Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Stando a quanto hanno fatto sapere le agenzie di stampa, la visita della Commissione Sicurezza del Consiglio comunale di Milano al Cie (ex-Cpt) di via Corelli ha confermato ciò che le associazioni e buona parte della sinistra dicono da anni. Cioè, si tratta di strutture costose, per nulla trasparenti e sostanzialmente inutili.
Infatti, i commissari del Consiglio comunale –e la stampa- hanno potuto accedere soltanto a una delle cinque camerate che ospitano le persone recluse, cioè quella che tecnicamente non fa parte del Cie-Cpt, poiché si tratta di richiedenti asilo in stato di trattenimento, sottoposti dunque a regime giuridico diverso rispetto agli altri trattenuti. Anzi, quella camerata non dovrebbe nemmeno trovarsi lì, bensì in una struttura separata.
In secondo luogo, esattamente come accade normalmente a chiunque si occupi di strutture di detenzione per immigrati irregolari, la Commissione non ha potuto sapere il costo reale del centro, ma soltanto la parte relativa all’appalto con la Croce Rossa. La stessa commissione De Mistura, a suo tempo istituita dal Ministro Amato, non era infatti riuscita ad ottenere il quadro complessivo della spesa pubblica per i Cpt.
In terzo luogo, la Commissione e la stampa hanno potuto constatare che buona parte dei trattenuti sono ex-carcerati. In altre parole, si tratta di persone da tempo identificate e che a fine pena dovrebbero essere espulse, ma che invece vengono parcheggiate in via Corelli, facendosi così un tempo supplementare di detenzione, fino a due mesi, che mai nessun giudice aveva deciso. Cioè, una cosa priva di senso e, aggiungiamo, di umanità.
Insomma, la Commissione non ha potuto visitare i luoghi dove i trattenuti passano gran parte del loro tempo e dunque verificare in prima persona la situazione, non è riuscita a sapere quanto costa allo Stato il Cie di via Corelli e, infine, ha dovuto prendere atto che una parte significativa delle persone lì recluse non dovrebbero nemmeno starci.
Non ci stupisce dunque che il presidente della commissione sicurezza, il leghista Salvini, lontanissimo da noi politicamente e culturalmente, abbia rilasciato una dichiarazione un po’ tiepida ed espresso dubbi sull’opportunità di costruire nuovi centri di detenzione.
Peccato però che l’attuale governo di centrodestra e il Ministro Maroni abbiano in programma la costruzione di nuovi Cie e l’estensione del periodo di detenzione amministrativa fino a 18 mesi.
Ci auguriamo pertanto che il presidente della commissione sicurezza si rivolga alla sua maggioranza e al suo Ministro, suggerendogli di rinunciare a nuove costruzioni e soprattutto all’estensione del periodo di detenzione. E visto che c’è, potrebbe anche chiedere quello che tantissime associazioni milanesi stanno chiedendo da anni, cioè un grado di trasparenza almeno analogo a quello delle carceri e la pubblicazione dei costi effettivi e totali del Cie-Cpt di via Corelli.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Nella seduta di domani il Consiglio regionale, su iniziativa della Giunta, discuterà un pacchetto di modifiche alla legge regionale n. 15 sulle infrastrutture. A leggere la relazione ufficiale di accompagnamento si tratterebbe semplicemente di alcuni aggiustamenti tecnici, ma basta dare un’occhiata all’articolato per capire che siamo di fronte a ben altro. Cioè, a una vera e propria retromarcia dell’assessore Cattaneo e della Giunta.
Infatti, la legge n. 15, definita pomposamente “Legge Obiettivo della Lombardia”, doveva ufficialmente servire per velocizzare la costruzione di 52 infrastrutture, tra cui ovviamente anche le grandi opere autostradali. Il pilastro fondamentale della legge era il principio del “potere sostitutivo” della Regione nei confronti della Stato centrale, in caso di ritardi nella procedura di approvazione delle opere. E così, la legge introdusse unilateralmente tale potere, nel nome, ovviamente, del federalismo fai da te.
