Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
di lucmu (del 28/11/2014, in Casa, linkato 1593 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer pubblicato su il Manifesto del 28 novembre 2014
 
A Milano è esplosa la questione abitativa o, meglio, la questione case popolari. Doveva succedere prima o poi, perché in tempi di crisi sociale il prolungato e colpevole abbandono a sé stessa dell’edilizia popolare non poteva che tradursi in deflagrazione. Eppure, oggi  in troppi fingono sorpresa e gridano all’untore, cioè all’”occupante abusivo”, a partire da quanti portano la responsabilità politica e istituzionale dell’attuale stato di cose.
Ma diamo un po’ di numeri, perché a volte sono più illuminanti di mille discorsi. A Milano ci sono circa 68mila abitazioni popolari, di cui 29mila sono del Comune e il resto dell’Aler, l’azienda di Regione Lombardia. Di queste quasi 4.000 risultano occupate e 9.700 sfitte, a volte da anni. Il tasso di morosità tra gli inquilini regolari è del 30% e in lista d’attesa sono in quasi 25mila. E poi ci sono le manutenzioni mai fatte, gli sprechi ingiustificabili eccetera.
Insomma, è la fotografia di un fallimento e fallita è praticamente anche l’Aler di Milano: il buco di bilancio ammonta a 345 milioni, secondo la due diligence di un anno fa. Un deficit stratosferico, provocato dalla mala gestione del centrodestra regionale, dagli insensati aumenti d’affitto alle rovinose avventure immobiliari in Libia, passando per l’arresto dell’allora assessore alla casa della Giunta Formigoni-Lega, perché accusato di intrallazzare con la ‘ndrangheta.
La situazione è questa e così succede che in mezzo agli ormai quotidiani sgomberi e allarmismi mediatici il Presidente dell’Aler Milano, l’ex Prefetto Lombardi, uomo di fiducia di Roberto Maroni, dichiari candidamente che non ci sono soldi e che “non possiamo fare nulla, né ristrutturare né fare manutenzione”. Ergo, le case sfitte rimarranno sfitte e quelle sgomberate rimarranno vuote.
Molto più facile allora buttarla in caciara, invocare l’esercito e agitare i manganelli. È un gioco squallido che allontana ogni soluzione reale, ma che è tremendamente comodo e magari paga pure. Lo giocano un po’ tutti, da Salvini al governo Renzi, che con il Ministro Lupi si era infatti inventato il famigerato articolo 5 del piano casa in funzione “antiabusivi”. Appunto, tutta colpa dell’occupante e chi se ne frega degli appartamenti sfitti e dell’emergenza abitativa. D’altronde, è da quando nel lontano 1995 la Consulta dichiarò incostituzionali i fondi Gescal che nessun governo affronta seriamente il problema del finanziamento dell’edilizia popolare.
È dunque comprensibile che il Comune di Milano abbia deciso di separare le “sue” case popolari dall’Aler, che le ha in gestione sin dal 2009, e di affidarle a partire dal 1° dicembre a una società controllata, la Metropolitana Milanese S.p.A. Ma il problema inizia esattamente qui, perché non è semplicemente questione di efficiente amministrazione, bensì di fondi, strategie e priorità. Anche perché la caciara continuerà e la Regione, che in materia detiene la podestà legislativa, ha annunciato per settimana prossima nuove e più restrittive regole per le assegnazioni, come l’introduzione del requisito dei 10 anni di residenza.
Settimana prossima sarà dunque importante e quindi anche chi finora ha taciuto o ha detto le cose a metà è chiamato a prendere parola. Già, perché a questo punto le strade sono soltanto due, cioè proseguire come in questi giorni, continuando a seminare incendi nelle periferie, oppure fare l’unica cosa sensata che c’è da fare: fermare gli sgomberi, assegnare le case sfitte, avviare finalmente la regolarizzazione di chi è in stato di necessità e coinvolgere i sindacati inquilini e i comitati per l’abitare.
