa la Lombardia vota contro, spesso con l’aggiunta di proclami tipo “neanche un euro per gli zingari”.
In altre parole, l’applicazione di una legge regionale pienamente vigente è boicottata dagli stessi partiti che governano la Regione, cioè Forza Italia, Udc, An e Lega, e così da lunghi anni il bilancio non stanzia nemmeno un singolo euro, con l’ovvia conseguenza che i Comuni non hanno mai ricevuto i fondi che la legge regionale prevede.
Ma Lega ha fatto anche di meglio. Proprio alcuni mesi fa, l’assessore leghista Boni aveva inserito surrettiziamente nell’ultimo pacchetto di modifica della legge regionale sul governo del territorio l’abrogazione dell’articolo 3 della legge n. 77, che con l’urbanistica c’entra un fico secco. E l’articolo poi abrogato era proprio quello che prevedeva cosucce come l’obbligo di favorire la “sedentarizzazione dei nomadi”, di “evitare qualsiasi forma di emarginazione urbanistica” e di “facilitare l’accesso ai servizi e la partecipazione dei nomadi alla vita sociale”. Insomma, parlava di inclusione e integrazione.
Complimenti! Prima si impedisce l’applicazione della legge e poi la si vuole cancellare del tutto perché non funziona, dicendo che è colpa dei rom che non vogliono integrarsi.
Siamo davvero nauseati di fronte a questo gioco delle tre carte sulla pelle delle persone, di cui la Lega è ormai diventata maestra. E auspichiamo con tutto il cuore che questa volta anche il Pd regionale trovi la lungimiranza di battersi insieme a noi contro questo festival dell’ipocrisia e della menzogna, rinunciando una volta per tutte a praticare la rincorsa del peggio alla maniera di Penati.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il PdL n. 326, cioè la proposta abrogativa della Lega
A Milano proseguono le operazioni di schedatura dei rom e oggi è toccato al campo autorizzato di via Negrotto, 23. E come al solito, il vicesindaco De Corato si autocelebra, diramando comunicati stampa e annunciando che l’operazione di polizia ha permesso l’identificazione di 82 “nomadi italiani, provenienti principalmente dalla ex-Jugoslavia” e la scoperta di due edificazioni abusive “in legno e muratura”.
Insomma, un altro grande successo per il cosiddetto censimento voluto dal Governo, per scoprire finalmente chi sono queste persone sconosciute che abitano nei campi? Non proprio, perché è stato scoperto quello che già si sapeva e sono state identificate persone già identificate.
Infatti, la Polizia Locale di Milano da anni scheda meticolosamente i rom presenti sul territorio milanese, come avevamo denunciato cinque giorni fa, anche se soltanto tre quotidiani - Liberazione, il Manifesto e la Repubblica - e l’emittente radiofonica Radio Popolare hanno ritenuto opportuno informarne l’opinione pubblica.
E così è sufficiente prendere in mano il dossier della polizia locale che raccoglie i dati del periodo ottobre 2006 – dicembre 2007 e consultare la scheda relativa al campo oggi visitato dalle forze dell’ordine, per sapere quello che De Corato sostiene di aver scoperto oggi. La scheda parla infatti di 78 abitanti, di “nazionalità: Sinti italiani (Lombardia, Veneto e Friuli) – Estera (ex Yugoslavia)“ e rileva la presenza di “case in legno e muratura che hanno sostituito le roulotte originarie tutte dotate di servizi interni; le costruzioni abusive, regolarmente denunciate all’A.G., sono state condonate per stato di necessità”.
Mettendo un attimo da parte ogni considerazione sul concetto inquietante di “nazionalità” impiegato, risulta dunque evidente che la banca dati della polizia municipale, la quale fa capo al vicesindaco, dispone già di un quadro completo, peraltro in continuo e autonomo aggiornamento.
E allora avanziamo ancora una volta alcune domande molto semplici, ma anche molto importanti. Il Commissario straordinario, Prefetto Lombardi, era a conoscenza dell’esistenza della banca dati costruita dagli uomini di De Corato e aveva informato il Ministro Maroni? Chi aveva autorizzato e su quali presupposti la classificazione su base etnica di dati sensibili, di cittadini italiani e stranieri, da parte della Polizia Locale di Milano? E visto che la schedatura etnica già esiste, perché ripeterla con grande dispendio di forze dell’ordine e annunci pubblicitari, se non allo scopo di umiliare persone colpevoli unicamente di essere zingari?
Riteniamo che sia preciso dovere della Prefettura e del Ministero fornire una risposta urgente ed esauriente. Non perché lo chiede Rifondazione Comunista, ma perché la trasparenza è un atto dovuto nei confronti dei cittadini.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Riportiamo qui di seguito il comunicato stampa ufficiale del Parlamento Europeo, relativo all’odierna approvazione della risoluzione contro il rilevamento delle impronte digitali ai rom in Italia:
“A seguito dell'acceso dibattito in Aula del 7 luglio scorso, il Parlamento ha adottato con 336 voti favorevoli, 220 contrari e 77 astensioni una risoluzione sostenuta da PSE, ALDE, Verdi/ALE e GUE/NGL che esorta le autorità italiane «ad astenersi dal procedere alla raccolta delle impronte digitali dei rom, inclusi i minori, e dall’utilizzare le impronte digitali già raccolte, in attesa dell'imminente valutazione delle misure previste annunciata dalla Commissione». Ritiene infatti che ciò «costituirebbe chiaramente un atto di discriminazione diretta fondata sulla razza e l’origine etnica, vietato dall'articolo 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e per di più un atto di discriminazione tra i cittadini dell’UE di origine rom o nomadi e gli altri cittadini, ai quali non viene richiesto di sottoporsi a tali procedure».
