Blog di Luciano Muhlbauer
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Sabato 18 ottobre la Lega Nord manifesterà a Milano. La parola d’ordine del corteo è tanto semplice quanto eloquente: “Stop Invasione”. Dove gli invasori sarebbero ovviamente i migranti, a partire dai profughi scappati da guerre e dittature e sopravvissuti alla traversata del Mediterraneo. Non si fa distinzione, tutti uguali, tutti “clandestini” e invasori.
Nulla di nuovo, direte voi, la Lega ha sempre cavalcato la xenofobia e le paure. Invece no, qualcosa di nuovo c’è e non capirlo o sottovalutarlo sarebbe grave. La Lega, dopo anni di alleanze governative con Berlusconi, era stata travolta prima dall’inconsistenza dei risultati ottenuti e poi dal malaffare e dagli scandali. Sembrava finita, ma poi Matteo Salvini ha osato un cambio di scenario, riposizionando la Lega nella grande famiglia della nuova e incalzante destra radicale europea.
Accanto a molti elementi di continuità con la Lega bossiana, ci sono però anche elementi di discontinuità. Ormai il riferimento territoriale non è più la Padania, ma tutta l’Italia. Il nemico non è più Roma ladrona, ma l’euro e l’immigrato. Mentre Bossi ricordava sempre, persino quando diceva e faceva cose di estrema destra, che lui era antifascista, Salvini ha stretto un’alleanza di ferro con Marine Le Pen e il Front National. In Italia è andato a fare visita alla sede romana dei neofascisti di Casa Pound –che già alle europee avevano sostenuto Borghezio- e ha partecipato al festival Atreju dei giovani di Fratelli d’Italia.
In altre parole, la nuova direzione della Lega ha capito che nell’Europa della crisi e delle politiche d’austerità si è aperto un enorme spazio politico ed elettorale a destra, ma anche che in Italia manca un soggetto politico in grado di riempirlo e di organizzarlo. I postfascisti di FdI sono messi male e stanno pagando gli anni passati a fare da scendiletto a Berlusconi, mentre la variegata galassia dei gruppi nazifascisti non è in grado di formare liste elettorali competitive. In altre parole, quella della Lega di Salvini è un’operazione egemonica, una Opa sulla destra radicale italiana.
Forse l’operazione non funzionerà -e noi tifiamo e ci adoperiamo perché non funzioni-, ma si tratta di una cosa seria che va presa sul serio. Basta infatti guardare ai risultati della Lega alle europee e ai vari sondaggi che circolano, per capire che il nuovo corso di Salvini ha invertito la tendenza negativa della Lega. E poi ci sarà pure il referendum per abrogare la riforma Fornero sulle pensioni, che è una cosa che avrebbe dovuto fare la sinistra, ma che invece ha fatto la Lega, a regalare ulteriori spazi alla Lega.
È la Lega in versione Front National, di destra radicale, xenofoba e razzista, che strizza l’occhio ai neofascisti di ogni risma, che sabato prossimo invaderà le piazze milanesi. E con la Lega, ne possiamo stare certi, stavolta saranno presenti in piazza anche rappresentanze dei gruppi militanti di estrema destra, a partire da Casa Pound.
 
Non si risolve il problema con una contromanifestazione, ovviamente. Ci vorrà ben altro. Ci vorrà un’altra opzione politica, di sinistra e antifascista, che sappia indicare un altro modello di società rispetto al liberismo sfrenato, l’austerità e la ridistribuzione della ricchezza a favore dei ricchi. Un’opzione che si metta dalla parte dei precari, dei lavoratori, dei disoccupati, dalla parte di chi la crisi la sta pagando a caro prezzo. Ma questo, in fondo, lo sapevamo già e, in ogni caso, non può diventare certo un alibi per non fare niente, per stare in silenzio o guardare dall’altra parte. Anzi, significa che proprio oggi dobbiamo far sentire forte e decisa la nostra voce, il nostro più fermo e totale ripudio del tentativo di riproporre a Milano e in Italia la xenofobia e il razzismo. E quindi #StopInvasione lo diciamo noi, ma lo diciamo ai razzisti e ai fascisti che sabato caleranno su Milano.
L’operazione politica che la Lega di Salvini intende materializzare sabato prossimo a Milano ha già suscitato la preoccupazione di Anpi e dell’associazione degli ex deportati nei campi di sterminio nazisti, l’Aned. Altri invece avevano lanciato l’idea di un corteo-parade, per non lasciare le strade e le piazze a chi predica l’odio e per dire che Milano è meticcia, antirazzista e antifascista. La proposta di mobilitarsi era buona, ha colto un’esigenza più ampia e le adesioni sono cresciute in questi giorni, dai centri sociali agli studenti, da settori sindacali a quelli associativi ad alcune forze politiche. E ci saranno anche rappresentanze delle comunità di migranti di Milano. L’appuntamento è quindi per sabato 18 ottobre, alle ore 15.00 in L.go Cairoli a Milano. Per tenervi aggiornati sull’organizzazione, sugli appelli e sulle adesioni, il punto di riferimento unitario è la pagina facebook www.facebook.com/milanometiccia.
 
