Volete sapere come sarà il meraviglioso mondo del Jobs Act, quello dove robe vecchie come i diritti dei lavoratori, articolo 18, Statuto dei lavoratori o contratto nazionale saranno poco più di un lontano ricordo dei padri e dei nonni? Ebbene, allora date un’occhiata a uno di quei tanti settori privi di diritti, tutele e voce che già oggi abbondano a casa nostra, come per esempio la logistica.
Già, la logistica. Sebbene si tratti di un settore strategico e nevralgico dell’economia nazionale, senza il quale la grande distribuzione vecchia e nuova non potrebbe funzionare nemmeno un minuto, dal punto di vista del mercato del lavoro sembra di trovarsi nell’Ottocento. Infatti, non ci sono tutele in caso di licenziamento e il diritto di sciopero non esiste. Anzi, a guardare bene, lì non sei nemmeno considerato un lavoratore.
Il trucco (si fa per dire, visto che è tutto perfettamente legale) sta nel non assumere i facchini che lavorano per te. E così, anche se lavorano in un deposito Ikea e movimentano tutto il giorno mobili Ikea, nessuno di loro è un dipendente Ikea, bensì della cooperativa X, alla quale Ikea ha appaltato il servizio di facchinaggio. Se poi i lavoratori della cooperativa X dovessero scioperare, perché i salari sono troppo bassi o perché le regole contrattuali non vengono rispettate, allora Ikea potrebbe tranquillamente sostituire la cooperativa X con la cooperativa Y, poiché si tratterrebbe semplicemente di una mancata erogazione del servizio previsto dall’appalto da parte della cooperativa X. Di conseguenza, i lavoratori della cooperativa X rimarrebbero disoccupati, senza che l’Ikea c’entri qualcosa sul piano formale, e se poi qualcuno dovesse decidere di protestare e di picchettare gli ingressi del suo posto di lavoro, allora arriverebbe la Celere a cacciarli suon di manganellate, perché sarebbero soltanto degli estranei che interrompono illegalmente un servizio e impediscono ai lavoratori della cooperativa Y di poter lavorare.
Nel nostro esempio ipotetico abbiamo usato il marchio Ikea, semplicemente perché tutti lo conosciamo, ma potremmo usare qualsiasi altro marchio della grande distribuzione o il nome di qualsiasi azienda che ricorre al "trucco" dell'appalto. E poi, si tratta di una “ipotesi” per modo di dire, visto che storie del genere si verificano quotidianamente, con le ovvie varianti sul tema. Per esempio, oltre l’appalto ci sono anche i subappalti oppure, come ormai accade sempre più spesso, l’azienda potrebbe procedere a un “cambio di cooperativa”, cioè al licenziamento dei lavoratori, anche in assenza di scioperi e lotte, ma soltanto perché quei lavoratori si sono permessi di iscriversi a un sindacato non gradito. Appunto, l’Ottocento incombe.
Beninteso, tutto questo non vuol dire che non si possa più lottare o organizzare sindacati. Anzi, l’esperienza di questi anni ci insegna che proprio i lavoratori della logistica, dov’è fortissima la componente migrante, si sono resi protagonisti di uno dei più interessanti, intensi e freschi processi di sindacalizzazione e di lotta di questi anni. E si comincia anche a vincere qualche vertenza, ma solo al prezzo di durissime lotte, come nel caso della Granarolo. Alla fine Legacoop ha dovuto firmare un accordo con il sindacato di base S.I.Cobas e accettare il reintegro dei 51 licenziati, ma ci sono voluti 15 mesi interrotti di lotta.
Insomma, oggi stare con i facchini è un dovere e una scelta lungimirante, perché bisogna ricominciare a lottare per i diritti che ci vogliono togliere e che a tantissimi lavoratori hanno già tolto.
Luciano Muhlbauer