Più in particolare, i deputati ritengono «inammissibile» che, con l'obiettivo di proteggere i bambini, questi ultimi «vedano i propri diritti fondamentali violati e vengano criminalizzati». Sostengono, invece, che «il miglior modo per proteggere i diritti dei bambini romsia di garantire loro parità di accesso a un’istruzione, ad alloggi e a un’assistenza sanitaria di qualità, nel quadro di politiche di inclusione e di integrazione, e di proteggerli dallo sfruttamento». Condividono inoltre la posizione della Commissione, secondo cui questi atti costituirebbero una violazione del divieto di discriminazione diretta e indiretta, prevista dalla direttiva UE n. 2000/43/CE che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, sancito dal trattato. Osservano peraltro che i rom sono «uno dei principali bersagli del razzismo e della discriminazione», come dimostrato «dai recenti casi di attacchi e aggressioni ai danni di rom in Italia e Ungheria.
Il Parlamento invita inoltre la Commissione «a valutare approfonditamente le misure legislative ed esecutive adottate dal governo italiano per verificarne la compatibilità con i trattati dell’UE e il diritto dell’UE». Esprime poi preoccupazione per il fatto che, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, i Prefetti, cui è stata delegata l’autorità dell’esecuzione di tutte le misure, inclusa la raccolta di impronte digitali, «possano adottare misure straordinarie in deroga alle leggi», sulla base di una legge riguardante la protezione civile in caso di “calamità naturali, catastrofi o altri eventi”, «che non è adeguata o proporzionata a questo caso specifico». I deputati si dicono anche preoccupati riguardo all’affermazione - contenuta nei decreti amministrativi e nelle ordinanze del governo italiano - secondo cui la presenza di campi rom attorno alle grandi città costituisce di per sé una grave emergenza sociale, con ripercussioni sull'ordine pubblico e la sicurezza, che giustificano la dichiarazione di uno “stato d'emergenza” per 12 mesi.
Più in generale, il Parlamento chiede a tutti gli Stati membri di rivedere e abrogare le leggi e le politiche che discriminano i rom sulla base della razza e dell’origine etnica, direttamente o indirettamente, e sollecita Consiglio e Commissione a monitorare l’applicazione dei trattati dell’UE e delle direttive dell’UE sulle misure contro la discriminazione e sulla libertà di circolazione, al fine di «assicurarne la piena e coerente attuazione». Ribadisce, infatti, che «le politiche che aumentano l'esclusione non saranno mai efficaci nella lotta alla criminalità e non contribuiranno alla prevenzione della criminalità e alla sicurezza». Invita poi gli Stati membri a intervenire a tutela dei minori non accompagnati soggetti a sfruttamento, «di qualsiasi nazionalità essi siano». Inoltre, sostengono che, laddove l'identificazione di tali minori sia necessaria, gli Stati membri dovrebbero effettuarla, caso per caso, attraverso procedure ordinarie e non discriminatorie e «nel pieno rispetto di ogni garanzia e tutela giuridica».
Il Parlamento, condanna «totalmente e inequivocabilmente» tutte le forme di razzismo e discriminazione cui sono confrontati i rom e altri considerati “zingari” e invita il Consiglio e la Commissione a rafforzare ulteriormente le politiche dell’UE riguardanti i rom, lanciando una strategia dell’UE per i rom volta «a sostenere e promuovere azioni e progetti da parte degli Stati membri e delle ONG connessi all’integrazione e all’inclusione dei rom, in particolare dei bambini». Invita inoltre la Commissione e gli Stati membri «a varare normative e politiche di sostegno alle comunità rom, promuovendone al contempo l’integrazione in tutti gli ambiti, e ad avviare programmi contro il razzismo e la discriminazione nelle scuole, nel mondo del lavoro e nei mezzi di comunicazione e a rafforzare lo scambio di competenze e di migliori pratiche».
In tale contesto, ribadisce l’importanza di sviluppare strategie a livello dell’UE e a livello nazionale, avvalendosi pienamente delle opportunità offerte dai fondi dell’UE, di abolire la segregazione dei rom nel campo dell’istruzione, di assicurare ai bambini rom parità di accesso a un’istruzione di qualità (partecipazione al sistema generale di istruzione, introduzione di programmi speciali di borse di studio e apprendistato). Ma anche di assicurare e migliorare l’accesso dei rom ai mercati del lavoro, di assicurare la parità di accesso all’assistenza sanitaria e alle prestazioni previdenziali, di combattere le pratiche discriminatorie in materia di assegnazione di alloggi e di rafforzare la partecipazione dei rom alla vita sociale, economica, culturale e politica”.
La voglia di schedare e classificare etnicamente gli “zingari” è ormai un vero e proprio virus che sta infettando le istituzioni democratiche. Ora il Ministro Maroni l’ha fatto diventare legge e politica dello Stato, ma il quadro inquietante che emerge man mano che si scava nella realtà è che, almeno in Lombardia, quel virus agisce da tempo. Avevamo già denunciato che la Polizia municipale di Milano dispone di una sua autonoma schedatura etnica, risalente al periodo ottobre 2006 – dicembre 2007, e ora scopriamo che iniziative analoghe furono promosse un anno fa addirittura nelle scuole.
Infatti, come ha segnalato il blog del Circolo Pasolini di Pavia (http://circolopasolini.splinder.com), è sufficiente visitare il sito internet dell’Ufficio scolastico provinciale di Milano, cercare un po’ ed ecco che salta fuori la circolare n. 3058 dell’11 giugno 2007 che invitava i direttori scolastici di città e provincia a procedere a una “rilevazione alunni rom sinti”. A tal fine era stata fornita anche una “scheda rilevazione dati”, prodotta dall’Ufficio scolastico per la Lombardia, da compilarsi a cura del singolo istituto scolastico: una scheda per ogni alunno “nomade”.
