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ATTENTI AL PARTITO DEMOCRATICO DEL NORD
di lucmu (del 11/11/2006 @ 23:45:57, in Politica, linkato 1157 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 11 novembre 2006
 
“Neocentrismo”, “seconda fase” eccetera. I neologismi si sprecano per nominare quella potente tendenza all’ammucchiata al centro, che dalle parti del centrosinistra si traduce nel progetto del partito democratico. Cioè, nell’intenzione di traghettare, con le buone o con le cattive, larga parte della sinistra verso l’integrazione nel modello socio-economico esistente, marginalizzando le istanze di alternativa e cambiamento.
Ma in fondo tutto questo lo sappiamo già e, semmai ce ne fosse bisogno, alcune stucchevoli polemiche seguite alla manifestazione del 4 novembre ce l’hanno ricordato. Quello che invece spesso si ignora è che non si tratta di semplici manovre di palazzo romane, ma di qualcosa di più esteso e profondo. E allora conviene volgere lo sguardo alla Lombardia, terra che tradizionalmente fa da laboratorio politico per l’intero paese, sia nel bene che nel male.
In Lombardia e a Milano l’egemonia politica e culturale delle destre, seppure indebolita rispetto a dieci anni fa, è ancora integra, così come appare tuttora irrisolta la crisi delle sinistre. Quindi non stupisce che proprio da qui parta l’offensiva più consistente, capitanata da Formigoni e, in misura minore, dalla sua collega-concorrente Moratti, per risalire la china dopo la sconfitta elettorale alle politiche. Quello che invece stupisce è che quella offensiva trovi interlocutori nella stessa Unione.
Ma cominciamo dall’inizio, cioè da quel 27 di luglio allorquando in Consiglio regionale, con i voti favorevoli del centrodestra, di Ds e Margherita, era stato approvato un ordine del giorno che consegnava a Formigoni il nulla osta per trattare con il governo nazionale alcune sciocchezzuole, tra cui il reperimento di fondi per le grandi opere autostradali (Pedemontana, Bre.Be.Mi. e Tem), il federalismo fiscale e l’avvio delle procedure per l’assegnazione alla Lombardia di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”. In altre parole, una larga intesa su un pezzo di programma elettorale di Formigoni e, soprattutto, sul cavallo di battaglia del centrodestra nordista, cioè la devolution sotto mentite spoglie.
Un fatto che difficilmente può essere relegato a incidente di percorso, visto che la “mossa” era stata concordata con Enrico Letta, e che si annuncia denso di implicazioni, poiché la giunta formigoniana ha nel frattempo deliberato il documento di indirizzo per l’avvio della procedura per i poteri speciali –compresa l’istruzione-, convocato un consiglio regionale straordinario sull’argomento per il 13 e 14 novembre e annunciato la volontà di arrivare al voto formale in consiglio entro natale.
Insomma, in Lombardia la “seconda fase” sembra già in piena sperimentazione, mettendo a nudo l’indole profonda dell’operazione partito democratico. Ossia, la rinuncia ad un progetto politico alternativo e la mera competizione per la gestione dell’esistente, con tanti saluti alla nuova questione sociale che bussa alle porte. È come se i tanti anni all’opposizione nel regno di Formigoni si fossero tramutati in una gigantesca sindrome di Stoccolma in salsa padana.
A finire legittimato da quella disinvolta politica ulivista non è soltanto il presidente Formigoni, oggi appunto decisamente rafforzato, ma soprattutto il suo modello politico e sociale. Quel modello, tanto per intenderci, che privatizza il privatizzabile, salvo poi finanziarlo lautamente con denaro pubblico, come già accade con la sanità, la formazione professionale, la scuola privata  e a breve anche con i servizi al lavoro.

La Lombardia è più vicina a Roma di quello che comunemente si pensa e le performance dei sostenitori del partito democratico del nord rischiano dunque di condizionare il quadro nazionale. Ecco perché ci vorrebbe uno scatto straordinario di iniziativa e progettualità, anzitutto in loco, ma anche sul piano nazionale.