Quanti in Consiglio, come noi, rilevarono che quella legge presentava palesi violazioni del quadro costituzionale furono zittiti in malo modo, come nemici della Lombardia. Eppure, sono passati soltanto cinque mesi dalla sua approvazione e la Giunta Formigoni è già costretta a modificarla. E che modifiche! In sostanza di tratta di emendamenti analoghi a quelli presentati a suo tempo dalle opposizioni, cioè viene di fatto eliminato il “potere sostitutivo”.
E, cosa assai interessante, a minacciare di impugnare la legge lombarda davanti alla Corte Costituzionale, e dunque ad imporre tali modifiche, non è stato un qualche “giudice rosso”, bensì il Governo Berlusconi. E così, da domani in poi, la Regione avrà soltanto i poteri che il Governo, mediante accordi, vorrà concederle. In altre parole, esattamente la situazione normativa preesistente all’approvazione della legge n. 15.
Di fronte a questo scenario sarebbe lecito aspettarsi almeno due cose: primo, le scuse dell’assessore Cattaneo e, secondo, l’abrogazione della legge regionale. Ma, ahinoi, non arriverà nessuna delle due e soprattutto non la seconda. Quella legge, infatti, deve rimanere in piedi per almeno due motivi, cioè per salvare la faccia all’assessore Cattaneo e al centrodestra lombardo e per mantenere in vita alcuni aspetti della legge, sempre troppo ignorati.
Ci riferiamo in particolare all’articolo 10, comma 3., con il quale era stata introdotta una sorta di maxi-deroga agli strumenti urbanistici, stabilendo che le concessioni per le infrastrutture possono comprendere anche l’autorizzazione per l’edificazione delle aree limitrofe. Cioè, visti i noti e significativi i problemi finanziari che comportano le faraoniche opere autostradali, Regione Lombardia non aveva trovato di meglio che offrire come preda il territorio più o meno adiacente il tracciato delle autostrade.
Da parte nostra ripresenteremo domani i nostri emendamenti all’articolo 10, uno dei quali era stato bocciato cinque mesi fa per un solo voto, con l’auspicio che i consiglieri della maggioranza che allora votarono con noi lo vogliano fare anche domani. Anzi, a maggior ragione domani.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare i nostri emendamenti, le modifiche della Giunta e la legge 15
 

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Oggi il Consiglio regionale ha di fatto seppellito il federalismo delle infrastrutture tanto invocato da Formigoni e dalla Lega. Dopo soli 5 mesi dall’approvazione della legge regionale n° 15, definita allora pomposamente “legge obiettivo lombarda”, la maggioranza ha dovuto presentare e votare gli stessi emendamenti che le opposizioni avevano presentato in maggio.
Ma purtroppo il buonsenso non ha vinto fino in fondo: il centrodestra non ha voluto abrogare il famigerato articolo 10 comma 3. Cioè quella norma che mette a disposizione dei costruttori di autostrade tutto il territorio adiacente l’opera, per edificare pressoché ogni cosa, dal centro commerciale fino ai multisala. Tutto, ovviamente, nel nome del reperimento con ogni mezzo di risorse finanziarie.
Che le nostre critiche, di ieri e di oggi, non fossero e non siano infondate lo ha dimostrato il fatto che la maggioranza ha però dovuto accogliere alcune proposte emendative di Rifondazione.
E così, ora viene riconosciuto l’obbligo che i comuni interessati da queste opere “accessorie” esprimano un “previo parere vincolante” e che le società concessionarie debbano dare comunque al territorio misure di compensazione ambientale, territoriale e sociale. Questi due vincoli nella legge non c’erano, ora grazie alla nostra battaglia ci sono.