Fate circolare le info sul corteo e se sabato siete a Milano partecipate, per dire tutti e tutte insieme che chi ama la libertà odia il razzismo.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
Un sabato di iniziative contro il razzismo e per l’inclusione, contro la negligenza governativa e per la costruzione di percorsi di arrivo autorizzati e sicuri in Europa per i profughi. Succede a Milano il 21 giugno con due diverse iniziative: la Carovana delle Culture e la partenza dalla stazione Centrale del No borders train.
La Carovana delle Culture partirà alle ore 15.00 da piazza Diocleziano e arriverà in piazza Prealpi. Sarà una “parata multicolore contro il razzismo per dire che Milano è una città di integrazione!”, come scrivono gli organizzatori. Per avere più informazioni sulla Carovana consultate l’evento fb della carovana.
La sfilata “per accendere i colori della nostra città” è organizzata da Convergenza delle Culture Sanpapiè, I Cammini Aperti ONLUS, Unisono APS Spazio Baluardo, Studio 3R, Movimento Alianza Pais Lombardia, ma si sono già aggiunte molte adesioni.
Mi pare un'iniziativa buona e necessaria, da sostenere e a cui partecipare, specie in una città come la nostra, dove la convivenza tra diverse culture è una realtà quotidiana, a partire dalla scuola, ma dove agiscono e si ripropongono continuamente anche organizzazioni e movimenti, dai gruppi nazifascisti fino alla Lega, che fomentano la xenofobia e il razzismo per pura speculazione politica.
 
Alle ore 14.00, invece, c’è l’appuntamento in stazione Centrale per la partenza del No borders train, un’iniziativa promossa dal Progetto Melting Pot Europa, che vuole rivendicare e praticare la possibilità di percorsi autorizzati e sicuri in Europa, affinché i profughi possano raggiungere le destinazioni con sicurezza e senza finire abbandonati per strada. Per saperne di più visitate la pagina dedicata sul sito di Melting Pot.
Inutile dire quanto sia scandalosa e inaccettabile la politica governativa nei confronti dei profughi che sbarcano sulle nostre coste, in fuga da guerre e violenze. A Milano nessuno può dire di non sapere della situazione dei profughi siriani in Centrale o di quella degli eritrei in Porta Venezia, per non parlare dei pullman organizzati dal Ministero degli Interni che letteralmente scaricano profughi in alcune zone di Milano, com’era avvenuto a Rogoredo. Ben venga dunque l’iniziativa di Melting Pot.
 
Insomma, sabato partecipate, per dire sì alla convivenza e all’inclusione e no al razzismo e alla stupidità.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
Le lacrime si asciugano in fretta, specie quando parliamo di migranti. E così, la commozione generale per le stragi nel Mediterraneo e lo scandalo pubblico per le condizioni di detenzione nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) di questi ultimi mesi, tanto per cambiare, non hanno prodotto alcun effetto pratico, né in Italia, né a Milano.
Anzi, i profughi che riescono ad arrivare vivi nel nostro paese sono abbandonati al loro destino esattamente come prima, come ci ricorda proprio in questi giorni l’allucinate situazione in Stazione Centrale, e il Cie (ex Cpt) di via Corelli, di cui in tanti annunciavano la chiusura, riapre invece a breve i suoi battenti, ristrutturato per 140 posti e affidato in gestione alla Gepsa, una società privata francese, attiva nella gestione di molte carceri d’oltralpe e controllata dalla multinazionale Gdf Suez. E non basta, perché entro la fine dell’anno, a fianco del Cie, aprirà anche un Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) nuovo di zecca.
Insomma, tutto come prima, anzi, peggio di prima. Già, perché sebbene l’inutilità e la disumanità dei Cie siano ormai conclamate, si continua e si insiste, perché gli interessi politici in gioco sono evidentemente troppi. E quindi, chissenefrega che delle persone vengano recluse sostanzialmente in via amministrativa, senza processo e senza vedere mai un giudice vero, per un massimo di addirittura 18 mesi continuativi in delle strutture che sono di fatto di natura carceraria.
I Cie sono un buco nero della legalità costituzionale e non servono a nulla, se non a ribadire il concetto tutto politico che le migrazioni sono una questione di ordine pubblico e a vendere l’idea che chi governa faccia qualcosa.
Ma per fortuna non tutti se ne fregano e non tutti piangono lacrime di coccodrillo e quindi ci sarà almeno un tentativo di reagire a questo scempio. L’iniziativa l’ha presa il Naga e molte realtà associative, sociali e politiche hanno aderito. Ci si trova martedì 6 maggio, alle ore 18.30 davanti alla Prefettura di Milano, in c.so Monforte 31, per dire che a Milano non vogliamo la riapertura del Cie e l’apertura del Cara di via Corelli.
 
Per tenervi aggiornati e conoscere le adesioni fate riferimento all’evento facebook: www.facebook.com/events/748827638491507/
 
Per il resto, condividete, fate girare e cercate di partecipare.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
Quattro anni fa la grande partecipazione allo sciopero dei migranti del primo marzo sorprese molti e molte, forse persino le quattro donne che l’avevano ideato. Centinaia di migliaia di uomini e donne, migranti e italiani vecchi e nuovi, riempirono le strade di una sessantina di città. Fu un successo, un salutare grido collettivo di ripudio del razzismo.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora e nel frattempo la crisi e le politiche d’austerità hanno scavato in profondità, sconvolgendo le vite di autoctoni e migranti. Paradossalmente oggi le campane xenofobe sembrano suonare con meno vigore rispetto al 2010. Probabilmente i quotidiani proclami leghisti, postfascisti e a volte persino democratici erano diventati troppi e con l’incalzare della crisi sociale hanno finito per produrre un effetto overdose. A Milano, dove si erano inventati addirittura la vergogna del  coprifuoco in via Padova, un anno dopo il primo sciopero dei migranti gli elettori avrebbero votato in massa per voltare pagina e farla finita con la politica dell’odio.
Ma non illudiamoci troppo, perché l’acqua continua a scorrere sotti i ponti. Le pubbliche lacrime per i morti al largo di Lampedusa o per l’infamia dei centri di detenzione chiamati Cie durano il tempo che durano e non si traducono mai in fatti concreti e tangibili, mentre a destra in molti pensano che stia tornando il tempo dei vecchi amori. La Lega che governa la Lombardia annuncia nuove discriminazioni negli accessi ai servizi e Salvini in Europa stringe apertamente alleanze con i neofascisti francesi del Front National. D’altronde, in giro per l’Europa l’effetto overdose non c’è mai stato e xenofobia, razzismo ed estrema destra non hanno fatto che crescere in questi anni. E vi risparmio l’elenco che tutti conoscete.
Insomma, momenti come il primo marzo, finiti negli ultimi anni un po’ nell’ombra, diventano di nuovo importanti, molto importanti, perché sarebbe un grave errore aspettare passivamente che il peggio si materializzi. Anzi, il peggio va combattuto sul nascere, da subito. Ovunque, anche a Milano.
 
