Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Giorno Milano del 2 dic. 2005
I 250 rifugiati africani di via Lecco, dopo essere stati al centro di tante polemiche dal sapore pre-elettorale, rischiano ora di ripiombare nel dimenticatoio. E questo sarebbe davvero l’epilogo più tragico e inaccettabile dell’intera vicenda.
Ricordiamo ancora una volta chi sono i 250 cittadini stranieri di via Lecco. Sono tutti regolari in Italia, sono scappati dalle guerre che infestano i paesi del corno d’Africa. Alcuni provengono da quel Darfur sudanese, che tanto aveva commosso l’opinione pubblica italiana un po’ di tempo fa. Arrivati in Italia hanno fatto la fine di molti altri come loro, cioè accolti perché profughi, ma poi abbandonati a loro stessi. Nel caso in questione erano finiti a sopravvivere in una ex-caserma in zona Forlanini, tra immondizia, freddo e topi. Sono in realtà la punta di un iceberg, perché i rifugiati a Milano sono circa tremila. Non a caso, quella ex-caserma ha già iniziato a ripopolarsi con altri uomini e donne, disperati quanto loro.
Insomma, non siamo di fronte a un’emergenza passeggera che si possa affrontare con qualche mese di ospitalità notturna in dormitori sovraffollati e nemmeno sufficienti per tutti. Si tratta invece di una faccenda annosa, mai affrontato nella sua dimensione e nella sua drammaticità reali. E non basta tirare in ballo le gravi responsabilità della politica nazionale, cioè l’assenza di una legge organica sul diritto d’asilo e la conseguente confusione legislativa. Vi è una indubbia responsabilità locale, anzitutto nell’aver chiuso gli occhi per troppo tempo.
Ora serve un piano straordinario di intervento. E per fare questo bisogna sedersi attorno a un tavolo, con tutte le istituzioni e le associazioni, ed essere disponibili al confronto senza veti preventivi. Cioè, esattamente quello che finora è mancato, poiché il Comune si è arroccato in una sorta di autismo politico. Insomma, smettiamola di ripetere, come un disco rotto, il ritornello della legalità. Non c’entra proprio nulla. Affrontare finalmente il problema per quello che è sarebbe un ottimo servizio non soltanto alla solidarietà, ma anche alla città, poiché l’abbandono e il degrado sono maledettamente contagiosi.
Non dimentichiamoli dunque. La situazione in via Lecco si fa difficile. Non c’è acqua, né riscaldamento e la situazione sanitaria è preoccupante. Diverse associazioni si stanno muovendo, ma manca all’appello la politica. Occorre sbloccare urgentemente il confronto con il Comune e costruire una soluzione vera e duratura, ma nel frattempo si garantisca a questi profughi almeno l’assistenza primaria. Non si tratta di una gentile concessione, ma di un preciso dovere di civiltà.