Beninteso, che la scuola si preoccupi di monitorare il grado di apprendimento e di inserimento degli studenti ci pare assolutamente doveroso, specie in una regione come la Lombardia che da tempo registra un tasso di abbandoni scolastici superiore alla media nazionale e dove la crescente presenza di bambini provenienti da famiglie di immigrati richiede nuove e adeguate politiche.
Ma cosa c’entra questo con una schedatura rivolta esclusivamente agli alunni individuati come “nomadi”, che siano essi cittadini italiani o stranieri, che vivano in campi oppure in appartamenti? E che senso ha classificare i bambini per appartenenza a gruppi etnici? Difatti, la scheda relativa al singolo alunno prevede di rilevare informazioni come “Indicare se l’alunno è Nomade italiano o straniero”, “Gruppo nomade di appartenenza (Es. Sinti, Rom, Abruzzesi…)” e “Luogo di abitazione (Campo, Appartamento, …)”.
Insomma, la realtà che sta venendo a galla non è soltanto che la presunta necessità di “sapere chi sono”, invocata dal Ministro Maroni per legittimare la schedatura etnica di massa degli zingari, è una gigantesca menzogna per giustificare l’ingiustificabile, ma soprattutto che la cultura democratica e la legalità costituzionale stanno diventando un optional per troppe istituzioni pubbliche. E quando una cosa del genere può accadere persino nella scuola, allora vuol dire che le cose si stanno mettendo davvero male.
Oggi abbiamo presentato un’interpellanza al governo regionale in cui chiediamo che intervenga con urgenza, affinché questa banca dati etnica venga distrutta immediatamente. Non si può, infatti, un giorno rivendicare che la Regione possa gestire autonomamente persino la scuola e il giorno dopo fare finta di niente quando succedono fatti incredibili come quelli descritti sopra.
Ma soprattutto crediamo che sia necessario un grande moto di disobbedienza da parte del mondo della scuola per impedire che cose di questo tipo possano accadere di nuovo, anche se a chiederle sarà un Ministro.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare il testo dell’interpellanza, comprensivo della scheda rilevazione
Mentre a Milano Abdul Guibre stava perdendo la sua lotta contro la morte, sul palco veneziano della Lega continuavano tranquillamente a susseguirsi insulti e minacce contro immigrati, rom, islamici e così via da parte di esponenti politici e istituzionali di primo piano. Mentre molti milanesi esprimevano sui forum on line e sui blog il loro sconcerto, altri già avanzavano delle tesi giustificazioniste, ma era “un ladro”, la gente è “esasperata”, “vengono nel nostro Paese a rubare”, come se fosse cosa normalissima morire a 19 anni, ammazzati da sprangate per aver, forse, sottratto due biscotti.
Per favore, smettiamola con le solite e disgustose ipocrisie interessate, derubricando il tutto a una “rissa” e ai “futili motivi”. La rissa al bar fu invocata quando dei neofascisti uccisero Dax e i futili motivi furono innalzati per spiegare l’omicidio di Nicola a Verona. E che dire di tutte le aggressioni e violenze contro gli immigrati che si stanno moltiplicando nella nostra città, come quelle di piazza Prealpi o altre che faticano persino a conquistare qualche spazio sulla cronaca locale? Sempre e comunque si cerca di minimizzare, dicendo che la politica non c’entra.
Certo, gli assassini di Abdul sono dei balordi e dei delinquenti, ma davvero crediamo che avrebbero ucciso, infierendo con i bastoni sulla testa, se i presunti ladri di biscotti non avessero avuto sembianze straniere? Davvero non c’entra nulla il clima costruito nella nostra città e nella nostra regione dagli imprenditori della paura, che hanno edificato le loro fortune politiche consegnando a una società sempre più disuguale, disgregata e impoverita, facili capri espiatori?
Ascoltate le parole scagliate da anni da consiglieri comunali, provinciali e regionali, da assessori e persino da sindaci dalle pagine dei giornali e dalle Tv locali. Un continuo accarezzare la paura e fomentare l’odio contro immigrati e rom. E un sistematico giustificare gli atti xenofobi, nel nome della “esasperazione” e della “sicurezza”.
Altro che “futili motivi”! Qui c’è un’evidente e palese responsabilità politica. C’è da parte del centrodestra, specie di Lega e An, ma anche da parte di quegli esponenti di centrosinistra che troppo facilmente hanno ceduto all’aria che tira. Oggi questa cosa va detta chiara e tonda e va affrontata di petto, prima che sia troppo tardi.
Ecco perché è necessario che tutte le forze democratiche e tutti i cittadini milanesi che non vogliono marciare risoluti verso il baratro prendano la parola, rompano il silenzio e si manifestino. Bisogna fermare gli imprenditori della paura e istigatori all’odio in doppiopetto, che prima lanciano il sasso della xenofobia e del razzismo e poi nascondono la mano.
Per questo sosterremo con forza tutte le odierne mobilitazioni e daremo il nostro contributo perché a Milano si realizzi al più presto una mobilitazione ampia e unitaria contro il clima di odio instaurato in città dalle destre.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Non è abitudine di questo blog pubblicare interi articoli di quotidiani e mai ci è successo di farlo con l’Avvenire, quotidiano dei vescovi italiani. Ma oggi lo facciamo, perché in mezzo al mare di ipocrisie e interessate cecità che già iniziano a sommergere quello che è successo domenica mattina in via Zuretti, l’editoriale in prima pagina pubblicato oggi dall’Avvenire rappresenta una scialuppa di salvataggio, un atto di intelligenza contro l’idiozia. Pensate che già ieri sera alcuni notabili del Pd hanno iniziato a fare retromarcia, allineandosi con la tesi dei “futili motivi” tanto cara al centrodestra. Ascoltate Penati: “non ho mai inteso dare una connotazione razzista a questo episodio, …è stata una spedizione punitiva ma non perché il ragazzo era di colore, ma perché aveva rubato”. Ebbene, che dire? Fate voi, tanto non è difficile!