Siamo quindi soddisfatti che si siano realizzati due piccoli passi nella giusta direzione, ma siamo completamente scontenti del fatto che sia rimasto in piedi il principio per cui, pur di finanziare opere autostradali, si va a monetizzare la speculazione. Per questo motivo, non abbiamo votato a favore del provvedimento di modifica e proseguiremo la nostra battaglia contro la cementificazione del territorio.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
P.S. l’emendamento al comma 3 dell’articolo 10, approvato oggi, raccoglie due dei tre punti sollevati con il nostro emendamento n. 7 (vedi allegati al post di ieri su questo blog). Il terzo, quello più incisivo, non è stato accolto. Ma con le modifiche introdotte ci sono almeno due vincoli in più, prima non previsti in legge, che i Comuni possono utilizzare. La nuova formulazione del comma 3 dell’articolo 10 della l.r. n. 15 è dunque la seguente:
“3. Le concessioni delle infrastrutture di cui all’articolo 1, previo parere obbligatorio e vincolante dei Comuni territorialmente interessati, possono riguardare anche interventi di carattere insediativo e territoriale, definiti e attuati nell’ambito dell’accordo di programma di cui all’articolo 9, al servizio degli utenti delle infrastrutture medesime ovvero a servizio delle funzioni e delle attività del territorio, i cui margini operativi di gestione possono contribuire all’abbattimento del costo dell’esposizione finanziaria dell’iniziativa complessiva. Nel caso in cui tali interventi comportino l’estensione dell’area oggetto della concessione, ove non diversamente disposto dalla normativa vigente, deve essere prevista a carico della società concessionaria e in accordo con gli Enti interessati, la realizzazione di adeguate opere e misure di mitigazione e compensazione dell’impatto ambientale, territoriale e sociale.”
 
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Vi ricordate? Correva l’anno 2007 e nei mesi tra aprile e luglio agenti della polizia locale milanese furono coinvolti in diversi fatti che non potevano che sollevare interrogativi e inquietudini. E così, il 16 aprile e il 5 luglio di quell’anno presentammo all’Assessore regionale alla Polizia Locale un’interrogazione e un’interpellanza, poiché Regione Lombardia ha il preciso dovere di verificare e accertare il rispetto delle sue leggi e dei suoi regolamenti in materia.
I fatti oggetto delle nostre iniziative erano tre: le modalità operative e l’uso degli strumenti “di autotutela” in occasione degli scontri in via Sarpi del 12 aprile, l’utilizzo di abbigliamento e attrezzature (casco antisommossa, giubbotto antiproiettili) non conformi alle previsioni di legge presso il campo rom di via Triboniano il 22 giugno e le dichiarazioni pubbliche di un vigile urbano del 4 luglio, rese in seguito ai disordini nel Parco Cassinis, in cui rilevava l’esistenza di un nucleo informale di 30 vigili, che si sarebbe addestrato in autonomia in arti marziali e che avrebbe acquistato e usato delle armi improprie.
Ebbene, nonostante le nostre ripetute sollecitazioni e le stringenti norme dello Statuto regionale, soltanto nella seduta del Consiglio di ieri, martedì, cioè un anno e mezzo dopo (!), l’Assessorato si è degnato di fornire una risposta. E, come se non bastasse, quella risposta è di una banalità e superficialità disarmanti.
Di fatto l’assessore ha presentato semplicemente una sorta di taglia e incolla delle dichiarazioni del Comandante della Polizia Locale di Milano, Bezzon, risalenti peraltro all’estate del 2007, e ha riconosciuto di non aver svolto nessuna indagine e verifica proprie. Anzi, la superficialità è tale che riprende persino l’incredibile tesi, senza alcun commento e pudore istituzionale, che l’uso dei giubbotti antiproiettili fosse giustificato dalla legge 626, quella sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Per non parlare, poi, della totale omertà rispetto alle gravissime rilevazioni sull’esistenza di squadre speciali informali. E così, un anno e mezzo più tardi, la Regione non riesce nemmeno a dire se quelle squadre esistono, se sono un’invenzione oppure se sono in corso indagini.
Lo scandaloso comportamento dell’Assessorato regionale non è un semplice incidente di percorso, ma si inserisce piuttosto in un suo atteggiamento più generale, che tende ad assecondare i processi di trasformazione delle vigilanze urbane in polizie dei sindaci ed a sottovalutare o ignorare, per convenienza politica, delle deviazioni più o meno gravi.
Non era necessario attendere le gravi violenze razziste di alcuni vigili urbani di Parma per sapere che c’è qualcosa che non va. In Lombardia erano successe cose anche più preoccupanti, come quella banda di vigili urbani e carabinieri, sgominata solo grazie alla denuncia di un altro carabiniere, che a Calcio (Bg) organizzavano violenti raid notturni contro immigrati, intascandosi strada facendo anche droga e denaro.
