Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
L’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha pubblicato il suo rapporto annuale sulle prospettive per l’occupazione, l’Employment Outlook 2009, e conferma il quadro negativo sul piano internazionale e, in particolare, per l’Italia, considerate le condizioni strutturali del nostro mercato del lavoro e la completa inadeguatezza della politica anticrisi italiana.
Una sintesi del Rapporto, anche in versione italiana, è reperibile sul sito dell’Ocse. Qui di seguito riproduciamo integralmente le considerazioni sulla situazione italiana da parte dell’Ocse (reperibile in pdf qui):
 
Employment Outlook 2009 – L'ITALIA a confronto con gli altri paesi.
 
L’impatto della crisi sul mercato del lavoro italiano è stato fino a oggi moderato rispetto a molti altri paesi OCSE. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 7,4% nel marzo 2009, con un incremento di 0,8 punti percentuali rispetto a un anno prima. Stime preliminari suggeriscono un ulteriore significativo incremento nel secondo trimestre. Tuttavia il tasso di disoccupazione sarebbe stato più alto se un gran numero di lavoratori non avesse rinunciato a cercare attivamente lavoro (il tasso di attività, infatti, è sceso di 0,4 punti percentuali in un anno, in particolare nel sud del paese). Di conseguenza la proporzione della popolazione in età lavorativa occupata, che era già la più bassa tra i paesi OCSE dopo Turchia e Ungheria, è caduta di ulteriori 0,9 punti percentuali ed ha raggiunto ora il 57,4%.
Nonostante alcuni primi segnali di rallentamento della recessione in Italia come in molti altri paesi OCSE, il Rapporto OCSE sull’occupazione 2009 suggerisce un peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro. Numerosi indicatori suggeriscono che il ritmo della ripresa sarà modesto per diversi mesi e, molto probabilmente, la disoccupazione continuerà ad aumentare anche dopo che la crescita sarà ripartita. Di conseguenza, il tasso di disoccupazione italiano è previsto aumentare ancora nel prossimo futuro e potrebbe anche avvicinarsi alla doppia cifra nel 2010 se la ripresa si dimostrasse priva di slancio.
Giovani e precari sono particolarmente colpiti dalla crisi. Come in molti altri paesi, i lavoratori con contratti temporanei ed atipici subiscono gran parte dell’aggiustamento occupazionale. Rispetto a un anno prima, nel marzo del 2009 l’Italia aveva perso 261.000 posti di lavoro temporanei o con contratti atipici (inclusi i collaboratori coordinati e continuativi e occasionali), un numero che da solo è superiore all’intera contrazione dell’occupazione registrata nello stesso periodo. Inoltre, i giovani che sono sovra rappresentati in questo tipo di contratti, sono specialmente colpiti. Il tasso di disoccupazione della fascia d’età compresa tra i 15 e i 24 anni è cresciuto di 5 punti percentuali in Italia nell’ultimo anno ed è ora pari al 26,3%. Traiettorie simili si notano in altre economie avanzate, dove i lavoratori che erano già svantaggiati prima della crisi, hanno sopportato gran parte del costo delle perdite occupazionali. La situazione dei giovani sul mercato del lavoro italiano, tuttavia, rimane particolarmente fragile rispetto agli altri paesi OCSE: i) il tasso di disoccupazione giovanile era già molto più alto della media OCSE prima della crisi economica, anche se era diminuito significativamente nel decennio precedente; ii) la percentuale dei giovani occupati è 20 punti percentuali sotto la media OCSE; iii) anche se si escludono coloro che proseguono gli studi, l’Italia ha una delle proporzioni più elevate di giovani senza lavoro e la condizione di non occupazione di questi giovani è particolarmente persistente; iv) la transizione scuola-lavoro è molto più lunga in Italia rispetto alla gran parte dei paesi OCSE, ed è spesso molto instabile, con periodi di disoccupazione alternati a impieghi temporanei.
La spesa pubblica a sostegno delle politiche occupazionali è aumentata poco rispetto agli altri paesi. Il rapporto OCSE sull’occupazione osserva che molti governi dell’area OCSE hanno risposto alla crisi con vigorose misure macroeconomiche, inclusi a volte imponenti pacchetti di stimolo fiscale. Maggiori risorse sono state rese disponibili per politiche sociali e occupazionali per ammortizzare gli effetti negativi della crisi sui lavoratori e le famiglie a basso reddito. Nei paesi con ampi stabilizzatori automatici, come i paesi nordici e gli altri grandi paesi dell’Europa continentale, la spesa legata alle politiche del lavoro (come sussidi di disoccupazione e programmi di attivazione) è cresciuta in maniera significativa con l’accelerazione delle soppressioni di posti di lavoro. In molti altri paesi, come Stati Uniti e Regno Unito, i governi si sono adoperati puntualmente per incrementare le risorse a sostegno del mercato del lavoro. In Italia, viceversa, l’aumento discrezionale della spesa per il mercato del lavoro è rimasto piuttosto moderato, in presenza di un elevato debito pubblico che riduce il margine di manovra durante la recessione. In particolare, l’azione del governo si è concentrata sul sostegno alla domanda di lavoro attraverso la messa a disposizione di fondi addizionale per la Cassa Integrazione Guadagni (CIG). Tuttavia il numero di lavoratori e imprese ad aver accesso alla Cassa Integrazione rimane limitato – anche se sono stati compiuti sforzi per estenderne la copertura. Alcune azioni sono state intraprese sia nel 2008 sia nel 2009 per estendere la copertura e la durata dell’indennità di disoccupazione, ma l’introduzione di un dispositivo generale non è stata considerata fino ad ora. Di conseguenza, rilevanti segmenti di popolazione restano sprovvisti di una protezione adeguata per aiutarli a superare la crisi. Se la ripresa non si rafforza rapidamente, la disoccupazione rischia non solo di aumentare ma anche di divenire più persistente, con un maggior numero di persone alla ricerca del lavoro per periodi lunghi. Anche prima dell’inizio della crisi, quasi la metà dei disoccupati italiani era rimasta senza lavoro per almeno 12 mesi, una proporzione doppia rispetto alla media OCSE. Inoltre, la maggior parte dei disoccupati di lungo periodo ha accesso a una rete di protezione molto limitata.
La recessione rischia di inasprire la povertà. Il rapporto OCSE mostra che, anche prima della recessione, l’11% della popolazione che viveva in famiglie con capofamiglia in età lavorativa era relativamente povera in Italia (ossia con un reddito disponibile inferiore al 50% del reddito mediano), una proporzione superiore alla media OCSE del 10%. Ma, aspetto più importante, più del 14% delle famiglie con bambini e capofamiglia in età lavorativa erano povere, un dato che piazza l’Italia al quintultimo posto dei paesi dell’area OCSE, seguita solo da Messico, Polonia, Stati Uniti e Spagna. Poiché queste cifre sono in gran parte dovute all’incidenza di famiglie senza lavoro, ci si può aspettare un aumento significativo della povertà come conseguenza della recessione. Infatti, il 36% delle famiglie italiane senza lavoro risulta povero. Nondimeno, con un tasso dell’8,2%, la povertà delle famiglie con almeno un lavoro è anch’essa superiore alla media OCSE, a causa di un sistema di trasferimenti sociali netti poco generosi con i lavoratori a basso reddito. Oltre che auspicare un adeguato sussidio di disoccupazione, il rapporto OCSE suggerisce che i governi rinforzino il sostegno alle famiglie e ai lavoratori a basso reddito durante la crisi economica.”
 