Editoriale Avvenire, 16 settembre 2008:
ABDUL, NOSTRO FRATELLO.
IL RAZZISMO COME RABBIA OSCURA DALLE VISCERE
di Marina Corradi
Tre ragazzi che alla fine di un sabato notte portano via due pacchi di biscotti da un bar. I proprietari che li inseguono, loro che afferrano dalla spazzatura bottiglie, e una scopa per difendersi. Ma uno dei tre cade, e il barista gli è addosso. Con una spranga gli spacca il cranio e lo ammazza. Poi, lui e suo figlio se ne tornano a casa.
Sembra Bronx, ma è Milano, in un’alba in via Zuretti, una strada come tante, parallela alla massicciata dei binari che entrano alla Stazione Centrale. E chi ascolta si dice che questa storia è assurda e folle, com’è possibile ammazzare come un cane un ragazzo, per dei biscotti? Com’è possibile che a farlo, insieme, siano il genitore e suo figlio, senza che l’uno sappia – senta il dovere – di neutralizzare l’altro? Ci deve essere un’altra ragione, per spiegare cosa è successo a Milano, e dovrebbe rifletterci, chi assicura che è stato solo un tragico, esecrabile omicidio per futili motivi. L’'altra' ragione, è che quei ragazzi erano neri, e nero, benché cittadino italiano, era Abdul, 19 anni. I due baristi urlavano «Negri di m. ve la diamo noi una lezione», e li han sentiti in molti, tra quanti, svegliati dal baccano, si sono affacciati alle finestre. Se a insinuarsi nel bar fossero stati tre ragazzi bianchi, come sarebbe andata? Due insulti, uno spintone, e poi quel «va’ a lavurà» brusco, ma non maligno, che si gridava a chi pretendeva qualcosa senza guadagnarselo, una volta, a Milano.
Già, c’era una volta Milano. Omicidi e rapine, sempre stati, ma inseguire con una spranga un ragazzo per dei biscotti, sfasciargli la faccia e andarsene lasciandolo moribondo, no, questa non è mai stata cronaca abituale, a Milano. È una storia impazzita questa di via Zuretti, a meno che non si prenda sul serio quel «sporchi negri, vi insegniamo noi» urlato da due uomini – padre e figlio – stravolti. Che giurano, ora, di non essere razzisti. Però, la moglie e madre dei due, da dietro il banco, ammette, riferiscono le cronache: «Sì, io sono razzista. Lo sono diventata, vedendo quello che succede nel quartiere». Dove, per carità, trovandoci dietro la Stazione Centrale di sera si cammina in fretta e inquieti, che pare d’essere, dopo anni di incuria, nelle retrovie di un porto, in un approdo di ogni fuga e miseria e espediente. Ma proprio per questa paura dello straniero che si respira qui e altrove, occorre avere il coraggio di dire che il razzismo, con la fine di Abdul Guiebre, c’entra. Non lo hanno ucciso per due pacchi di biscotti. La ferocia è scoppiata alla vista di un branco di ragazzi neri che acciuffavano, come padroni, qualcosa dal banco. Una rabbia oscura allora dalle viscere è risalita, veloce come il sangue, alla testa dei due italiani, in un corto circuito esplosivo: e una mano ha afferrato una spranga, ed è partita la caccia. Non era con 'quel' nero che ce l’avevano, non solo. In un istante, in un’alba di asfalto tra i semafori lampeggianti, un rigurgito di ferocia tribale, una faida da foresta, come ne scoppiano fra tribù primitive quando il proprio territorio è minacciato, o invaso. E allora giù colpi su Abdul, 19 anni, da Cernusco sul Naviglio, Abdul che in camera teneva il poster del milanista Ronaldinho.
Non c’entra il razzismo, ripetono in molti ora, e preoccupa questo non voler vedere quale ombra si va insinuando fra noi. Dal palco del raduno della Lega, a Venezia, proprio domenica il prosindaco di Treviso ha gridato: «Che gli immigrati vadano a pregare e p. nel deserto». E certo ha parlato l’anima più becera del partito: ma ci sarebbe piaciuto che qualcuno, dello staff leghista, se ne fosse dissociato. No, non è stato razzismo a Milano, dicono in molti, è stato un furto: due biscotti e una sconsiderata reazione. Sfortunato ragazzo, ha scelto il bar sbagliato. Quanta ansia di rassicurarsi che non è successo niente. Di non voler vedere il segnale di un livido incanaglimento in una città che, una volta, per due pacchi di biscotti, benevola avrebbe borbottato: ragazzo, va a lavurà.
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Aprile Online il 18 sett. 2008
Tutto normale a Milano. O almeno questo è quanto in troppi vogliono far credere. E così, l’omicidio di Abdul “Abba” Guibre sta scivolando lentamente indietro nelle pagine della cronaca locale, confondendosi passo dopo passo con altri fatti delittuosi accaduti nella metropoli. O almeno questo è l’auspicio di molti, sicuramente delle destre cittadine, di diversi maître à penser sempre pronti ad assecondare chi comanda e, ahinoi, anche di troppi esponenti di centrosinistra.
La parola d’ordine è “il razzismo non c’entra”, e neppure la politica. La stessa Questura di Milano, solitamente molto cauta, aveva dichiarato quasi immediatamente di escludere motivi xenofobi, anche se fino ad oggi non sono ancora chiuse le indagini sulla dinamica dei fatti e i familiari di Abba, proprio poche ore fa, hanno dovuto lanciare un appello agli eventuali testimoni di recarsi dagli inquirenti.