Non pretendiamo certo che il centrodestra lombardo concordi con noi su che cosa sia la sicurezza, ma che i governanti della Lombardia si preoccupino almeno di vigilare sull’applicazioni delle norme regionali e di contribuire al contrasto delle deviazioni, questo sì! Anche per non lasciare da soli quei vigili urbani -la maggioranza- che fanno il loro lavoro con scrupolo e che vivono con grande inquietudine quello che sta succedendo.
Insomma, pretendiamo che il nuovo Assessore regionale alla Polizia Locale muti radicalmente registro. Ieri è partito con il piede sbagliato. Auspichiamo che sappia cambiare. Altrimenti non rimane che la domanda: ma che ci sta a fare l’assessore regionale?
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare i testi delle interrogazioni e le relative risposte
 

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di lucmu (del 02/10/2008, in Sicurezza, linkato 1053 volte)
Tra il 24 e il 26 settembre si è tenuto a Roma il World Social Summit, organizzato dalla Fondazione Roma, in collaborazione con il Censis. Tema del convegno internazionale, al quale hanno partecipato numerosi studiosi di tutto il mondo, tra cui anche il sociologo Zygmunt Bauman, erano le “paure planetarie”. Qui sotto puoi scaricare il testo integrale dell’indagine “sulla paura nelle città”, realizzata in preparazione del summit in dieci metropoli: Londra, Parigi, Roma, Mosca, Mumbai, Pechino, Tokyo, New York, San Paulo, e Il Cairo. Ti segnalo inoltre il sito del WSS (www.worldsocialsummit.org), dove puoi trovare altre informazioni sul convegno.
 

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Quante parole aveva speso il Ministro dell’Istruzione, Gelmini, per dire che chi contestava i piani governativi sulla scuola era capace soltanto di protestare, ma non di proporre, né di discutere. Peccato però che discutere con il Ministro sia mica cosa facile, anzi sembra quasi cosa proibita.
Infatti, oggi a Sirmione (Bs) è iniziato, per concludersi l’8 ottobre, il seminario nazionale dedicato all’autonomia scolastica, organizzato dall’Ufficio scolastico per la Lombardia. Ma basta dare una rapida occhiata al programma per accorgersi che c’è qualcosa di strano. Intervengono il Ministro Gelmini, ovviamente, ma anche l’Assessore regionale Rossoni e quello comunale di Milano, Moioli. Insomma, ci sono tutte le istituzioni del territorio interessate all’istruzione, tranne una: le Province lombarde.
Eppure, le Province ne hanno di competenze, anche se la legge regionale n. 19/2007 ne ha messe in discussione parecchie. E non si può nemmeno sostenere che i tempi del seminario non permettessero di allargare loro l’invito, poiché interviene un po’ di tutto. Ci sono anche numerose rappresentanze di enti privati, come la Fondazione Cariplo o la Fondazione per la Sussidiarietà, espressione della Compagnia delle Opere, oppure di associazioni legate alla scuola privata, come la Fidae e l’Agesc.
Insomma, come mai le Province lombarde non sono state invitate? Una risposta ce l’avremmo, cioè il coordinamento delle province lombarde per l’istruzione è affidata alla Provincia di Milano ed era lecito aspettarsi che qualche parola critica sul taglio di 8 miliardi di euro per la scuola pubblica sarebbe arrivata. E così, sono stati invitati soltanto soggetti amici, o presunti tali.
Se si trattasse di un’iniziativa politica del PdL o della Lega non avremmo nulla da obiettare, ma qui si tratta di un seminario organizzato dall’Ufficio scolastico, cioè di un’articolazione territoriale del Ministero. In altre parole, questa iniziativa è organizzata da un’istituzione pubblica ed è pagata con denaro dei contribuenti.
Altro che proposte e dibattiti! Il Ministro Gelmini, o chi per lei, non si ferma nemmeno davanti all’abuso istituzionale, perché di questo si tratta, pur di assicurarsi una platea compiacente e plaudente.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Il pacchetto di emendamenti al ddl sulla sicurezza presentato oggi dalla Lega Nord non è soltanto allarmante sotto il profilo democratico e un neanche troppo velato incitamento alla xenofobia, ma soprattutto rappresenta una vera e propria bomba ad orologeria contro la convivenza civile nelle nostre città e nel nostro Paese. Altro che “sicuri a casa propria”, come proclama la Lega. Qui si gioca al tanto peggio, tanto meglio, pur di raccattare consensi e poltrone per gli eterni imprenditori della paura in doppiopetto.