 
Le parole rivolte oggi dal Prefetto Lombardi ai lavoratori delle aziende in crisi, cioè che “la protesta deve sostare” altrimenti non si tratta, sono inopportune e sbagliate. Così come è inopportuno e sbagliato che il tema delle crisi occupazionali sia stato affrontato dalla riunione del Comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico di Milano.
Le proteste, anche quelle clamorose e rumorose, non possono essere considerate in nessun caso un problema di ordine pubblico. Tanto meno, sono un ostacolo alla ricerca di soluzioni. Anzi, le proteste di queste settimane e giorni esprimono non solo la determinazione di volersi battere per il proprio posto di lavoro, ma anche la stanchezza per il troppo tempo passato senza che si vedessero trattative o impegni istituzionali seri e convincenti.
Gli operai della Metalli Preziosi di Paderno non sono saliti sul tetto per un capriccio, ma dopo nove mesi di paziente presidio, passati peraltro senza nemmeno gli ammortizzatori sociali. Anche i lavoratori dell’Esab di Mesero erano arrivati sul tetto dopo tanto tempo e considerato che nemmeno quanto concordato ai tavoli di trattativa era stato rispettato. E cosa dire di quei lavoratori in mobilitazione, come quelli dell’ex-Eutelia, in ballo da lunghissimo tempo tra tavoli e promesse, ma senza stipendio da più di tre mesi? Oppure di quelli dei centri di ricerca di Cinisello e Cassina della Nokia Siemens Network, il cui lavoro rischia di saltare perché la multinazionale vuole delocalizzare, in spregio a precisi accordi firmati e al fatto che in Italia nonostante la crisi i telefonini si vendono benissimo?
La lista potrebbe proseguire a lungo, ma in fondo basterebbe richiamare alla memoria la vicenda dell’Innse, che il Prefetto Lombardi conosce benissimo. La sera del 15 settembre in Prefettura è stato firmato il positivo accordo sui macchinari, che finalmente estromette dalla vicenda lo speculatore Genta. E se alla fine si supererà anche lo scoglio dell’accordo con la proprietà del terreno, e dunque il nuovo proprietario Camozzi potrà ricominciare la produzione, il merito sarà esclusivamente della tenacia e della determinazione degli operai.
E allora chiediamo al Prefetto e a tutte le istituzioni di non imboccare la strada della criminalizzazione della protesta, di non vederla come un problema, bensì come uno stimolo e un’opportunità per fare finalmente quello che finora non si è voluto fare.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Ieri sera alle 22.00, dopo una giornata di trattative, è stato raggiunto in Prefettura l’accordo sui macchinari dell’Innse. In altre parole, i macchinari della fabbrica, inclusi quelli già venduti da Genta (tranne una), passano alla nuova proprietà, il gruppo Camozzi, e la Innse Iniziative Srl, cioè Genta, esce dunque definitivamente di scena.
È stato così superato il primo e più grosso scoglio sulla strada dell’attuazione dell’accordo dell’agosto scorso, conquistato dalla lotta degli operai. Ora manca ancora l’intesa sull’area, da raggiungere entro il 30 settembre. Cosa certamente complessa, ma intanto teniamoci questo primo passo e soprattutto l’uscita di scena dello speculatore Genta.
 