 
 
A Milano aumentano gli sfratti, ma aumenta anche la resistenza agli sfratti. E quanto avvenuto ieri a San Siro, con il suo manifesto eccesso dell’uso della forza, cioè del manganello, da parte delle forze dell’ordine non è che l’ultimo fatto in ordine di tempo.
Qualcuno, non solo a destra, purtroppo, vorrebbe dare una spiegazione apparentemente tranquillizzante della situazione. Cioè, ci sarebbero tanti casini non perché la crisi sociale e abitativa è grave, bensì perché ci sono gli abusivi, i furbetti che non pagano il canone e i soliti cattivoni dei centri sociali che soffiano sul fuoco. Anzi, secondo quella vulgata, persino la drammatica crisi finanziaria che sta travolgendo l’Aler di Milano sarebbe in ultima analisi colpa di abusivi e furbetti.
Una versione molto comoda, specie per chi in questi anni e decenni ha deciso, gestito e diretto le politiche per la casa sul territorio lombardo e milanese. Ma la realtà è molto diversa, ben più complicata e, soprattutto, ben più scomoda.
L’Aler di Milano, infatti, non si trova sull’orlo del fallimento perché qualche furbetto non ha voglia di pagare il canone, ma a causa delle scelte scellerate operate dal suo management (vedi per esempio il caso Asset sollevato dal Corsera qui, qui e qui), per non parlare dell’allora Assessore regionale alla casa accusato di aver fatto comunella con la ‘ndrangheta.
La morosità nelle case popolari è in aumento? Certo che lo, come era prevedibile e com’era stato denunciato sin dai tempi del varo della legge regionale n. 27, che aveva comportato un aumento generalizzato dei canoni. E ora la situazione è ulteriormente peggiorata, con la decisione dell’Aler di Milano di disdire unilateralmente l’accordo con i sindacati inquilini che fino alla fine del 2013 aveva calmierato canoni e spese. Insomma, c’è la crisi che colpisce sempre più duro e non si trova di meglio che aumentare i canoni d’affitto nell’edilizia sociale, con l’unico e scontato risultato di far schizzare alle stelle il tasso di morosità (dal 10% del 2009 al 30% del 2013).
Ci sono le occupazioni di case popolari? Sì, certo che ci sono, sia quelle non giustificabili, che quelle dettate da uno stato di necessità, che molte volte è persino riconosciuto dalle autorità competenti. Ma non sono gli occupanti per necessità che impediscono alle migliaia di nuclei familiari in graduatoria di vedersi finalmente assegnata la casa a cui hanno diritto, bensì il fatto ben più grave e paradossale che nella sola Milano ci sono ormai 5.000 alloggi popolari vuoti e tenuti chiusi, perché non si investe un euro in ristrutturazioni e manutenzione.
C’è resistenza agli sfratti? Certo che sì, ma non perché l’abbia deciso qualche “autonomo” che “strumentalizza”, bensì perché quando un problema sociale sempre più acuto non trova risposte da parte delle istituzioni, allora si produce inevitabilmente conflitto. A volte il conflitto è più rumoroso e i mezzi di informazione se ne accorgono, come nel caso di San Siro di ieri, altre volte è meno rumoroso e quindi i giornali non ne parlano, come nel caso del picchetto organizzato dal sindacato inquilini Sicet, che due giorni fa ha impedito uno sfratto in viale Monza.
La resistenza agli sfratti cresce, in tutta Italia e anche a Milano. A volte a sostenere gli sfrattati è la mobilitazione di un centro sociale, come il Cantiere, altre volte è quella di un sindacato inquilini, come l’Unione Inquilini, il Sicet o l’Asia. Una settimana fa sono stati i sindacati inquilini a chiedere unitariamente al Prefetto di Milano di “graduare l’utilizzo della forza pubblica nell’esecuzione degli sfratti”. Già, perché ormai si sta decisamente oltrepassando il livello di guardia, perché ad essere buttati fuori di casa con la forza sono anche famiglie in possesso di un’assegnazione d’emergenza, come è successo qualche giorno fa a quella di Hakima.