La tesi di fondo del pacchetto è, infatti, che gli immigrati, i diversi e la religione islamica costituiscano il problema illegalità e sicurezza in Italia. Ed ecco dunque che si presentano una serie di proposte legislative che vorrebbero sottoporre gli stranieri a un corpo normativo speciale, discriminante e per molti aspetti palesemente extra-costituzionale.
Il permesso di soggiorno a punti, i referendum comunali per le moschee e per i “campi nomadi” e le misure che intendono impedire a stranieri non in regola di accedere alla scuola, ai servizi sociali e persino all’assistenza sanitaria, per citare solo le principali proposte leghiste, sono tutti atti che mettono in discussione il principio fondante dello stato di diritto, cioè che la legge è uguale per tutti, e che, qualora applicati, produrrebbero conflitti urbani a non finire e la relegazione nell’invisibilità e nell’esclusione sociale di migliaia di persone, bambini compresi.
E soprattutto si indica, ancora una volta, l’immigrato come il nemico, il responsabile di tutti i guai della nazione. È l’immagine della guerra civile, del “noi” contro “loro”, tanto cara alla Lega. E poi magari si fa pure finta di stupirsi quando un giovane italiano dalla pelle nera viene sprangato a morte, alcuni vigili urbani picchiano selvaggiamente un altro nero o un gruppo di bulli di quartiere aggredisce un uomo perché cinese.
E chi se ne frega se così facendo non si risolve nemmeno mezzo problema, né si costruisce sicurezza, ma semmai il suo esatto opposto. Importante è trovare un capro espiatorio e parlare d’altro, specie in tempi di crisi economica e di tagli draconiani alla scuola pubblica, ai servizi pubblici e ai salari dei lavoratori.
Da parte nostra, l’opposizione a questa porcheria sarà totale e completa. Ma riteniamo anche che sia finito il tempo degli alibi per quanti finora hanno fatto finta di non vedere e capire. Per questo ci aspettiamo, anche da parte di esponenti della maggioranza di governo, delle parole chiare e degli atti conseguenti per impedire che il pacchetto leghista si possa tradurre in legge. Insomma, ognuno si assuma le proprie responsabilità.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare i lanci di agenzie sugli emendamenti leghisti
 

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Che direste se qualcuno vi raccontasse la storia di più di 150 dipendenti pubblici precettati in pieno orario di lavoro per partecipare a un’assemblea pubblica e fare la claque a un Ministro, paralizzando così per lunghe ore un intero settore amministrativo? Probabilmente pensereste a una vicenda ambientata in altri tempi o in altri luoghi. Invece no, perché il tempo è il nostro, il luogo è la Regione Lombardia e il Ministro sia chiama Gelmini.
Infatti, lunedì 13 ottobre si terrà al Pirellone l’assemblea pubblica intitolata La passione tinge dei propri colori tutto ciò che tocca. Si parlerà di scuola, ovviamente, come ci informa il sottotitolo: “Racconti di esperienze educative in Regione Lombardia”. Organizza la Regione e interverranno il Presidente Formigoni e il Ministro Gelmini, oltre all’Assessore regionale all’istruzione, Rossoni, e al Ministro Bondi.
Fin qui nulla di sorprendente, poiché il centrodestra lombardo ci ha abituati da tempo alle iniziative a sostegno della sua visione della scuola, riassunta nella legge regionale n. 19 del 2007 e nei 46 milioni di euro di soldi pubblici dirottati ogni anno verso la scuola privata. Tuttavia, questa volta chi amministra la Regione non si è limitato a organizzare la solita iniziativa propagandistica, priva di voci contrastanti, ma ha fatto molto di più.
E così, a partire dal tardo pomeriggio di ieri i dipendenti dell’Assessorato Istruzione iniziavano a ricevere sul loro computer una nota, a firma della responsabile del personale della direzione generale, che recita: “il Direttore Generale chiede a tutti la partecipazione all’evento del prossimo 13 ottobre, … Segnalo l’utilità di essere in loco alle ore 9.00, per ovvie ragioni organizzative, e preciso che la partecipazione è da intendersi, a tutti gli effetti, quale attività di lavoro”.