 
Nell’esprimere la nostra completa solidarietà agli operai della Metalli Preziosi e della Lares di Paderno Dugnano, in particolare ai cinque che da ieri si trovano sul tetto, chiediamo a Regione Lombardia, che domani parteciperà a Roma all’incontro presso il Ministero, di non trincerarsi dietro la propria sfera di competenza, come troppo spesso è accaduto, ma di produrre una mobilitazione straordinaria del suo peso politico ed istituzionale.
Non siamo infatti per nulla in una situazione ordinaria, ma assolutamente straordinaria. E questo vale sia per la crisi in generale, che per il caso della Metalli e della Lares, a meno che non si voglia considerare normale che degli operai debbano ricorrere per lunghi mesi al sostegno della Caritas per poter campare.
Questa crisi e i tanti casi che compongono il quadro del disastro occupazionale hanno dimostrato nella concretezza dei fatti che il mercato lasciato da solo non ce la fa a fornire soluzioni, anzi, e che c’è bisogno che le istituzioni riprendano a giocare un ruolo forte. Nel caso della Metalli Preziosi e della Lares questo significa impegnarsi su alcuni punti chiari e decisivi in vista dell’incontro di domani.
Primo, vanno garantiti da subito gli ammortizzatori sociali a tutti gli operai. Secondo, va impedito ogni cambiamento della destinazione d’uso del terreno. Terzo, occorre un ruolo attivo delle istituzioni nella ricerca di un imprenditore interessato a rilanciare la produzione e quindi a salvaguardare i posti di lavoro.
E per favore, non si dica che ciò non è possibile. Nel caso dell’Innse il governo regionale aveva sostenuto che non si vedevano acquirenti all’orizzonte e che non poteva farci nulla, ma alla fine sono stati gli operai e la loro determinazione a dimostrare che di imprenditori interessati ce n’erano anche più di uno e che il problema era tutt’altro.
Ci auguriamo quindi che il governo regionale abbia imparato qualcosa dalla vicenda Innse e che d’ora in poi voglia cambiare registro.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Come ladri di notte domenica 2 agosto le forze dell’ordine hanno sgomberato il presidio degli operai della Innse e hanno fatto entrare nello stabilimento le squadre per lo smontaggio dei macchinari.
Questa mattina una delegazione della Rsu Innse e della Fiom, che da ieri hanno chiesto pressantemente un incontro urgente con Formigoni, è stata ricevuta dal Direttore Generale dell’Istruzione, Formazione e Lavoro, Roberto Albonetti, perché dicono, in Regione, essere tutti in ferie, dalla Presidenza all’Assessore.
Un atto di forza ingiustificabile quello messo in atto da ieri di cui Regione Lombardia è corresponsabile se non interviene subito perché sia sospeso immediatamente lo smontaggio dei macchinari. Chiediamo ancora una volta a Formigoni di intervenire in prima persona per impedire lo smantellamento di una fabbrica sana.
Proprio l’ordine del giorno votato all’unanimità mercoledì scorso dal Consiglio Regionale chiedeva un impegno concreto di Regione Lombardia per sventare il pericolo dell’esecuzione forzata dello smantellamento dei macchinari proprio in questo periodo di ferie. E subito è successo: i ladri di polli sono arrivati! Oggi Formigoni deve scegliere da che parte stare: se dalla parte dei lavoratori e della continuità produttiva della Innse - come tante volte riconosciuto e sostenuto negli ultimi mesi -, o dalla parte di un singolo che fa solo i propri affari e delle speculazioni che si avventano sul sito produttivo di Lambrate.
Gli sgherri di padron Genta devono immediatamente uscire dallo stabilimento abbandonando lo smontaggio degli impianti.
 
