Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 7 settembre 2006 (pag. Milano)
Ci è voluta la solita inchiesta giornalistica del solito Fabrizio Gatti perché finalmente una verità già nota diventasse degna di attenzione pubblica e politica. Infatti, da lunghi anni associazioni e organizzazioni sindacali denunciano, nel silenzio e nell’ipocrisia generali, la situazione di sfruttamento estremo e di brutale caporalato che vige nell’agricoltura foggiana. Ben venga dunque l’intervento annunciato dal Ministro Amato.
Tuttavia, affinché il tutto non si risolva in qualche fuoco fatuo di fine estate ci vuole ora un intervento deciso a 360 gradi. Ebbene sì, perché il supersfruttamento di lavoratori immigrati non è purtroppo una specialità delle campagne foggiane, bensì una realtà in espansione in tutto il paese, che coinvolge non soltanto l’agricoltura, ma anche altri settori economici, in primis l’edilizia.
Così, il caporalato lo troviamo non soltanto nelle campagne di Foggia, ma anche nei cantieri di Milano, dove gli operai immigrati rappresentano ormai la metà degli addetti. E a Milano, così come a Foggia fino a ieri, da tempo le organizzazioni sindacali del settore producono invano denuncia su denuncia. Anzi, il Comune di Milano ha ridotto la vigilanza sulle condizioni di sicurezza e di lavoro nei cantieri, compresi quelli che beneficiano di finanziamenti pubblici, mentre la Regione Lombardia si appresta a far approvare una legge regionale sul mercato del lavoro, totalmente insensibile al contrasto dello sfruttamento del lavoro nero e tesa invece a liberalizzare l’intermediazione di manodopera.
Una situazione frutto della sbornia liberista, che guarda al lavoratore soltanto come ad un costo da comprimere, e di una politica sull’immigrazione basata sulla repressione dei migranti, per poi chiudere tutti e due gli occhi sugli abusi e gli affari di imprenditori senza scrupoli.
Chiediamo quindi al Ministro Amato di non fermarsi a Foggia e di intervenire con la stessa determinazione anche su Milano e su tutto il territorio nazionale. E soprattutto di modificare davvero l’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione, affinché venga garantito il permesso di soggiorno a tutti i lavoratori stranieri che denuncino la propria condizione di lavoro irregolare, come peraltro previsto dal programma dell’Unione.