Per questo vi invito a partecipare sabato 1 marzo al corteo che partirà alle h. 14.30 da p.le Loreto (ang. v. Padova) e terminerà in Duomo.  Di seguito trovate l’appello ufficiale e qualche link.
 
Luciano Muhlbauer
 
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DIRITTI PER I/LE MIGRANTI = DIRITTI PER TUTTI E TUTTE
Manifestazione cittadina a Milano
1 marzo 2014 - ore 14.30 - Piazzale Loreto/angolo via Padova
 
Il 1 marzo è diventato uno degli appuntamenti simbolo dell’antirazzismo. Anche quest’anno vogliamo ribadire a gran voce che garantire i diritti dei e delle migranti vuol dire garantire i diritti di tutta la società.
 
Solo insieme, migranti ed autoctoni, possiamo rispondere al clima di razzismo e di paura, che alcuni esponenti di istituzioni, partiti politici o mass media vogliono affermare nel paese.
 
Solo insieme possiamo costruire una risposta alla crisi e a chi fomenta la guerra tra poveri facendo crescere la solidarietà per rendere concreto il sogno di una società di convivenza, in cui tutte le persone possano godere degli stessi diritti, senza distinzioni basate sulle diversità.
 
Per ciò chiamiamo tutti e tutte a manifestare il Primo Marzo a Milano contro ogni forma di razzismo e per i diritti dei e delle migranti.
 
Vogliamo far risuonare per le strade di Milano le nostre richieste:

·       La chiusura immediata dei Centri di Identificazione ed Espulsione e la chiusura definitiva del Centro di via Corelli a Milano

·       Una nuova legge sull’immigrazione

·       Svincolare il permesso di soggiorno dal lavoro

·       Il diritto di cittadinanza per le bambine e i bambini nati e/o cresciuti in Italia

·       Il diritto di voto per i/le migranti che risiedono in Italia

·       Il diritto al lavoro per tutti e tutte come previsto dalla Costituzione e parità di diritti fra cittadini

·       Il diritto al reddito per tutti e tutte

·       Una legge per il diritto d’asilo e reali politiche di accoglienza

·       No alla discriminazione nell'acceso ai diversi servizi

·       Garantire l'esercizio della libertà di culto

 
MILANO SENZA FRONTIERE
 
 
 