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
Nella serata di ieri, nel corso della sessione di bilancio estiva, il Consiglio Regionale ha approvato alcuni ordini del giorno relativi a crisi aziendali, che impegnano il governo regionale ad intervenire per impedire la chiusura degli stabilimenti e per salvaguardare i livelli occupazionali. Si tratta della Innse di Milano, la Ercole Marelli Power di Sesto San Giovanni (MI) e della Ideal Standard di Brescia.
(puoi scaricare il testo originale degli odg cliccando sull’icona in fondo a questo post).
Infine, una nota al margine. Mentre il Consiglio ha approvato all’unanimità questi ordini del giorno e tutti i dati disponibili annunciano un autunno molto difficile da un punto di vista occupazionale, i provvedimenti economico-finanziari in discussione (Assestamento di bilancio e Dpefr), approvati con il voto favorevole del solo centrodestra, hanno brillato invece per la loro ordinarietà e per l’assenza di una qualsiasi politica anticrisi, che non fosse l’invocazione dell’ottimismo per far riprendere i consumi e la promessa di un po’ di finanziamenti a pioggia alle imprese.
 

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Esprimiamo piena solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici della Nokia Siemens Network (NSN), che oggi manifestano davanti al Pirellone, e chiediamo alla Giunta regionale di intervenire con forza sul gruppo transnazionale per scongiurare l’ipotesi di chiusura dei centri di ricerca milanesi di Cinisello Balsamo e Cassina de’ Pecchi, con il conseguente licenziamento di 600 persone.
Il caso della NSN è analogo a tante altre vicende, dove la crisi economica c’entra poco, se non come foglia di fico per coprire operazioni tese a realizzare sovrapprofitti a spese dei lavoratori. Infatti, NSN non ha alcuna intenzione di rinunciare alla ricerca attualmente realizzata nei centri milanesi, ma vuole semplicemente spostarla, cioè delocalizzarla, in Vietnam, India e Cina, dove i livelli salariali e le condizioni di lavoro sono molto inferiori.
Č impressionante rilevare quante attività produttive rischiano di sparire in Lombardia, non a causa di crisi in senso stretto (mancanza di mercato di sbocco, impianti non più competitivi, ecc.), ma per manovre di altra natura come delocalizzazioni, operazioni finanziarie spericolate del management, o pura e semplice speculazione. Succede all’Innse di Milano, all’Eutelia di Pregnana Milanese, alla Ercole Marelli-Alstom Power di Sesto S. Giovanni e all’Ideal Standard di Brescia, per citarne solo alcune.
Appare del tutto evidente che la politica nazionale e quella di Regione Lombardia non sono attrezzate per fronteggiare queste situazioni, poiché rimangono ancorate ai tabù del passato recente, segnato dalla sbornia della globalizzazione e del liberismo. In altre parole, le istituzioni continuano a pensare che non si possa e non si debba intervenire più di tanto nel “libero mercato”, privandosi così degli strumenti e delle azioni necessari per far prevalere l’interesse comune sugli interessi particolari.
Se non c’è uno scatto e un cambiamento di rotta, in Lombardia rischiamo una vera e propria desertificazione produttiva e occupazionale, anche in settori caratterizzati da un alto tasso di innovazione e professionalità, come nel caso di NSN.
Il territorio e i lavoratori non possono essere trattati come un limone da spremere e da buttare. I furbetti della crisi devono rispondere delle loro azioni, che siano grandi gruppi transnazionali come la NSN, oppure piccoli speculatori come la proprietà dell’Innse, e le istituzioni devono tutelare il tessuto produttivo e occupazionale.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Oggi pomeriggio si è tenuto in Commissione VII (Istruzione e Lavoro) l’audizione con le rappresentanze sindacali degli operai della Ideal Standard di Brescia, minacciata di chiusura dalla proprietà.
Su richiesta di diversi consiglieri dell’opposizione la Commissione ha deciso di sollecitare formalmente la Giunta regionale di farsi carico di un’iniziativa politico-istituzionale forte e incisiva in vista dell’incontro che si terrà il 31 luglio prossimo al Ministero dello Sviluppo Economico.
Infatti, sebbene Regione Lombardia avesse garantito una partecipazione all’ultimo incontro al Ministero, il 15 luglio scorso -sempre dopo l’intervento di quattro consiglieri dell’opposizione (Squassina A., Muhlbauer, Squassina O. e Guindani)-, questa si era risolta con la presenza di un funzionario dell’Agenzia regionale del Lavoro. Cioè, una presenza tecnica e molto al di sotto non soltanto delle necessità, ma anche dell’impegno delle altre Regioni interessate.
Qui di seguito riproduciamo sia il comunicato stampa dell’opposizione, che il testo di un volantino della Rsu dell’Ideal Standard, che ripercorre la storia dello stabilimento. Ad integrazione di quest’ultima va aggiunto soltanto il fatto che il gruppo proprietario, mentre vuole chiudere le fabbriche in Italia, sta costruendo nuovi stabilimenti in Bulgaria, con il sostegno di contributi dell’Unione Europea…
 