No, Milano non è una città razzista, ma a Milano la xenofobia e il razzismo esistono e si diffondono. E soprattutto godono di legittimazione e di cittadinanza. Basterebbe rileggere e riascoltare quanto viene proclamato da anni dalle pagine dei giornali e dalle Tv locali da esponenti istituzionali del centrodestra, in particolare di Lega e An, con ossessiva costanza. È un continuo additare dell’immigrato, del rom, del diverso come causa di tutti mali e giustificare di atti xenofobi in nome della “insicurezza” e della “esasperazione”.
Come meravigliarsi che a meno di 24 ore dalla morte di Abba un consigliere comunale della Lista Moratti abbia parlato di “eccesso di legittima difesa”. Oppure che in questi giorni tra le tante parole di condanna da parte di politici, giornalisti o semplici cittadini si infilino sempre i “ma” e i “però”.
Milano è un città che non riesce più a guardarsi allo specchio e ad immaginarsi un futuro. Altrimenti, invece di cercare una veloce autoassoluzione nei “futili motivi” o nella “rissa”, affronterebbe di petto la domanda se le cose sarebbero andate allo stesso modo se Abba e i suoi amici avessero avuto la pelle bianca. E forse si chiederebbe anche chi era Abba.
Abba aveva 19 anni, viveva a Cernusco, hinterland milanese. Come la maggior parte dei suoi coetanei faceva lavori precari e il sabato sera gli piaceva cercare un po’ di svago con gli amici. Era cittadino italiano e aveva la pelle nera, perché era figlio di immigrati del Burkina Faso. Come lui nel milanese, ma non solo, ce ne sono molti, sempre di più. Di solito vengono chiamati di “seconda generazione”, cioè figli e figlie dell’immigrazione.
A Milano è difficile incontrare riflessioni sul tema “seconda generazione”, anzi la questione è completamente assente dal dibattito pubblico e istituzionale. E quindi ora quasi nessuno si pone la domanda come questi giovani abbiano vissuto l’omicidio di Abba e le polemiche politiche che sono seguite. Eppure, basta avere occhi per guardare e orecchie per sentire per rendersi conto che l’assassinio di Abba ha lasciato il segno. E non potrebbe essere diversamente.
La politica c’entra, eccome. Perché nell’area metropolitana milanese un abitante su otto è immigrato e la società sta cambiando, anzi è già cambiata. E scegliere, consapevolmente, di costruire le proprie fortune politiche gettando in pasto a una società sempre più disgregata, disuguale e impoverita dei facili capri espiatori, incitando a una sorta di “guerra dei mondi” in salsa padana, “noi” contro “loro”, non è soltanto irresponsabile e foriero di guai futuri, ma è anche colpevole.
Se accettassimo che tutto questo è davvero normale, sarebbe la resa. Non tanto e soltanto della sinistra, ma di Milano, della civiltà e della speranza di costruire un futuro che non sia peggio del presente. Ecco perché il silenzio e gli inviti ad abbassare i toni sono sbagliati e perché Milano ha l’urgente necessità che la sua parte democratica e civile si manifesti.
Oggi alcune centinaia di studenti dei collettivi sono scesi in corteo per ricordare Abba e gridare “no al razzismo”, lunedì scorso ci sono stati tre presidi e una partecipatissima fiaccolata a Cernusco. Ieri gli amici di Abba gli hanno dedicato un murales. E quel maledetto angolo in via Zuretti si è trasformato in un piccolo altare laico.
Insomma, a Milano non tutto tace, nonostante i tanti, troppi tentativi di normalizzare, di dimenticare, di derubricare. E sabato prossimo si terrà nel centro della città la manifestazione cittadina, convocata con un appello sottoscritto da una serie di personalità milanesi, da Don Gino Rigoldi fino a Moni Ovadia e Dario Fo.
Un’occasione per manifestarsi, per reagire. Per Abdul, perché non succeda più.
Appello:
PER ABDUL. PERCHÉ NON SUCCEDA PIÙ
Abdul è stato ucciso per niente o per futili motivi ... come dice l'arido linguaggio della magistratura.
Chi ha preso la spranga non l'ha fatto per paura o per legittima difesa ha commesso un delitto a sfondo razzista, mosso da odio e rancore, considerandosi legittimato dal sentire intollerante, sciaguratamente diffuso.
Questa Milano non ci appartiene. Non ci appartengono la violenza e il razzismo che si manifestano sempre più apertamente, in un stillicidio di episodi quotidiani di intolleranza di cui sono vittime donne e uomini, quasi sempre inermi. La dilagante campagna razzista e la costruzione del nemico "altro" diventano funzionali a nascondere la questione politica della sicurezza sociale, della coesione e della giustizia sociale per tutti . L'altro e il diverso vengono additati quali cause del malessere sociale ed esistenziale. Il potere e lo sfruttamento si alimentano anche in questo modo.
Per questo, per ragioni etiche, culturali e politiche, gridiamo con forza che non ci appartiene l'ideologia sicuritaria, incentrata sulla repressione e sulla costruzione di alibi culturali che autorizzano le ronde e la violenza privata.
L'omicidio di Abdul è l'ultimo segnale di un'escalation xenofoba, che va arrestata.
La Milano democratica e antirazzista deve reagire.
Milano deve reagire.
INVITIAMO TUTTI I CITTADINI A PARTECIPARE
Sabato - 20 settembre 2008 - alle ore 14.30
alla manifestazione che partirà dai Bastioni di Porta Venezia e si concluderà in Piazza Duomo.