“Via il reato di clandestinità”, “La clandestinità non sarà reato”. Così titolavano stamattina La Repubblica e il Corriere. Un po’ incredulo, mi sono dunque messo ad approfondire la notizia. Effettivamente, ieri in Commissione Giustizia del Senato era stato approvato un emendamento abrogativo del reato di clandestinità, presentato dai 5 Stelle e votato anche da Pd e Sel, con addirittura il parere favorevole del Governo.
Bene, un buona notizia, ho pensato, anche se il resto della Bossi-Fini non l’hanno toccato. Ma meglio di niente e, comunque, un passo nella giusta direzione. Di questi tempi è quasi un miracolo, o no?
Ma poi, pensandoci meglio, mi è sorto un dubbio. Già, perché in fondo era soltanto un voto in Commissione e più avanti avrebbe dovuto esprimersi anche l’aula, anzi le due aule. E quella inedita alleanza M5S-Pd-Sel avrebbe potuto reggere di fronte alla dura realtà di un governo Pd-Pdl fresco di nuova fiducia? Non è che tutto questo non fosse altro che un modo per guadagnare tempo, vista la commozione dell’opinione pubblica e le parole di un Papa un po’ diverso da quelli precedenti?
Comunque, avendo il dubbio sempre due facce, ho voluto puntare sulla versione ottimista. E perché no? È pur vero che i fatti hanno la testa dura e forse, chissà, il fallimento totale della Bossi-Fini rispetto ai suoi obiettivi dichiarati e il sovraffollamento delle carceri, complice anche il reato di clandestinità, avevano aperto un ragionamento ai piani alti dei palazzi. Ho pensato o meglio, ho sperato che potesse essere così, ma è durata poco, pochissimo.
E più veloce di tutti, più veloce del vento, dei falchi e delle colombe, è arrivato Grillo a distruggere il mio flebile ottimismo. Non che mi sorprendesse, beninteso, poiché in tema di immigrazione, come in altre questioni socialmente e eticamente sensibili, ha sempre mantenuto un’ambiguità di fondo. Anzi, qualche volta si era addirittura lasciato andare a commenti in stile verde padano. E la ragione la spiega Grillo stesso nel suo post odierno, per l’occasione cofirmato anche da Casaleggio: “Se durante le elezioni politiche avessimo proposto l'abolizione del reato di clandestinità, …, il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico”..
Per sgomberare definitivamente il tavolo da ogni possibile malinteso, Grillo e Casaleggio ricorrono poi agli stessi argomenti che una volta avevano fatto la fortuna dei vari Calderoli e Salvini: “Nel merito questo emendamento è un invito agli emigranti dell'Africa e del Medio Oriente a imbarcarsi per l'Italia. Il messaggio che riceveranno sarà da loro interpretato nel modo più semplice "La clandestinità non è più un reato". Lampedusa è al collasso e l'Italia non sta tanto bene. Quanti clandestini siamo in grado di accogliere se un italiano su otto non ha i soldi per mangiare?”.
E allora chi se ne frega se profughi e migranti continuavano ad arrivare anche dopo l’introduzione del reato di clandestinità nel 2009. Arrivavano come prima, più di prima, fino ad oggi. Il reato di clandestinità, cioè la sua esistenza o meno, incide forse sul prezzo da pagare agli scafisti, ma certamente non incide sulla decisione di affrontare o meno il viaggio verso l’Europa. Questo lo sanno anche i sassi e se qualcuno non dovesse saperlo sarebbe sufficiente prendersi 10 minuti e informarsi sui paesi d’origine dei migranti e dei profughi, tipo l’Eritrea, la Somalia, la Siria ecc. L’Italia è semplicemente la porta d’ingresso dell’Europa e non lo è a causa della sua legislazione sull’immigrazione, bensì a causa della sua posizione geografica nel Mediterraneo.
Oggi Grillo ha gettato una delle sue maschere, si è liberato di una delle sue molte ambiguità. Forse così ha salvato una delle peggiori leggi dell’era Berlusconi-Lega, salvando così anche l'anima al Pd. O forse no. Forse nel suo movimento ora qualcosa si muoverà, qualcuno finalmente disobbedirà sul serio. Chi vivrà, vedrà.
Per quanto mi riguarda, ci riguarda, penso una cosa semplice semplice. In ogni occasione, in ogni momento, da subito, passando anche per le mobilitazioni del 12, del 18 e del 19 ottobre, fuori e dentro le istituzioni, va ri-costruita la battaglia per l’abrogazione del reato di clandestinità e di tutta la Bossi-Fini e per una legge organica sul diritto d’asilo. Sul merito di questo battaglia si sceglieranno alleati, compagni di strada e amici. E si sceglieranno anche gli avversari.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
Non possono certo bastare presidi, manifestazioni e appelli di fronte all’enormità della strage di migranti che si è consumata a Lampedusa, l’ennesima di una lunga e infinita lista. Ma ancora meno serve il silenzio, che anzi finisce per essere complice. E da qualche parte bisogna pure ri-partire, o no? Ben venga dunque ogni mobilitazione, a patto però che si schieri, che sia chiara e che indichi degli obiettivi concreti. Cioè, che si sottragga alle troppe ipocrisie e lacrime di coccodrillo di questi giorni, per non parlare dei soliti e infami proclami razzisti della Lega o peggio.
 
L’invito di trovarsi oggi alle ore 18 in piazza Duomo a Milano, lanciato da Arci, Naga, Todo Cambia, Ri-Make, Rivolta il debito, Immigrati autorganizzati, Ass. Dimensioni diverse, fa parte delle iniziative utili e da sostenere, perché indica chiaramente il problema, che è la politica della Fortezza Europa, la legislazione italiana che c’è (la Bossi-Fini, anzitutto) e quella che non c’è (una legge organica sul diritto d’asilo).
Vi invito a partecipare e a far circolare l’informazione.
Il testo dell’appello lo potete trovare in fondo e l’evento facebook qui: https://www.facebook.com/events/601391959923063
 
Inoltre, vi segnalo anche l’Appello per l’apertura di un canale umanitario fino all’Europa per il diritto d’asilo europeo, che registra già molte adesioni collettive e individuali. Basta cliccare sul link, leggere il testo e, se lo condividete, firmarlo on line. È facilissimo.
 
Ci vediamo in piazza Duomo.
 
Luciano Muhlbauer
 
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BASTA MORTI NEL MEDITERRANEO!
DIRITTO DI ASILO E ACCOGLIENZA PER TUTTE/I!
 
Le centinaia di morti della strage di migranti di giovedì scorso davanti alle coste di Lampedusa si aggiungono alle migliaia di vittime che hanno trovato la morte nel Mediterraneo negli ultimi vent’anni.
Morti dopo essere fuggiti da paesi sotto brutali dittature, da guerre (spesso combattute con armi made in Europe), dalla miseria accentuata da una crisi globale che viene scaricata sui più deboli. Morti anche solo per aver scelto di andare altrove.
Non possiamo più sopportare i morti, non possiamo più tollerare l’ipocrisia di chi piange le vittime provocate dalle politiche criminali e criminogene volute dall’ “Europa fortezza”, di chi parla e straparla di pace e vorrebbe che i militari (preferibilmente direttamente nord africani) pattugliassero le coste e impedissero lo sbarco delle/dei migranti sulle nostre coste, di chi ritualmente ripete “la UE non ci lasci soli”.
Chiediamo un cambio radicale delle politiche disastrose praticate finora, la cancellazione della legge Bossi-Fini, una legge organica e avanzata per il riconoscimento del diritto di asilo, un’immediata accoglienza di tutte/i coloro che sbarcano sulle coste e di coloro che fuggono da guerre, dittature, miseria.
 
Lunedì 7 ottobre, alle 18.00, troviamoci in piazza Duomo a Milano.
Portiamo tutte/i un lenzuolo, simbolo dei sudari che coprono i corpi delle/dei migranti uccise/i nel Mediterraneo ma che non possono coprire la vergogna di quelle politiche.
 
Questa è una proposta aperta a tutte e tutti, per una presenza senza bandiere e comunicativa.
 