COMUNICATO STAMPA
 
IDEAL STANDARD DI BRESCIA: SU RICHESTA DELL’OPPOSIZIONE LA COMMISSIONE VII CHIEDE UN FORTE INTERVENTO POLITICO DELLA GIUNTA
 
Milano 22 luglio 2009
 
Si è svolta oggi presso la Commissione VII (Istruzione e Lavoro) del Consiglio Regionale l’audizione con i lavoratori dell'Ideal Standard di Brescia. Nei prossimi giorni seguiranno dei confronti tra i sindacati nazionali e la proprietaria della società che è il fondo americano BAIN CAPITAL e a seguire si terrà una riunione di aggiornamento presso il Ministero dello Sviluppo Economico.
I consiglieri regionali dell’opposizione Arturo Squassina (Pd), Luciano Muhlbauer (Prc) e Osvaldo Squassina (Sinistra –UAL) hanno chiesto che la commissione solleciti l’Assessore Rossoni, in qualità di Vice Presidente della Giunta e di capo della task force regionale sulla crisi, di assicurare una forte iniziativa politica della Giunta da domani fino alla riunione del 31 luglio e che si mettano in campo tutti gli interventi possibili affinché non venga chiuso lo stabilimento dell’Ideal Standard di Brescia e sia dunque garantita la continuità produttiva e la salvaguardia dei posti di lavoro.
L’intera Commissione ha accolto positivamente la richiesta dell’opposizione. Inoltre, sempre su richiesta dei consiglieri sopra citati, la Commissione VII si è impegnata a redigere una mozione, da presentare settimana prossima in Consiglio, secondo cui per il Consiglio Regionale non è ammissibile la chiusura del sito bresciano e invoca quindi l’intervento della Giunta.
 
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COMUNICAZIONE ALLA CITTADINANZA BRESCIANA
a cura della Rsu Ideal Standard di Brescia
 
con una lettera datata 2 luglio 2009 è giunta comunicazione che il gruppo finanziario americano Bain Capital ha deciso di chiudere lo stabilimento produttivo di sanitari in porcellana vetrificata Ideal Standard di Brescia, sito di storica realtà manifatturiera.
La missiva notifica che insieme a Brescia verrà chiuso anche lo stabilimento Ideal Standard di Gozzano; inoltre verrà attuata una forte riduzione di personale negli altri tre siti italiani rimanenti: Roccasecca, Orcenico e Trichiana.
 