In altre parole, abbandonate i vostri uffici, venite in assemblea e sarete regolarmente retribuiti. Difficile peraltro immaginarsi che i lavoratori così precettati oseranno contestare il Ministro. Mica sono lì per libera scelta, ma perché l’ha ordinato il principale.
Sarà che i tanti anni consecutivi alla guida della Regione Lombardia hanno fatto perdere di vista delle sciocchezzuole come la distinzione tra privato e pubblico, tra partiti politici e istituzioni. Oppure sarà che la crescente impopolarità del taglio di 8 miliardi di euro e di 150mila posti di lavoro nella scuola pubblica ha fatto crescere il nervosismo. Comunque sia, coloro che hanno deciso, a spese dei contribuenti, di trasformare dei lavoratori e funzionari pubblici in una claque e di interrompere un pubblico servizio, sono in piena illegalità.
Pretendiamo pertanto che il Presidente Formigoni e l’Assessore Rossoni revochino immediatamente questo ordine di servizio, che rappresenta un autentico abuso, e chiariscano di chi sono le responsabilità.
Ai lavoratori e alle lavoratrici che hanno ricevuto la missiva del Direttore Generale esprimiamo la nostra solidarietà. Conosciamo per esperienza il loro impegno e la loro professionalità e non si meritano di essere ridotti a uditorio plaudente.
Al Ministro Gelmini, infine, auguriamo una platea libera, non artificiosa, che le faccia sentire anche le voci di quei tanti che non sono d’accordo con lei. In fondo, questa è la democrazia.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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Alla fine, la Giunta regionale ha annullato il “convegno della claque” sulla scuola con il Ministro Gelmini, previsto per lunedì 13, presso il Pirellone.
Un convengo nato male e finito peggio. L’Assessorato Istruzione aveva precettato due giorni fa oltre 150 dipendenti regionali, mediante un ordine di servizio manifestamente illegale, per garantirsi una platea blindata, senza voci critiche.
La vicenda, compresa l’esistenza del convegno stesso, era diventata di dominio pubblico soltanto in seguito alle denunce nostre e del sindacato SdL. E, quindi, com’è normale nelle democrazie, anche molte persone e organizzazioni sindacali e studentesche che non condividono i progetti di devastazione della scuola pubblica, avevano deciso di partecipare al convegno; perché il Ministro potesse sentire anche le loro voci.
Ma, a quanto pare, la democrazia non piace né al Presidente Formigoni, né al Ministro Gelmini. E così, privati di un palcoscenico esclusivo ed escludente, ad immagine e somiglianza del centrodestra, hanno deciso di scappare. Dalla democrazia e dalle critiche.
Insomma, questo convegno è finito come si meritava. Ma allo stesso tempo è preoccupante il comportamento del centrodestra e delle istituzioni da esso governate. Di fronte a un crescente movimento di insegnanti, studenti e genitori che contesta il decreto ammazza-scuole, come dimostrano anche le riuscite manifestazioni studentesche di oggi, non solo si impedisce la discussione in Parlamento, ma non si accetta nemmeno il confronto in un convegno qualsiasi.
Non rimane dunque che la strada di continuare a investire sulle mobilitazioni. Noi, oggi come domani, saremo a fianco degli insegnanti, degli studenti e dei genitori. Fino al ritiro del progetto Gelmini.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare la locandina del convegno che non c’è più
 

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Oggi, il sottoscritto e Marco Cipriano, Vicepresidente del Consiglio Regionale, abbiamo presentato un’interpellanza sulla vicenda della missiva mandata il 7 ottobre u.s. a 150 dipendenti della D.G. Istruzione, con l’indicazione perentoria di partecipare, in quanto “attività lavorativa”, al convegno sulla scuola con i Ministri Gelmini e Bondi, il Presidente Formigoni e l’Assessore Rossoni. Anche se il convegno non si è realizzato, causa annullamento deciso dal Ministero e dalla Regione, la vicenda è grave in sé e richiede un chiarimento formale da parte dell’Amministrazione regionale.
 
qui sotto puoi scaricare il testo dell’interpellanza
 

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