È una proposta nata da Arci, Naga, Todo Cambia, Ri-Make, Rivolta il debito, Immigrati autorganizzati, Ass. Dimensioni diverse
 
 
di lucmu (del 16/05/2013, in Migranti&Razzismo, linkato 1272 volte)
“Assassini neri” sparato in prima pagina, la richiesta di pattugliare le strade con l’esercito e le ronde, l’accusa di istigazione a delinquere rivolta a chi propone lo ius soli, presidi, insulti e persino banchetti in tempo reale sul luogo del delitto. Questo è il bilancio provvisorio dell’escalation politica innescata a Milano dalle destre di ogni risma dopo il triplice omicidio di Alessandro Carolè, Daniele Carella e Ermanno Masini per mano del ghanese Mada Kabobo.
Nulla di nuovo, direte. E non sono nuovi nemmeno i protagonisti di queste strumentalizzazioni, che si chiamano Lega, Pdl, Fratelli d’Italia, Forza Nuova, Casa Pound, De Corato, Salvini, Borghezio eccetera. Neanche Giulio Gallera, coordinatore del Pdl milanese, ha resistito alla tentazione del banchetto sul luogo del delitto e le immagini che lo ritraggono sorridente e soddisfatto sono forse la migliore testimonianza del livello di squallore raggiunto.
Insomma, sono tornati gli sciacalli, quelli che se ne fregano altamente del dolore altrui e che sono disposti a cavalcare qualsiasi tragedia o crimine pur di ricavarne qualche profitto politico. Sono talmente eccessivi che a volte persino tra di loro si manifestano delle prese di distanza, come ha attestato la pubblicazione su Libero di un articolo, a firma di Giampiero Mughini, che criticava aspramente il titolo “Assassini neri”.
Ma appunto, nulla di nuovo, cose già viste e vissute, un milione di volte. In fondo, sono passati soltanto tre anni da quando Moratti, De Corato e Salvini, allora al governo della città, si erano inventati il coprifuoco in via Padova, in nome della sicurezza e del pericolo immigrati. Il coprifuoco fu, però, anche l’inizio della loro fine. Il vento stava per cambiare, il coprifuoco si rilevò un autogol e nella primavera successiva le loro campagne d’odio si arenarono nella grottesca zingaropoli islamica e Pisapia fu eletto Sindaco di Milano.
La primavera milanese, con la sua grande partecipazione popolare, e la drammaticità della crisi economica avevano cambiato la percezione delle cose. I discorsi securitari, xenofobi e razzisti non tiravano più come prima e le destre milanesi erano ammutolite. E molti di noi, popolo di sinistra e di centrosinistra, si erano illusi che quei discorsi fossero sconfitti una volta per tutte. Abbiamo voluto dimenticare, abbiamo rimosso. Comprensibilmente, beninteso, perché era come respirare all’improvviso aria più pulita.
Fu però un’illusione, perché nulla è mai acquisito per sempre e le crisi tendono a riprodurre quotidianamente le condizioni per certi discorsi. E poi, anche l’entusiasmo e la partecipazione del 2011 non ci sono più. Certo, sbaglia chi oggi vede l’esaurimento della spinta propulsiva della “rivoluzione arancione”, perché il Sindaco gode tuttora di un consenso maggioritario in città, ma sbaglia altrettanto chi fa finta di niente e si rifiuta di vedere i segnali di pericolo, gli scricchioli e le troppe delusioni accumulate.
Sarebbe un errore clamoroso considerare le odierne urla e iniziative delle destre un semplice riflesso condizionato, perché siamo invece di fronte a una riproposizione delle campagne securitarie e xenofobe come strumenti tipici di ri-conquista del consenso politico. Infatti, gli attacchi leghisti contro il Ministro Cécile Kyenge sono iniziati ben prima degli omicidi di Milano e persino prima delle dichiarazioni sullo ius soli, poiché il vero peccato originale che si contesta al Ministro è evidentemente il colore della sua pelle. E poi, il primo ad accusare il Ministro di essere moralmente responsabile degli omicidi di Kabobo non è stato mica il quel fascista di Borghezio, bensì Matteo Salvini, capo della Lega in Lombardia e delfino di Roberto Maroni.
Ma anche sul piano strettamente milanese alcuni meccanismi sono stati riproposti già settimane fa, come ha dimostrato l’assedio del campo rom di via Dione Cassio, capeggiato dai neofascisti della Fiamma Tricolore, e la contestuale e aggressiva campagna contro il piano rom del Comune da parte delle destre istituzionali.
Quello che sta accadendo in questi giorni a Milano dovrebbe dunque aprire una riflessione molto seria. La Lega e le altre destre vedono delle crepe dopo due anni di governo arancione, sono galvanizzate dalla vittoria di Maroni alle regionali e, in ultima analisi, sono anche favorite dall’esistenza del governo Pd-Pdl. Loro sono già in campagna elettorale e la condurranno senza sosta e con ogni mezzo, riproponendo tutto il più squallido repertorio.
È importante che ci siano state delle reazioni di ripudio delle campagne xenofobe da parte di settori di residenti nel quartiere Niguarda e sono molto importanti le parole scritte dagli amici di Daniele Carella, perché dimostrano che a Milano ci sono ancora tanti e tante che non intendono tornare indietro. Ma anche qui, non illudiamoci e non pensiamo che le cose si sistemino da sole. Occorre una reazione, forte e consapevole. E occorre che chi governa la città non stia sulla difensiva e che esca dalla trappola della gestione dell’esistente.
 
Luciano Muhlbauer
 
Questo articolo è stato pubblicato anche dai siti d’informazione di movimento MilanoX e Milano in Movimento e domenica 19 maggio è stato pubblicato, in versione leggermente modificata, dal quotidiano il Manifesto (vedi file allegato).
 

