Intervento di Luciano Muhlbauer pubblicato su MilanoX il 29 gennaio 2014
Lo scenario politico europeo sta prendendo una brutta piega e rischiamo seriamente che rimangano in campo soltanto due opzioni politicamente e culturalmente rilevanti: l’Europa così com’è, cioè quella dell’austerità e del neoliberismo, e l’Europa dei ripiegamenti nazionali e regionali, intrisa di egoismi, intolleranze e xenofobia. Attorno alla prima opzione si sono formate le grandi coalizioni oligarchiche centrodestra-(ex)centrosinistra, attorno alla seconda si sta delineando un ancora caotico, ma molto determinato fronte delle destre.
Due prospettive per nulla desiderabili, soprattutto se guardiamo al problema dal punto di vista di chi sta pagando il prezzo sociale della crisi, costretto a bassi salari, disoccupazione e precarietà a gogò.
L’Europa così com’è, quella della demolizione del welfare e dei diritti sociali, del cappio del fiscal compact e della massima libertà per i detentori di capitali, non è una soluzione, anzi, è parte fondamentale del problema. L’Europa dei ripiegamenti, quella di Le Pen, Wilders e Salvini, che dà tutta la colpa alla moneta unica e ai migranti, non propone un modello sociale alternativo, ma semplicemente una variante della guerra tra i poveri, dove alla fine vince sempre e comunque il ricco e il potente. E così, invece di mettere in competizione diretta il salario dell’operaio polacco e quello dell’operaio italiano, fanno scannare tra di loro l’autoctono e l’immigrato, il cristiano e l’islamico, l’etero e l’omo eccetera.
Il rischio di rimanere prigionieri di queste due opzioni e di dover quindi scegliere tra il Pasok e il Front National (o l’astensione) è serio e concreto, ma non è certo un destino ineluttabile. E per favore smettiamola anche con la storia trita e ritrita del tanto non c’è nulla da fare, perché in tempi di crisi e disoccupazione di massa vince sempre e comunque la destra. Sarà anche vero, ma oggi e qui sa tanto di autoassoluzione. E poi, come mai una delle esperienze più vive, fresche e promettenti della sinistra europea, cioè Syriza, si è formata e affermata proprio laddove la crisi e le politiche anticrisi hanno picchiato più duro, cioè in Grecia?
Appunto, non c’è mai nulla di ineluttabile, c’è sempre un sentiero da esplorare. E proprio dalla Grecia ci viene oggi un insegnamento e una proposta che guarda all’Europa, a un’altra Europa. I sondaggi danno Syriza ormai come primo partito greco. Syriza è di sinistra, chiaramente di sinistra, ha unito pezzi di sinistra preesistenti senza fare inguardabili pateracchi, perché l’ha fatto non nelle stanze di qualche palazzo, ma per strada, al calore dei movimenti e delle lotte sociali. Syriza è radicalmente contro le politiche di questa Europa, ma non è contro l’Europa. Anzi, ritiene che il terreno di scontro fondamentale sia continentale, che si debbano costruire alleanze con movimenti e forze organizzate degli altri paesi per riuscire a cambiare le cose, per costruire un’altra Europa.
Insomma, per non farla lunga, Syriza è la sinistra che ci vorrebbe un po’ dappertutto e non per motivi astratti o ideologici, ma perché rappresenta un’opzione concreta, politicamente e culturalmente rilevante. Forse anche per questo, anzi, sicuramente per questo, in tutta Europa le sinistre discutono se dare vita a liste di sostegno alla candidatura di Alexis Tsipras, il leader più in vista di Syriza, a presidente della Commissione Europea. Cioè, la candidatura di Tsipras costituisce una possibilità concreta per tentare di far emergere anche a livello europeo l’opzione che ancora manca (almeno in termini di rilevanza), quella più importante, quella di un’Europa sociale, dei diritti e dei popoli.
Ed eccoci arrivati a noi, alla disastrata sinistra italiana. C’è anzitutto un elemento positivo, cioè un diffuso consenso alla proposta di costruire una lista Tsipras anche in Italia, a partire dall’ottimo appello di Barbara Spinelli e altri, che qualcuno ha definito “degli intellettuali” o “della società civile”, ma che in realtà (e per fortuna) è già andato ben oltre definizioni del genere. Poi ci sono i partiti esistenti della sinistra, dallo scontato sostegno di Rifondazione Comunista, che ha in comune con Syriza la collocazione nella Sinistra Europea, a quello meno scontato e non ancora definitivo di Sel. E poi ci sono tanti altri pronunciamenti positivi, come quello di Sandro Mezzadra e Toni Negri. Insomma, siamo di fronte una convergenza ampia su un obiettivo comune che in Italia a sinistra non si vedeva da tempo.
Bene, ottimo. Ma qui iniziano anche i problemi, perché una cosa è avere un largo consenso, un’altra è tradurlo in una lista per le elezioni europee all’altezza della situazione. E da questo punto di vista non c’è nulla di semplice o scontato, perché il recente passato tipo Sinistra Arcobaleno o Rivoluzione Civile pesa, così come le mille divisioni e incomunicabilità, le troppe piccole patrie, i troppi recinti e i troppi protagonismi.
Non ho soluzioni pronte per risolvere il problema e per costruire nel poco tempo che resta una proposta politica ed elettorale credibile, rilevante e seria in vista delle elezioni europee di maggio. Eppure, non condivido il pessimismo di alcuni, come quello di Aldo Giannuli, che considera la proposta fuori tempo e senza spazio, perché quello spazio sarebbe irrimediabilmente occupato dal M5S.
Ho invece due convinzioni. La prima è che è necessario farlo, perché urge terribilmente far vivere anche in Italia e in maniera rilevante l’opzione per un’altra Europa, rispetto alla quale il M5S mantiene davvero troppe ambiguità. E se qualcuno avesse qualche dubbio sull’importanza del terreno europeo, in fondo gli basterebbe guardare meglio alla vicenda dell’Electrolux di questi giorni, poiché questa, come tante altre, ci ricorda con la brutalità dei fatti che in ultima analisi lo scontro sociale e politico si colloca a livello almeno continentale.
La seconda è che è possibile farlo, a patto però che si applichi il metodo suggerito dallo stesso Tspiras nella sua lettera del 24 gennaio scorso, che non a caso si chiude con queste parole: “solo se facciamo tutti insieme un passo indietro, per fare tutti insieme molti passi in avanti, potremmo cambiare la vita degli uomini”.
Insomma, Tsipras c’è e c’è anche la possibilità di fare qualcosa di vero, di utile e di sinistra. Questo è il punto, tutto il resto viene dopo. Sta dunque a noi tutti e tutte non fare cazzate questa volta.
Luciano Muhlbauer