Per chi vuole si prosegue la mobilitazione in via Traversi (Quarto Oggiaro) free event "CRONACHE DI RESISTENZA no al fascismo -- partigiani in ogni quartiere -- no al razzismo". Dalle 14 alle 24 CONCERTO HIP HOP RAP+WRITERS+BREAK DANCE+SALAMELLA PARTY! (per info: http://torchiera.noblogs.org/)
DON GINO RIGOLDI, MONI OVADIA, DARIO FO, FRANCA RAME, RENATO SARTI, NICO COLONNA, PAOLO ROSSI, ALESSANDRO ROBECCHI, SERGIO SERAFINI, GINO STRADA, TERESA SARTI
aderiscono: AceA onlus, Accesso coop. sociale, Acli Cernusco, Altropallone, Anpi Brugherio, Anpi Cernusco s/N, Anpi Crescenzago, Anpi Genzano, Anpi Monza, Anpi zona 1 Milano, Anpi zona 5 Milano, Anpi zona 6 Milano, Antigone Lombardia, Arci Bellezza, Arci Darfur, Arci Lombardia, Arci Milano, Arci Todo Cambia, Ass. Alfabeti onlus S. Siro, Ass. Coordinamento Pace Cinisello B., Ass. Culturale Punto Rosso Milano, Ass. Culturale Punto Rosso Vigevano, Ass. Dax 16 marzo 2003, Ass. Famigliari e Amici di Fausto e Iaio, Ass. Italia-Nicaragua Milano, Ass. La Conta, Ass. Luca Rossi per l'educazione alla pace e all'amicizia tra i popoli, Ass. MedinaTerranea, Ass. Moldoveni in Italia, Ass. Mondo Senza Guerre, Associazione Primapersone, Ass. Saveria Antiochia Omicron, Ass. SinistraRossoverde di Milano, Ass. Vivi e Progetta un'altra Milano, Attac Milano, Camerasudmilano, Casa Editrice Aurora, Casaperlapace di Milano, Centro Culturale Concetto Marchesi, Centro Diurno Giambellino, Circolo Arci Agorà Pisa, Circolo Arci Blob Arcore, Circolo Arci Corvetto, Circolo Arci Metissage, Circolo Metromondo, Circolo PRC Bussero, Circolo PRC Cernusco s/N, Circolo PRC "T. Saporito", CNCA Lombardia (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza), Coalizione Contro la Vivisezione nelle Università, Codici-Agenzia di ricerca sociale Milano, Comitato Intercomunale per la Pace del Magentino, Comitato promotore manifestazione del 4 ottobre (Ass. 3 Febbraio, Socialismo Rivoluzionario, Partito Umanista, Centro delle Culture, Collettivo femminista Cercando la Luna-Univ.Statale, Assemblea Antirazzista Università Statale, Ass. Luogo Comune Vignate, Comitato antirazzista Mondoinsieme via Padova, Gruppo solidarietà antirazzista Vijai Kumar viale Umbria, Ambulatorio Popolare, Ass. Insieme per la pace, Movimento Real Juvenil), Comunità Saman, Coordinamento Nord Sud del Mondo, Corso di italiano ACLI Cernusco, CRIC, CSA Baraonda Segrate, Emmaus Italia onlus, Forum delle Comunità Straniere in Italia, Giovani Comunisti, Giovani Musulmani d´Italia, Guerre&Pace, Emergency, Il manifesto (redazione di Milano), Latinoamerica-online.it, Leoncavallo S.p.a, Le radici e le ali onlus, Libera Università delle Donne di Milano, Libera Università Popolare, LILA Milano onlus, Lodi per Mostar onlus, Naga, NuestrAmerica - per il Socialismo del XXI Secolo, Parrocchia ortodossa romena S. Silvestro, PdCI Milano, PdCI Vimodrone, PRC Lodi, PRC Lombardia, PRC Lucca, PRC Milano, PRC Monza e Brianza, PRC Vigevano, Progetto Comunicazione, Rete 28 aprile nella CGIL Lombardia, Rete G2 - Seconde Generazioni (rete nazionale dei figli degli immigrati), Rete Radié Resch Milano, Retescuole Milano, RSU Gut edizioni spa, RSU INNSE Presse, SDL intercategoriale, SICET Lombardia, SICET Milano, Sinistra Critica, Sinistra Democratica dell'Empolese/Valdelsa, Sinistra Democratica Lodi, Sinistra Donne Lodigiane, Socialpress, Società di Psicoanalisi Critica, Unaltralombardia, UnAltroMondo onlus, Uniti con Dario Fo, Verdi Lombardia, Verdi Milano
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CGIL Lombardia), Mirko Bozzato, Rossano Breda (missionario comboniano), Irma Broer, Ivana Brunato (Direttivo Nazionale CGIL), Maddalena Brunasti, Mihai Mircea Butcovan, Ivan Caccianiga, Paolo Cagna Ninchi (Lista Fo), Ernesto Cairoli, Franco Calamida, Sandra Cangemi (giornalista), Giovanna Capelli, Carlo Carelli (Rete28Aprile nella Cgil), Francesca Carmi, Cristina Carpinelli (Centro Studi Problemi Internazionali - Sesto S.Giovanni), Grazia Casagrande (redattrice), Mariangela Casalucci (Collettivo Bellaciao), Bruno Casati (Assessore provinciale), Daniele Cassanmagnago, Franco Castoldi, Norberto Ceserani, Mustapha Chati (Cittadini dal mondo), Gloria Chiaratti e Dino Verderio, (Ass. La Comune Luigi Bottasini onlus), Dario Ciarletta, Ibrahima Cisse (politico), Margarita Clement (Proficua Coop. sociale onlus), Maurizio Colleoni (PRC-SE Valle Brembana), Daniele Cologna, Daniele Contardo, Giuseppina Coppo, Giovanni Corallo (avvocato), Rocco Cordi (Cooperativa Nuova Urbanistica Varese), Stefano Costa (Verdi Milano), Iulian Curelea, Marco Dal Toso (Giuristi democratici Milano), Bianca Dacomo Annoni (ICEI), Flavia D'Angeli (Sinistra Critica), Nadia D'arco (Pres. Un ponte per... Bologna), Massimo De Giuli, Ezio Degradi (Radio Popolare), Josè Luiz Del Roio, Ruggero De Toni (Assessore Muggiò), Pape Diaw (Cons. PRC Comune Firenze), Irma Dioli (Assessore provinciale), Italo