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di lucmu (del 16/04/2013, in Migranti&Razzismo, linkato 1574 volte)
In questi giorni tutti i riflettori sono puntati sui palazzi romani, ma se vogliamo cogliere l’aria che tira, o che potrebbe tirare se non stiamo attenti, occorre volgere lo sguardo a quello che succede sotto casa. Questo vale in generale e sicuramente vale per Milano, dove in questi giorni assistiamo al triste ritorno della politica della caccia al rom.
Non è una questione di poco conto, perché prima della “primavera milanese” e della “rivoluzione arancione”, cioè prima di Pisapia, che poi sono soltanto due anni fa, le ossessive compagne xenofobe e securitarie, che di solito raggiungevano il loro apice quando di mezzo c’erano i rom, costituivano uno dei principali ingredienti del discorso politico e culturale dominante. Anzi, la continua produzione e riproduzione di un capro espiatorio da incolpare e di un nemico facile da indicare ha costituito per anni una vera e proprio macchina del consenso per le destre, nonché la base per diverse carriere politiche individuali. Vi ricordate di Opera, ad esempio, dove un’ignobile campagna contro alcuni rom sfollati, comprensiva di rogo della tenda della protezione civile, valse al leghista Ettore Fusco addirittura l’elezione a Sindaco?
Già, forse ce n’eravamo dimenticati in questi due anni di Pisapia. E forse ci eravamo persino illusi un po’. E questo spiega anche, forse, perché alcuni fattacci di questi giorni non abbiano trovato l’eco mediatico e l’allarme politico che invece avrebbero meritato.
Ma andiamo con ordine. Primo, una settimana fa circa era esploso in rete il caso “piano rom” del Comune di Milano, cioè siti e pagine facebook sono stati letteralmente inondati da insulti di stampo razzista. L’accusa, per dirla in un italiano più o meno accettabile, era di regalare i soldi del Comune ai rom, invece che usarli per dare una casa agli italiani. De Corato e i postfascisti dei Fratelli d’Italia l’hanno tradotto con lo slogan “Ai milanesi alzate l'Imu, ai rom date la casa”.
In realtà, l’accusa è una frottola, poiché non si tratta di soldi del Comune, bensì di fondi vincolati del Ministero, stanziati a suo tempo dall’allora Ministro e attuale Presidente lombardo, Roberto Maroni. In altre parole, quei fondi si devono usare per progetti destinati ai rom oppure non si possono usare. Punto e a capo.
Il secondo fattaccio è accaduto ieri sera in via Dione Cassio, lato viale Ungheria, dove si trova un campo rom irregolare. Contro quell’insediamento c’erano già state delle provocazioni nei giorni precedenti, ma ieri i neofascisti della Fiamma Tricolore hanno organizzato addirittura una manifestazione, che sarebbe più corretto definire un assedio (per un racconto dei fatti di ieri, rinvio al comunicato degli attivisti del Gruppo sostegno Forlanini, che potete trovare in fondo all’articolo). Comunque, anche in questo caso, la motivazione ufficiale della campagna anti-rom è puramente strumentale, poiché lo sgombero di quel campo è programmato da tempo per la fine del mese corrente.
Ecco dunque i fatti, gravi in sé, ma soprattutto indicativi di qualcosa che sta cambiando in città. Nulla di spontaneo, beninteso, ma un’azione politica consapevole, tesa ad indirizzare il malcontento verso i lidi tipici delle destre. E, come prevede lo schema classico, a dirigere l’orchestra è la destra istituzionale e suoi organi di stampa e a fornire la manovalanza sono i neofascisti e i gruppi militanti.
Quindi, guai a sottovalutare quello che succede, perché in realtà è iniziata la campagna politica delle destre, ringalluzzite dopo la vittoria alle elezioni regionali, per riprendersi anche Milano tra qualche anno. E faranno campagna a modo loro, con i loro mezzi, che sono quelli di sempre. Quello che, però, non è uguale a prima, quello che è cambiato, è il clima in città e il rapporto tra città e amministrazione.
Beninteso, nulla di definitivo, Pisapia gode ancora del consenso maggioritario, ma è un consenso che ha perso l’entusiasmo e c’è un’amministrazione che ha perso spinta e vigore. Gli indizi in questo senso sono tanti e iniziano a diventare troppi, dalla gestione del caso Boeri fino al rapporto sempre più teso con i dipendenti comunali, passando per la Sea o per la politica troppo blanda in materia di spazi sociali.
Insomma, qualcosa sta cambiando in città, il vento non è più quello di due anni fa e quello che sta accadendo ai rom parla di qualcosa di più ampio. Certo, è cambiato anche il contesto generale, gli effetti dei tagli imposti dalle politiche d’austerità sono nefasti e la crisi aggredisce le condizioni di esistenza delle persone, ma l’amministrazione, da parte sua, si è chiusa troppo su sé stessa e ora rischia di venire risucchiata dalla gestione dell’esistente.
Ma appunto, nulla di definitivo, a patto che si reagisca da subito. Anzitutto, non tollerando che riprendano le scorribande razziste organizzate dalle destre e, soprattutto, rimettendo -o mettendo- in moto una politica di cambiamento a livello comunale. E questo riguarda chi governa la città, ma anche tutti e tutte noi.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
 
Comunicato del Gruppo sostegno Forlanini sui fatti del 15 aprile:
 