La vicenda amministrativa : Ideal Standard Italia, facente parte del gruppo multinazionale American Standard, nel 1999 produceva 3.500.000 pezzi annui, con una quota di mercato superiore al 50%, grazie alla sinergia dei suoi cinque siti produttivi, Brescia, Orcenico (PN), Roccasecca (FR), Gozzano (NO) e Trichiana (BL).
Nel 2006 Bain Capital, fondo di investimenti americano di Boston, acquistò da American Standard il settore sanitario ceramico mondiale, per circa 2 miliardi di dollari.
Per American Standard ciò rappresentò un ottimo affare: dal 2000 al 2005 il valore delle sue azioni era passato da 25 a 120 dollari. Il risultato di tale incremento fu dovuto allo sfruttamento ed al prosciugamento dei marchi delle proprie imprese, lucrando sul lavoro e sull’impegno dei propri dipendenti: nessun investimento nei siti produttivi e trasferimenti minimi per consentire la vita delle società controllate.
Dal 2000 al 2005 American Standard realizzò in Italia un fatturato di circa 330 milioni di euro.
Dopo la vendita a Bain Capital, dal 2006 al 2008 il fatturato scese a 266 milioni di euro ed i profitti netti vennero dimezzati da 81 a 48 milioni.
Nel 2008 la logistica venne affidata esternamente al gruppo Arcese, vettore internazionale con 40 milioni di euro di fatturato annuo. La sede della piattaforma logistica è situata a Bassano Bresciano.
La conseguenza fu un repentino peggioramento del servizio al cliente: affidando il lavoro di spedizione a cooperative sottopagate, non è possibile garantire lo standard di qualità necessario. Immediata fu anche la perdita delle quote di mercato.
La politica industriale attuata da Bain Capital si rivelò inadeguata e nonostante un aumento dell’efficienza produttiva, i volumi si ridussero da 3,4 ml a 2,8 ml ed il fatturato passò da 296 a 227 ml.
Tutto ciò potrebbe trarre in inganno ed indurci a supporre che Bain Capital abbia commesso un errore di gestione: ma così non è.
Bain Capital è un colosso finanziario multinazionale da 80 mld di dollari che per acquistare il gruppo Ideal Standard al prezzo di 2 mld di dollari, ha pagato all’American Standard soltanto 300 ml di dollari. Il restante denaro è stato versato da un pool di banche guidate da Credit Suisse.
Nel 2007 Bain Capital ha venduto tutte le fabbriche americane ad un altro fondo: il Sun Capital Partners, che si rivelò essere una società basata sui cosiddetti “titoli tossici”, che vengono considerati tra le cause della attuale crisi economica mondiale.
In questo modo Bain Capital avrebbe recuperato i 300 ml del suo investimento. Ma la manovra non era ancora finita: nel 2008 vennero venduti anche gli stabilimenti asiatici, che fruttarono altri 200 ml.
Alla fine del 2008, con l’inizio della crisi, Bain Capital scaricò il debito mostruoso di 1,2 mld di dollari sulle spalle delle imprese italiane, garantendosi con il patrimonio ed i marchi delle stesse. Per rifarsi di questo enorme debito le banche dovranno liquidare il gruppo italiano: in altre parole, il debito creato da Bain Capital per far guadagnare i suoi soci, lo dovranno pagare i 1549 lavoratori del gruppo Italia che perderanno il loro posto di lavoro (da subito Brescia e Gozzano, più avanti anche gli altri), appesantendo i contribuenti italiani che dovranno pagare gli ammortizzatori sociali per i prossimi anni.
Fino a settembre tutti i dipendenti di Brescia saranno in cassa integrazione ordinaria, passando successivamente a Cig straordinaria per un anno.
Chi pagherà per primo sarà proprio lo stabilimento che con la propria efficienza ha saputo garantire standard di qualità e sicurezza con costi di assoluta eccellenza.
 