Di Sabato (Osservatorio sulla repressione PRC-SE), Andrea Di Stefano (direttore Valori), Rochi Dommarco (Un Ponte per...), Roberto Escobar, Luisa Espanet, Franca Fabbri, Terry Farina, Giovanna Fassetta (Collettivo Bellaciao), Saverio Ferrari (Osservatorio democratico), Ernesto Ferrario (Assessore Corsico), Domenico Finiguerra (Sindaco Cassinetta di Lugagnano), Michela Fiore ( SD Milano - avvocato), John Foot (storico), Ombretta Fortunati (Cons. provinciale PRC), Francesco Francescaglia (Segr. PdCI Milano), Antonio Frascone (ANPI Magenta), Valentina Frascone (Ass. Unaltralombardia), Mercedes Frias, Jole Garuti, Massimo Gatti (Cons. provinciale SD), Michele Giandinoto (Segretario CGIL Monza-Brianza), Betty Gilmore (Cittadini dal mondo), Aldo Giannuli, John Gilbert (Direttivo toscano FLC CGIL), Giorgio Giovannetti (Cisem), Roberto Giudici (Fiom-Cgil), Luigi Greco (VicePresidente Cons. prov. Milano), Modou Gueye (attore), Luca Guerra (Cons. provinciale PdCI), Lello Gurrado (scrittore e giornalista), Pap Khouma (scrittore), Kossi A. Komla-Ebri, Giuseppe Landonio (Cons. SD Comune Milano), Antonio Lareno e Nerina Benuzzi (Segretari Camera del Lavoro Milano), Les Ambassadeurs (musicisti), Damiano Nicola Leta (Coord. Naz. SdL), Paolo Limonta (maestro elementare), Floriana Lipparini, Roberto Lombardi, Marlene Lombardo (freelance), Giuseppe Lopresti (Cons. PdCI Vimodrone), Rosa Macrina, Piero Maestri (Cons. provinciale SC), Sergio Maestroni (Sindaco Pregnana Mil.se), Domenico Maggio, Gigi Malabarba (Sinistra Critica), Rosella Manganella (Coord. Naz. SDL intercategoriale), Nicoletta Manuzzato (giornalista), Roberto Mapelli, Ainom Maricos (Cittadini dal mondo), Giovanni Martina (CGIL Lombardia), Rolando Mastrodonato (Pres. Vivi e Progetta un'altra Milano), Fredi Mazzone (avvocato), Lea Melandri (Libera Università delle donne Milano), Cristina Meneguzzo, Maria Grazia Meriggi (Università di Bergamo), Vladimiro Merlin (Capo Gruppo PRC Comune Milano), Marco Messineo, Silvio Messinetti (avvocato), Valentina Mesturini (RSU Gut edizioni spa), Claudio Mezzanzanica (Imprenditore), Pietro Mezzi (Assessore provinciale), Giuliana Michelini (Lega Italiana Nuove Famiglie), Guido Milani, Emilio Molinari, Roberto Molinari (Forum per l'unità della sinistra, Canegrate), Flavio Mongelli (presidente Arci Lombardia), Franco Morabito (Circolo Peppino Impastato Paullo), Giorgio Morabito, Milly Bossi Moratti (Cons. Comune Milano), Luisa Morgantini (Vice Pres. Parlamento Europeo), Vincenzo Moriello (Segr. Gen. FP CGIL Lombardia), Giuseppe Morrone, Giuseppe Mosconi (Università di Padova), Milena Mottalini, Giovanni Mottura, Luciano Muhlbauer (Consigliere reg. Lombardia), Bruno Muratore, Alioune Badara Ndiaye (giornalista), Beatriz Norman (Proficua Coop. sociale onlus), Alfredo Novarini, Gianni Occhi, Claudio Ortale (Cons. PRC Roma Municipio 19), Maurizio Pagani (Opera Nomadi Milano), Leda Panez (Proficua Coop. sociale onlus), Luigia Pasi (Coord. Naz. SDL intercategoriale), Antonello Patta (PRC Milano), Elisabetta Pellicano (Proficua Coop. sociale onlus), Walter Peruzzi (direttore Guerre&Pace), Alessandro Pezzoni (Consigliere provinciale SD), Rosa Piro (mamma di Dax), Marco Pitzen (sindacalista), Riccardo Poggi, Peter Popham (giornalista, The Independent), Ester Prestini (insegnante), Roberto Prina, Anna Puglisi e Umberto Santino (Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato"-Palermo), Tullio Quaianni (SD, medico del lavoro), Patrizia Ines Quartieri (Cons. PRC Comune Milano), Jasmina Radivojevic (Un Ponte per...), Gigi Ranzani (Chiesa Valdese di Milano), Inge Rasmussen (Presidente ANPI Pratocentenaro), Ben Rattanb (Proficua Coop. sociale onlus), Margherita Recaldini (Segr. Naz. SdL Intercategoriale), Susanna Ricci (RSU Gut edizioni spa), Jacopo Ricciardi (Coord. Prov. Giovani Comunisti/e La Spezia), Giorgio Riolo, Ermes Riva (Segretario Generale CGIL Monza-Brianza), Annamaria Rivera (antropologa, Università di Bari), Francesco Rizzati (Cons. PdCI Comune Milano), Francesca Rizzitiello, Alessandro Rizzo (Lista Fo Zona 4 Milano), Basilio Rizzo (Cons. Lista Fo Comune Milano), Stefano Rognoni (GC Como), Lucy Rojas (Cittadini dal mondo), Roberto Romano (CGIL Lombardia), Adele Rossi, Carlo Rossi, Daniela Rossi, Anna Rota, Giorgio Roversi (Dip Immigrazione CGIL Lombardia), Simona Rovigo, Daniela Ruffini (Assessore Padova), Tony Rusconi, Rosaria Russo (Assessore Brembio), Alessandro Sala (educatore), Achille Saletti (Presidente Comunità Saman), Raffaele Salinari (Terre Des Hommes), Ersilia Salvato, Luigi Santese, Igiaba Scego (scrittrice), Maria Sciancati (Segr. Fiom-Cgil Milano), Marcello Scipioni (Segr. Fiom-Cgil), Alexandra Sclearenco, Saverio Settimio (Un ponte per.), Eugenio Sghirinzetti, Anita Sonego, Leo Spinelli (Segr. Gen. SICET Milano), Maria Rosa Strocchi, Raffaele Taddeo (Centro Culturale Multietnico La tenda), Massimo Tafi (Girotondi), José Luis Tagliaferro (Vicepres. NuestrAmerica), P. Giorgio Tiboni (Cub immigrazione), Claudia Tocchetto, Luca Trada (diciannoverde), Luigi Tranquillino (Cons. provinciale PRC), Libero Traversa (Pres. Anpi 25 Aprile Milano), Juan Pablo Turri (RSU Gut edizioni spa), Angelo Giorgio Valdameri (Cons. Lista Fo Zona 6 Milano), Fulcro Valtellini, Raffaele Vampa, Pino Vanacore (Ass. Unaltralombardia), Roberto Vassallo (RSU-FIOM Almaviva Finance-Milano), Roberto Veneziani (Università di Londra), Cristina Vercellone, Luigi Vinci, Vincenzo Viola (insegnante), Tommaso Vitale, Federica Zambellini