Questo pomeriggio, alle 18,30, si è tenuta una seconda manifestazione promossa ancora una volta da organizzazioni collaterali alla Fiamma Tricolore in prossimità dell'insediamento di via Dione Cassio, sul lato di viale Ungheria, dopo quella di venerdì scorso.
La manifestazione non era stata autorizzata, ma è di fatto stata esplicitamente tollerata dalle forze dell'ordine nel suo avvio e nel suo sviluppo (prima con un blocco stradale, poi con vari tentativi di corteo, poi con le scorribande isolate verso il campo dal lato di viale Ungheria e successivamente con un vero e proprio assalto fino ai confini dell'insediamento, con il lancio di sassi all'interno del campo, che ha causato il ferimento di un abitante e comprensibile ansia negli abitanti).
La gestione della piazza da parte delle forze dell'ordine è stata assolutamente approssimativa e insipiente, lasciando ampio varco alle iniziative dei manifestanti, tra i quali stavolta hanno fatto ampia mostra di sé slogan fascisti (“Boia chi molla” ecc.), saluti romani, esibizione di magliette coll'effigie del duce.
Stigmatizziamo fortemente questa pessima gestione dell'ordine pubblico: ci era stato assicurato che non sarebbe stata autorizzata alcuna manifestazione, specie dopo la prima, del 12, che aveva già avuto caratteri molto preoccupanti già segnalati, e dopo in particolare il tentativo di attacco al campo, con bottiglie incendiarie, verificatosi nella notte tra il 12 e il 13 aprile, che abbiamo denunciato.
Ci preoccupa molto la sottovalutazione di questo evento, che sappiamo esser stato attribuito da alcune interpretazioni, anche delle forze dell'ordine – più che agli esiti della manifestazione neofascista di poche ore prima, in cui si era invocato il diritto dei cittadini a farsi giustizia da soli – agli strascichi di un incidente stradale pur grave che era avvenuto nei pressi del campo in via Dione Cassio il pomeriggio del 12 e che è stato pretestuosamente messo a carico di ospiti del campo, mentre neanche dai controlli della Polizia locale risulta un loro reale coinvolgimento.
Il ripetersi di episodi in cui si tenta, si esibisce o si mette in opera l'attacco violento fa capire da quale parte, in realtà, vengono l'insicurezza e la minaccia che si addebitano agli abitanti del campo; ci sono forze razziste e neofasciste che stanno investendo potentemente sulla questione, soffiando sul fuoco del disagio e dell'emarginazione, e che non sono adeguatamente contrastate dalle forze dell'ordine, che pure avrebbero tutti i titoli per intervenire e prevenire, come anche oggi sarebbe potuto succedere, con la proibizione della manifestazione.
Ci è giunta notizia che nella giornata del 16 potrebbero ripetersi, anche in prossimità del campo, nuove manifestazioni. Chiediamo che non vengano assolutamente autorizzate né tollerate, per evidentissimi motivi.
Per parte nostra, insisteremo - insieme colle altre associazioni che lavorano nel campo - sulla strada dell'inclusione sociale, della democrazia e dell'antirazzismo, che sappiamo essere quella che meglio tutela i diritti civili e sociali di chiunque viva in un territorio, sia esso italiano o straniero.
Sollecitiamo i poteri pubblici - a partire dal Comune, i cui progetti di inclusione sociale, che stanno per avviarsi, ci sembrano muoversi nella direzione giusta -, le forze politiche e sociali e i titolari della gestione dell'ordine pubblico e della convivenza a perseguire insieme a noi, con fermezza, quella strada.
 
Milano, 15.4.2013
Gruppo sostegno Forlanini
 
 
di lucmu (del 14/09/2011, in Migranti&Razzismo, linkato 1511 volte)
Sono passati tre anni da quella domenica mattina, quando Milano si svegliò con la notizia che un giovane di 19 anni era stato ammazzato a sprangate in via Zuretti. Si chiamava "Abba" Abdoul Guibre, viveva nella vicina Cernusco sul Naviglio e la sua famiglia era originaria del Burkina Faso. I suoi assassini, padre e figlio, lo avevano inseguito e aggredito perché aveva sottratto due biscotti nel loro bar.
Al processo gli accusati avrebbero tentato di attenuare le loro responsabilità dicendo che erano convinti che fosse stato rubato anche l’incasso della notte, ma i testimoni si sarebbero ricordati soprattutto delle grida a sfondo razzista, tipo “negri di merda”.
Tre anni sono un tempo breve, eppure quel 14 settembre sembra lontano. Certo, una volta tanto la giustizia è stata celere, con il primo grado nel 2009 e la sentenza d’appello l’anno successivo, ma il punto ci pare un altro. Cioè, è il clima che si respira ad essere lontanissimo da quello che faceva da contorno all’omicidio di Abba e che, anzi, lo aveva ispirato almeno in parte.
Molti forse non si ricordano, o preferiscono non ricordarsi, delle tante parole e considerazioni profuse in quei giorni nei bar, in rete e negli studi televisivi. C’era, per esempio, quel consigliere comunale del centrodestra che parlava di “eccesso di legittima difesa” oppure vi erano quei commenti in rete che dicevano “noi” e “loro”, come se fossimo in guerra e, si sa, in guerra si muore.
Ma soprattutto c’erano i troppi “ma” e “però” che accompagnavano le condanne e il fastidioso ritornello “il razzismo non c’entra” che obbligatoriamente precedeva ogni dichiarazione ufficiale. Una questione, beninteso, che non riguardava soltanto il centrodestra, ma anche molta parte del centrosinistra. Ascoltate cosa dichiarò l’allora Presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, il giorno dopo l’omicidio: “non ho mai inteso dare una connotazione razzista a questo episodio, …è stata una spedizione punitiva, ma non perché il ragazzo era di colore, ma perché aveva rubato”.
In quei giorni furono in pochi a cercare di non annegare nell’ipocrisia dilagante. Ci furono sicuramente l’associazionismo, i movimenti e pezzi sostanziosi della sinistra politica, che promossero una manifestazione di piazza il 20 settembre, ma anche una parte importante del mondo cattolico. Anzi, fu l’Avvenire, il quotidiano dei vescovi, a scagliarsi contro l’autoassoluzione e a porre la domanda più importante: “Se a insinuarsi nel bar fossero stati tre ragaz­zi bianchi, come sa­rebbe andata?”.
Alla fine, comunque, i portavoce dell’establishment si attestarono sulla tesi della “rissa finita male”, dei “baristi balordi” e dei “futili motivi”. Tesi comodissima e tranquillizzante, nonché già ampiamente sperimentata a Milano, come nel caso dell’omicidio fascista di Dax. Neanche i giudici se la sentirono di tirare in ballo il razzismo e condannarono padre e figlio a 15 anni e 4 mesi, confermati in appello, per omicidio volontario aggravato da motivi abietti e futili.
Oggi sono passati tre anni e, appunto, a Milano il clima è molto diverso. Le campagne d’odio della destra non tirano più e “zingaropoli islamica” era miseramente naufragata in campagna elettorale. Tutto bene dunque? Non esattamente, perché se da una parte i primi 100 giorni di amministrazione Pisapia hanno ri-dimostrato che la famosa “percezione di insicurezza” e l’isteria xenofoba erano indotti dalla politica, dall’altra parte sarebbe da miopi e illusi pensare che sia sufficiente vincere delle elezioni per rovesciare un’egemonia culturale.
Anzi, la crisi e le sue conseguenze sociali, in assenza di alternative, ripropongono drammaticamente il terreno di coltura della xenofobia e del razzismo, come ci ricordano peraltro le vicende del nostro continente, dalla Norvegia all’Ungheria.
Ricordare Abba e la sua vicenda tre anni dopo è, dunque, non soltanto un atto dovuto alla nostra umanità e alla memoria collettiva di Milano, ma anzitutto un’occasione per non abbassare la guardia e rammentarci del futuro.
 
