Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 19 settembre 2006 (pag. Milano)
Con la pubblicazione venerdì scorso del documento di indirizzo per “condizioni particolari di autonomia” per la Lombardia, l’offensiva federalista di Formigoni è entrata nel vivo, come dimostra anche il pieno sostegno leghista incassato ieri dal presidente lombardo. Eppure, al dibattito politico subito animatosi non sembra minimamente interessare il quesito più importante: più poteri alla Regione Lombardia per fare che cosa?
In fondo, la risposta è sotto gli occhi di tutti e basterebbe volgere lo sguardo a quello che accadrà domani in Consiglio Regionale. Si discuterà la nuova legge regionale sul mercato del lavoro, fortemente voluta dalla giunta Formigoni, che prevede l’applicazione a dir poco integralista della legge 30.
Il cuore del provvedimento è rappresentato dalla liberalizzazione pura e semplice dell’intermediazione di manodopera. Infatti, il vecchio collocamento pubblico era stato abolito definitivamente dalla legge 30 e le relative competenze erano rimaste alle Province, salva la possibilità -ma non l’obbligo- per le Regioni di legiferare diversamente. Ora il centrodestra lombardo vuole accantonare il residuo ruolo pubblico, introducendo un “sistema regionale dei servizi per il lavoro” composto da operatori pubblici e privati.
In altre parole, vi sarà sostanziale parità tra soggetti privati e pubblici e ambedue dovranno accreditarsi presso la Regione per poter operare e così ricevere un finanziamento regionale. Alle Province rimarranno in esclusiva soltanto alcune funzioni amministrative, come il collocamento mirato delle persone disabili, la gestione delle liste di mobilità o l’avviamento alla selezione per le pubbliche amministrazioni. Tutto il resto, cioè il grosso del business delle braccia, sarà terreno di libera concorrenza tra privati e pubblico.
Facile prevedere che un siffatto sistema porterà nel giro di poco tempo all’emarginazione degli enti locali dalle politiche occupazionali e all’espansione di quelle aziende private che d’ora in poi potranno liberamente integrare la somministrazione di manodopera con l’attività di collocamento.
Ed è probabilmente superfluo aggiungere che il progetto di legge non prevede azioni concrete di contrasto alla precarietà, né interventi effettivi contro la piaga dello sfruttamento del lavoro nero ed irregolare, con tanti saluti alla situazione reale che vivono oggi i lavoratori e le lavoratrici, italiani e stranieri, nella nostra regione. Questa legge, qualora approvata, non solo non porrà un argine alla nuova questione sociale che attanaglia la Lombardia, ma finirà inevitabilmente per aggravarla.
Così, dopo la sanità e la formazione professionale, la furia privatizzatrice –assistita, beninteso, da una pioggia di finanziamenti pubblici- investe anche i servizi all’impiego e, possiamo scommetterci, una bella fetta dell’affare andrà alla Compagnia delle Opere. E, dulcis in fundo, non è un mistero per nessuno che Formigoni custodisce nei suoi cassetti, pronto all’uso, un testo di legge sull’istruzione, ispirato alla riforma Moratti.
E allora, tornando alla nostra domanda iniziale, appare chiaro che i poteri particolari rivendicati da Formigoni non servono tanto a dare più protagonismo ai cittadini lombardi, ma piuttosto a rilanciare il progetto politico e sociale del centrodestra e a sottrarre la Lombardia dalla discontinuità con le politiche del precedente governo. Infatti, mentre a livello nazionale è aperta la discussione sul superamento della legge 30, in Lombardia la si vuole applicare in versione estremistica.
Ci pare evidente che vi è una incompatibilità, anzi un antagonismo, tra il programma dell’Unione e i progetti di Formigoni. E quindi, a maggior ragione, risultano incomprensibili le continue aperture provenienti da esponenti dell’Ulivo lombardo, che fanno il paio con le strizzatine d’occhio tra rappresentanti milanesi del centrosinistra e la neosindaca Moratti. Forse è arrivato davvero il momento di uscire dalle discussioni astratte e politiciste sul federalismo e di rispondere alla domanda vera, cioè per fare che cosa? E il Consiglio Regionale di domani, inutile nascondercelo, sarà un importante banco di prova.