Stando a quanto hanno fatto sapere le agenzie di stampa, la visita della Commissione Sicurezza del Consiglio comunale di Milano al Cie (ex-Cpt) di via Corelli ha confermato ciò che le associazioni e buona parte della sinistra dicono da anni. Cioè, si tratta di strutture costose, per nulla trasparenti e sostanzialmente inutili.
Infatti, i commissari del Consiglio comunale –e la stampa- hanno potuto accedere soltanto a una delle cinque camerate che ospitano le persone recluse, cioè quella che tecnicamente non fa parte del Cie-Cpt, poiché si tratta di richiedenti asilo in stato di trattenimento, sottoposti dunque a regime giuridico diverso rispetto agli altri trattenuti. Anzi, quella camerata non dovrebbe nemmeno trovarsi lì, bensì in una struttura separata.
In secondo luogo, esattamente come accade normalmente a chiunque si occupi di strutture di detenzione per immigrati irregolari, la Commissione non ha potuto sapere il costo reale del centro, ma soltanto la parte relativa all’appalto con la Croce Rossa. La stessa commissione De Mistura, a suo tempo istituita dal Ministro Amato, non era infatti riuscita ad ottenere il quadro complessivo della spesa pubblica per i Cpt.
In terzo luogo, la Commissione e la stampa hanno potuto constatare che buona parte dei trattenuti sono ex-carcerati. In altre parole, si tratta di persone da tempo identificate e che a fine pena dovrebbero essere espulse, ma che invece vengono parcheggiate in via Corelli, facendosi così un tempo supplementare di detenzione, fino a due mesi, che mai nessun giudice aveva deciso. Cioè, una cosa priva di senso e, aggiungiamo, di umanità.
Insomma, la Commissione non ha potuto visitare i luoghi dove i trattenuti passano gran parte del loro tempo e dunque verificare in prima persona la situazione, non è riuscita a sapere quanto costa allo Stato il Cie di via Corelli e, infine, ha dovuto prendere atto che una parte significativa delle persone lì recluse non dovrebbero nemmeno starci.
Non ci stupisce dunque che il presidente della commissione sicurezza, il leghista Salvini, lontanissimo da noi politicamente e culturalmente, abbia rilasciato una dichiarazione un po’ tiepida ed espresso dubbi sull’opportunità di costruire nuovi centri di detenzione.
Peccato però che l’attuale governo di centrodestra e il Ministro Maroni abbiano in programma la costruzione di nuovi Cie e l’estensione del periodo di detenzione amministrativa fino a 18 mesi.
Ci auguriamo pertanto che il presidente della commissione sicurezza si rivolga alla sua maggioranza e al suo Ministro, suggerendogli di rinunciare a nuove costruzioni e soprattutto all’estensione del periodo di detenzione. E visto che c’è, potrebbe anche chiedere quello che tantissime associazioni milanesi stanno chiedendo da anni, cioè un grado di trasparenza almeno analogo a quello delle carceri e la pubblicazione dei costi effettivi e totali del Cie-Cpt di via Corelli.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
Non stupisce certo che una forza politica come la Lega abbia proposto una mozione per l’istituzione di classi speciali per bambini di origine straniera, ma sconcerta senz’altro che abbia trovato alla Camera dei Deputati una maggioranza disposta a votarla. Se venisse davvero tradotta in legge, allora saremmo di fronte all’esatto contrario dell’integrazione. Cioè, al primo passo verso una vera e propria segregazione scolastica.
Chiunque sa per esperienza che le classi speciali sono a perenne rischio di trasformarsi in ghetti dai quali diventa quasi impossibile uscire. Figuriamoci poi se tali classi venissero impiegate su larga scala.
Ma il progetto leghista non è nemmeno applicabile, poiché il Governo di centrodestra, compresa la Lega, si appresta a tagliare 8 miliardi di euro e 150 mila posti di lavoro nella scuola pubblica. In altre parole, dove pensa la Lega di poter trovare gli insegnanti per le classi speciali? Togliendoli da altre classi e aumentando ulteriormente il rapporto alunni-docenti oppure reperendoli da qualche appalto di dubbia provenienza?
Insomma, ci aspettiamo che nel centrodestra si manifesti un minimo di buon senso e di decenza e che il terribile voto di ieri venga al più presto smentito.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
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