di Luciano Muhlbauer
  
Questo articolo è stato ripreso e pubblicato anche dalla free press on line MilanoX, il 14 settembre, e dal quotidiano il Manifesto, nell’edizione del 15 settembre (con il titolo: “Pensare Abba per guardare al futuro”).
  
 
Capitano dei momenti in cui la statura morale e politica di chi governa il paese si rispecchia e si riassume fedelmente in un atto o in una decisione. E questo è senz’altro il caso di quanto avvenuto ieri nella riunione n. 143 del Consiglio dei Ministri, che ha pensato bene di reagire alla sempre più incalzante crisi politica nella maniera più misera ed vigliacca possibile, prendendosela con i migranti.
Ci sono diverse misure nel decreto-legge, come il ripristino della procedura di espulsione coattiva immediata (in realtà già in vigore oggi…) o l’espulsione per motivi di ordine pubblico anche di cittadini comunitari, e c’è pure l’annuncio di un accordo con il Comitato transitorio di Bengasi in tema di flussi migratori, giusto per tornare ai bei tempi di Gheddafi. Tuttavia, il provvedimento simbolo è sicuramente il prolungamento del periodo massimo di detenzione amministrativa nei Cie (ex-Cpt) per immigrati non in regola con il permesso di soggiorno, da 6 a 18 mesi!
Un provvedimento infame non soltanto perché stabilisce che delle persone possano essere private della libertà personale fino a un anno e mezzo senza aver commesso o essere accusati di aver commesso un reato (perché altrimenti vai in carcere e non nel Cie), senza subire un processo e senza nemmeno vedere un giudice vero, poiché è sufficiente l’atto di convalida da parte di un giudice di pace, ma anche perché è un provvedimento assolutamente inutile ai fini che dichiara di voler perseguire, cioè facilitare ed accelerare le espulsioni di clandestini.
Infatti, a sbugiardare il Ministro Maroni c’è anzitutto il precedente del “pacchetto sicurezza” del 2009, che introdusse il reato di clandestinità (nel frattempo bocciato dall’Europa) e innalzò il periodo di detenzione nei Cie a 6 mesi, ottenendo però come unico effetto concreto la drastica riduzione del numero di espulsioni, come aveva denunciato in splendida solitudine Il Sole 24 Ore l’anno scorso (vedi il nostro articolo Cie (ex-Cpt) via Corelli: i dati dei giudici di pace sbugiardano Lega e De Corato).
Ma poi c’è anche la più elementare matematica a contraddire la tesi leghista, visto che è palese che l’allungamento del periodo medio di permanenza dei trattenuti nelle strutture tenderà a ridurre l’offerta complessiva di posti liberi nel sistema Cie in un dato intervallo di tempo. A meno che, ovviamente, il Governo non voglia costruire nuovi Cie in giro per l’Italia, ma di tutto questo attualmente non c’è traccia.
Insomma, quella di ieri è soltanto una triste e misera farsa, uno spettacolo vigliacco allestito ad uso e consumo di una Lega uscita malconcia dalla prova elettorale, ma che non inciderà minimamente sui problemi del paese e nemmeno sulle dinamiche migratorie, ma che in cambio arreca un’ulteriore offesa allo stato di diritto, ai principi costituzionali e ai diritti umani.
Berlusconi, Bossi e La Russa pensano di salvare così il loro potere e i loro affari, riproponendo cioè la collaudata macchina della paura e del rancore. C’è da augurarsi che gli italiani e le italiane non ci ricaschino, così come non ci sono ricascati alle ultime amministrative, ma che, anzi, rimandino rumorosamente al mittente l’infamata di ieri.
 
Luciano Muhlbauer
 
cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare il testo completo dello schema di decreto-legge recante “Disposizioni urgenti per la completa attuazione della Direttiva 2004/38/CE e per il recepimento della Direttiva 2008/115/CE”, approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 giugno 2011
 

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