\\ Home Page : Articolo : Stampa
LOMBARDIA, IL CAPORALATO DIVENTA POLITICA
di lucmu (del 07/03/2006 @ 17:35:42, in Lavoro, linkato 981 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 2 marzo e su il Manifesto (pag. Milano) del 7 marzo 2006
 
La legge 30, impropriamente detta legge Biagi, è sbarcata in Regione Lombardia in piena campagna elettorale e nel momento di lancio dell’offensiva neocentrista del presidente-senatore Formigoni. Il progetto di legge applicativo del centrodestra lombardo ha iniziato il suo iter istituzionale due settimane fa e la sua approvazione in aula è programmata per il 21 marzo. Anche se quest’ultima data è ormai destinata a slittare al dopo elezioni politiche, stupisce il silenzio un po’ irreale che circonda l’intera operazione. La stampa non ne parla e dallo stesso mondo sindacale, se escludiamo forze come il SinCobas o la Fiom, non provengono finora segnali di mobilitazione.
Eppure, vi sarebbe l’urgente necessità di accendere i riflettori e far suonare un campanello d’allarme, considerato che si tratta non soltanto dell’applicazione di una delle peggiori leggi berlusconiane, bensì di una sua interpretazione iperliberista, in omaggio alla sussidiarietà secondo Formigoni. E il ruolo della legislazione regionale è tutt’altro che marginale, poiché ad essa è demandata la definizione del regime di accreditamento delle agenzie di somministrazione e intermediazione di manodopera.
Come si sa, il vecchio collocamento pubblico è stato abolito dalla legge 30 e dal decreto legislativo 276/03 e sono subentrati i centri per l’impiego gestiti dalla Province. Ora il centrodestra lombardo propone di fatto l’emarginazione di questo residuo ruolo pubblico, prevedendo un “sistema di servizi per l’impiego aperto alla partecipazione di operatori pubblici e privati”. Dunque, non vi saranno più funzioni svolte in esclusiva dai centri provinciali, ma questi ultimi, per poter operare, dovranno accreditarsi presso la Regione ed entrare nella rete “in concorrenza con i soggetti privati”. Ogni operatore accreditato, pubblico o privato che sia, potrà accedere a finanziamenti regionali, certificare lo stato di disoccupazione, gestire le liste di mobilità e le graduatorie dei disabili, fare intermediazione di manodopera e avviare la selezione presso le pubbliche amministrazioni. E, tanto per ribadire il concetto, è previsto un forte accentramento delle politiche del lavoro nelle mani del Pirellone, trasformando così le Province in semplici terminali della programmazione regionale. Possiamo infine aggiungere che il progetto contempla un uso estensivo di alcune forme contrattuali come il tirocinio e l’apprendistato e della Bottega-scuola.
Non è necessario avere il master in economia per capire che si tratta di un’operazione di devastazione di ogni ruolo pubblico e dell’avvio del grande affare del mercato delle braccia. Insomma, il caporalato elevato al rango di politiche del lavoro e il lavoratore ridotto a merce pura e semplice, come se si trattasse di una scatoletta di tonno. L’impatto sociale di un siffatto sistema sarebbe devastante in una regione in cui la precarietà del lavoro e della vita rappresenta ormai uno dei principali problemi. Già oggi, a Milano, oltre il 70% dei nuovi contratti di lavoro avviati sono di tipo precario.
Ecco perché questo assordante silenzio non ci convince. Anzi, lo leggiamo con viva preoccupazione, specie alla luce delle ripetute aperture al “riformismo” formigoniano da parte della Margherita e di settori dei DS lombardi, anche di questi ultimi giorni. Per quanto ci riguarda, come Rifondazione Comunista, abbiamo presentato un nostro progetto di legge, incentrato sul rilancio del ruolo pubblico e sul rafforzamento delle strutture delle Province, nonché su una politica regionale di contrasto attivo della precarizzazione. Ma soprattutto occorre rompere il silenzio e far uscire la discussione dal palazzo. Per questo crediamo sia giunto definitivamente il momento che le forze della sinistra sociale e politica e dei movimenti facciano sentire la loro voce. Per impedire che apra il supermercato della precarietà, magari sotto il segno di un altrettanto devastante neocentrismo lombardo.