Storia di uno Stabilmento Pilota: efficiente, altamente tecnologico, flessibile ed economico
Ideal Standard ha portato il bagno nelle case degli italiani, in tempi in cui le abitazioni avevano la toilette in cortile, partendo dalla produzione di un centinaio pezzi al giorno.
La tecnologia ceramica è stata inventata a Brescia: proprio il sito produttivo che verrà chiuso.
Dal lontano 1929 in cui partì la produzione bresciana con un forno a nafta da 70 metri, una novantina di operai e tanta buona volontà, Ideal Standard è stata una presenza che l’economia regionale non avrebbe potuto ignorare, perché assicurava lavoro a tutta la provincia, arrivando ad impiegare circa novecento lavoratori: i migliori tecnici ceramici, e non soltanto in ambito italiano, perché la lavorazione dei sanitari in Vitreous China è nata a Brescia ed è poi stata divulgata in tutto il mondo.
Quello bresciano è diventato indiscutibilmente lo stabilimento pilota della compagnia Ideal Standard: qui sono stati sperimentati tutti i progetti speciali, sia italiani che stranieri:
  • il primo forno a nafta;
  • il primo forno a rulli;
  • il primo stampo microporoso e con esso, la prima pressocolatura, che ha cambiato radicalmente il concetto produttivo mondiale;
  • la prima finitura robotizzata, sia per pezzi a verde (appena colati) che per i pezzi a bianco (semicotti);
  • la linea Tesi, diventata caposaldo della produzione, non è stata disegnata da un celebre architetto, ma è stata progettata dal nostro ufficio tecnico;
  • quello di Brescia è stato il primo sito produttivo a passare dal lavoro su banchi manuali alla tecnologia automatizzata;
  • i “maestri del bagno”, come venivano chiamati i nostri operatori ceramici, sono stati i primi a rinunciare ad un alto salario per ridurre, attraverso le commissioni ambiente, il rischio di contrarre la silicosi (malattia professionale);
  • lo stabilimento bresciano è stato il primo ad inserire le RLS scorporate dalle RSU, per dare continuità al concetto di sicurezza e prevenzione;
  • è stato il primo ad inserire il ciclo continuo di cinque squadre su tre turni, per 365 giorni, con rotazione sulle postazioni di lavoro, per rafforzare il concetto che una minore esposizione ed una maggiore flessibilità riducano le malattie professionali ed aumentino la professionalità del lavoratore;
  • è stato il primo ad inserire la figura professionale del “mecatronico”: manutentore pluri-funzionale, meccanico, elettronico, elettricista;
  • è stato il primo a inserire riunioni di squadra per il controllo della qualità, per poter gestire la produzione in modo partecipativo e ad avere il monitoraggio del premio qualità (recupero scarti/ricottura/ costo pezzo); il primo sito a passare dal capo squadra al TLM;
  • infine, Brescia è stato il primo stabilimento ad assumere lavoratori extracomunitari, perché fermamente convinto che l’integrazione passi attraverso il lavoro.
L’elenco è stato lungo, ma la scelta di pubblicarlo, consapevoli di intrattenere nella lettura i destinatari, è dettata dalla volontà di renderli partecipi dell’esemplare evoluzione produttiva e professionale del sito lombardo.
Lo stabilimento bresciano ha dovuto assistere al lento sgretolamento della propria struttura, iniziato con la chiusura, per motivi “strategici”, di una delle modellerie più efficienti al mondo, anche se i modelli continuano ad essere creati in sito bresciano. Periodiche “ristrutturazioni” di personale hanno fatto perdere inestimabili risorse di valore professionale. L’esternalizzazione della piattaforma logistica, nonostante le pressioni delle Rsu per conservare in loco il servizio spedizioni, ha penalizzato tutti i lavoratori con problemi fisici, che avrebbero potuto trovarvi adeguato impiego.
Proprio Brescia, che nonostante le difficoltà, si stava organizzando in una fabbrica snella, pur di mantenere quel concetto di stabilimento pilota, proprio Brescia il cui costo-pezzo è tra i migliori d’Europa, vede premiato così il proprio impegno: con la chiusura.
 
Ideal Standard alla Regione Lombardia
La vicenda dello stabilimento di Brescia è una ferita profonda che deve essere il segnale di un disturbo che si diffonde come un morbo e va fermato.
Bain Capital non ha finito le sue manovre finanziarie sul territorio italiano. Con il denaro ricavato dallo sgretolamento degli stabilimenti italiani, si accinge ad acquistare Safilo, che porta in dote circa 600 ml di euro di debiti.
In tempi in cui si respingono con forza alla frontiera persone che vengono nel nostro paese con una speranza di vita migliore, si lasciano entrare, stendendo loro il tappeto rosso, compagnie senza scrupoli, che stanno minacciando l’economia italiana.
Le Rsu dello Stabilimento Ideal Standard di Brescia ed i lavoratori tutti, chiedono al Ministro On. Tremonti ed alla Regione Lombardia di intervenire con l’autorità che è stata loro conferita e di arrestare il processo distruttivo in atto.
 
SABATO 25 LUGLIO 2009 DALLE ORE 21
INIZIATIVA DI SOLIDARIETŔ
VI ASPETTIAMO NUMEROSI
GRAZIE DELLA PARTECIPAZIONE
 
RSU IDEAL STANDARD BRESCIA
 
 
Oggi un nuovo appello istituzionale è stato rivolto al Presidente Formigoni e al Vicepresidente Rossoni, perché il governo regionale intervenga subito per scongiurare un intervento di forza contro gli operai dell’Innse. A scrivere sono nove consiglieri regionali della Commissione IV (Attività Produttive) e per la prima volta, insieme alle opposizioni, sottoscrivono anche due commissari della maggioranza.
Qui di seguito il testo integrale della lettera inviata a Formigoni e Rossoni:
 
LETTERA APERTA
 
Al Presidente della Giunta regionale
Roberto Formigoni
Al Vicepresidente
Gianni Rossoni
 
Caro Presidente, caro Vicepresidente,
 
il Consiglio, la IV Commissione e la Giunta sono stati già più volte investiti del problema dello stabilimento INNSE di Milano e sappiamo che sono in corso provvedimenti a vario titolo e grado.
 
