Il raduno neonazista del 12-14 settembre si farà. Non dalle parti di Milano o di Monza, come avrebbe voluto Forza Nuova, bensì nella più periferica Cantù, in provincia di Como.
Le proteste e la mobilitazione di Anpi, antifascisti e comunità ebraica, nonché la netta opposizione di molti amministratori locali, a partire dal Sindaco di Milano, che evidentemente non intendeva ripetere la poca edificante vicenda del concerto naziskin di Rogoredo del giugno scorso, hanno dunque sortito l’effetto di spingere il “Festival Boreal” verso nord.
Bene, perché non li avremo tra i piedi a Milano. Ma detto questo, non mi pare proprio il caso di esultare o di gridare alla vittoria. Prima di tutto perché il raduno nazi si farà comunque e Cantù, in fondo, si trova a meno di un’ora di macchina dal capoluogo lombardo. E poi, lo spostamento a Cantù ha messo in evidenza un altro problema, anzi, uno dei problemi principali. Già, perché non solo le Prefetture di Milano e Como, cioè il Ministero degli Interni, hanno lavorato per dribblare le proteste e garantire l’agibilità politica al raduno nazifascista, ma questo si terrà addirittura in uno spazio pubblico gestito dal Comune, il “Campo Solare”.
È stata una scelta del Sindaco di Cantù, Claudio Bizzozero, che peraltro non è nemmeno un uomo di destra o un leghista, anzi. Secondo lui, “Forza Nuova è un movimento politico legalmente costituito e che partecipa normalmente alle elezioni nazionali, regionali (e a Cantù persino comunali) ed in quanto tale, va conseguentemente trattata esattamente come ogni altra forza politica legalmente costituita ed operante nel nostro paese” (la dichiarazione completa del Sindaco la trovate sul suo profilo fb: https://www.facebook.com/claudio.bizzozero).
E così, passando da Milano a Cantù, senza quasi accorgercene, siamo passati dal “non possiamo impedire il raduno perché si svolge in un luogo privato”, utilizzato a piene mani nelle ultime occasioni da Prefetti, Questori e Sindaci, alla concessione di luoghi pubblici perché i neofascisti e i neonazisti sono “un partito come un altro”.
Già, il nocciolo della questione sta proprio qui: abbiamo una Costituzione antifascista, nata dalla lotta di liberazione dal nazifascismo, ma la legge ordinaria in materia è a dir poco vaga e elastica (e ancora più elastica è la sua applicazione). Qui, a differenza di quello che accade in Germania, nemmeno il saluto romano o l’esibizione di simboli nazifascisti viene perseguito, salvo in casi più unici che rari.
È per questo che dalle nostre parti raramente le autorità hanno impedito raduni o manifestazioni di questo tipo e quando questo è successo, i divieti erano motivati quasi sempre da “motivi di ordine pubblico”.
Il Sindaco Bizzozero ha dunque ragione in punto di diritto, ma ha torto marcio da un punto di vista politico e culturale, perché considerare i gruppi nazifascisti e razzisti (e ne arriveranno di ogni risma dall’Europa) “uguali” a qualsiasi altro partito o movimento, significa non voler vedere, non voler capire quello che sta accadendo in questi anni in Europa e non ricordare quello che era accaduto nel secolo scorso.
Ma tutta questa vicenda evidenzia anche i limiti degli appelli che invocano i divieti per le iniziative nazifasciste, perché alla fine della fiera ottieni un risultato soltanto se riesci a mettere in campo una pressione politica, culturale e di piazza sufficientemente forte. In altre parole, l’antifascismo, così come tutti i valori positivi associati ad esso, deve ri-vivere nel corpo della società, nella testa e nel cuore delle persone, e non solo quando c’è un raduno nazi, ma tutti i giorni, in tutti i luoghi. Non c’è alternativa se vogliamo fermare la proliferazione di iniziative, raduni e manifestazioni nazifasciste sul nostro territorio, anche perché finito questo raduno, ne arriverà un altro e poi un altro ancora ecc. ecc.
Luciano Muhlbauer