Oggi però sta maturando una situazione che può recare pregiudizio serio alla vicenda.
Sull’INNSE di Milano si addensa la minaccia della esecuzione forzata dello smantellamento degli impianti e macchinari. E’ indispensabile un intervento urgente di tutte le istituzioni perché questa minaccia venga bloccata.
La Regione ha la autorevolezza necessaria per intervenire sui responsabili dell’ordine pubblico affinché venga scongiurato un intervento di forza: lo può e secondo noi lo deve fare, in coerenza con quanto il Consiglio e la stessa Giunta hanno dichiarato e fatto finora, in relazione ai provvedimenti per il trattamento di mobilità dei lavoratori e per la attivazione di nuovi soggetti industriali.
Per la Regione Lombardia vi è dunque un interesse sociale, economico ed industriale a che il sito produttivo di Lambrate mantenga la sua integrità e possa essere garantita la continuità produttiva, che vogliamo ribadire in questa circostanza e per il quale chiediamo alla Giunta di esprimersi nello stesso senso.
Per questa ragione, vi invitiamo con questa lettera aperta ad intervenire pubblicamente, in base ed in coerenza con gli impegni assunti con il Consiglio e con i lavoratori che da lungo tempo hanno dimostrato serietà, impegno e quella capacità di guardare agli interessi della azienda e del territorio ben più della attuale proprietà.
 
I consiglieri regionali componenti della IV Commissione
 
Giuseppe Benigni (Pd), Giosuè Frosio (Ln), Luciano Muhlbauer (Prc), Ardemia Oriani (Pd), Luciana Ruffinelli (Ln), Marcello Saponaro (Verdi), Riccardo Sarfatti (Pd), Arturo Squassina (Sd), Osvaldo Squassina (Uul)
 
Milano, 30 giugno 2009
 
 
All’Innse di via Rubattino, a Milano, c’è il concreto rischio di un nuovo intervento violento contro gli operai che da oltre un anno presidiano la fabbrica per difenderne l’attività produttiva e i posti di lavoro. Potrebbe essere questione di giorni, se qualche istituzione di peso non interviene per fermare questa follia.
Perciò, oggi abbiamo scritto una lettera al Vicepresidente e Assessore al Lavoro regionale, Gianni Rossoni, chiedendogli formalmente che “intervenga con urgenza sui responsabili dell’ordine pubblico al fine di scongiurare ogni intervento violento contro le maestranze e il conseguente smantellamento del sito produttivo”.
Il Sig. Genta, proprietario dello stabilimento, ha rifiutato categoricamente e ostinatamente ogni soluzione prospettatagli dalle istituzioni, la Regione in primis, che garantisse la continuità produttiva dell’Innse, la cui produzione dispone peraltro di un mercato di sbocco accertato. Egli, infatti, ha preferito un modo molto più semplice, sebbene poco limpido, di realizzare un significativo guadagno economico per se stesso: vendere i costosi macchinari dello stabilimento.
Un affarone, senza ombra di dubbio. Quando l’azienda era in amministrazione straordinaria, Genta aveva infatti acquistato la fabbrica a prezzi stracciati, 750mila euro, entrando in possesso di macchinari che sul mercato valgono molti milioni di euro. E allora, perché perdere tempo con il rilancio dell’attività produttiva, come peraltro si era impegnato a fare?
Ora gli acquirenti dei macchinari chiedono l’assistenza della forza pubblica per entrarne in possesso. In altre parole, chiedono che la polizia picchi gli operai, come già accadde il 10 febbraio scorso, per poter smantellare una fabbrica sana e in grado di produrre. Una prospettiva semplicemente inaccettabile, che farebbe prevalere l’interesse di un singolo sull’interesse pubblico.
Il governo regionale ha l’autorità sufficiente per fermare questo scempio e per rilanciare una soluzione positiva, cioè la ripresa dell’attività produttiva dell’Innse.
Chiediamo semplicemente che la usi. E con urgenza.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare il testo originale della lettera a Rossoni
 

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