 
Giovedì 20 febbraio, alle ore 17.00, sotto il Pirellone, in piazza Duca d’Aosta ci sarà un’altra mobilitazione indetta da tutti i sindacati inquilini. La richiesta principale è di abbassare immediatamente i canoni d’affitto nelle case popolari. Ma possiamo essere certi, visti anche gli avvenimenti degli ultimi giorni, che dalla piazza si sentirà anche la richiesta di fermare gli sfratti e gli sgomberi forzati.
Insomma, se potete, partecipate.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
di lucmu (del 27/11/2013, in Casa, linkato 1610 volte)
L’hanno chiamata pomposamente “Riforma dell’Aler”, qualcuno persino “super riforma”, ma in realtà per gli inquilini delle case popolari non cambia niente e nulla cambierà in relazione alla sempre più esplosiva questione abitativa. Molto più prosaicamente, quella approvata ieri 26 novembre dal Consiglio regionale lombardo è una obbligata e parziale riorganizzazione della governance del sistema delle Aziende lombarde per l’Edilizia Regionale, con l’aggiunta di un rafforzato controllo politico della presidenza regionale.
Infatti, il provvedimento, che tecnicamente costituisce una modifica della legge regionale n. 27/2009 (Testo unico delle leggi regionali in materia di edilizia residenziale pubblica), accorpa una serie di Aler, riducendo quindi il loro numero da 13 a 5 (Milano, Lodi-Pavia, Brescia-Cremona–Mantova, Bergamo–Lecco-Sondrio, Busto Arsizio–Como–Varese-Monza Brianza), ed elimina gli attuali consigli d’amministrazione, sostituendoli con un presidente unico nominato dal governo regionale. In conseguenza di questo riordino, che comporta il taglio di 144 incarichi, si prevede un risparmio di 2,5 milioni euro.
Appunto, un provvedimento praticamente obbligato, considerati i livelli di deficit di bilancio raggiunti dalle Aler (quello di Milano supera da solo i 100 milioni) e il talvolta impressionante degrado amministrativo e morale, come nel caso milanese, dove le spese pazze per consulenze ammontavano ormai a 2,7 milioni di euro e le infiltrazioni malavitose erano state favorite, secondo la Procura, direttamente dall’ex assessore regionale alla casa, Domenico Zambetti. Ma anche un intervento parziale e manifestamente insufficiente, più che altro una pezza messa per superare l’emergenza.
Infatti, dopo le abituali dichiarazioni trionfalistiche post voto, gli stessi uomini della maggioranza, dalla Lega alle varie articolazioni post-pidielline, si sono subito preoccupati di annunciare ulteriori passi, una riforma “generale”, “radicale” eccetera. Ed eccoci al punto della questione,  perché alla luce delle cose fatte e, soprattutto, di quelle non fatte, nonché delle parole pronunciate, c’è poco da stare allegri, anzi.
C’è, prima di tutto, quello che non si è voluto fare, che è forse più significativo di qualsiasi discorso. Cioè, non si è voluto affrontare il problema del rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, dell’aumento dell’offerta sociale di alloggi, della manutenzione, della sistemazione e assegnazione degli alloggi eccetera.
Beninteso, non stiamo parlando di quisquilie, bensì di nuovi fondi da reperire e di progetti e investimenti di medio-lungo periodo, ma dall’altra parte non si tratta nemmeno di una questione nata stamattina, anche se è oggi che esplode in tutta la sua drammaticità (54mila domande di case popolari in attesa nelle graduatorie, 12mila nuovi sfratti per morosità all’anno ecc.). E poi, ci sarebbe anche da ragionare sulle scelte sbagliate del recente passato con la legge 27 (aumento canoni d’affitto, diminuzione patrimonio Erp e messa in vendita alloggi), che hanno finito per aggravare la situazione.
Invece no, non solo nulla di tutto ciò è stato affrontato con questa “riforma”, ma le parole spese per annunciare le “riforme” che seguiranno sembrano andare in direzione opposta. Non ci sono abbastanza alloggi sociali per gli aventi diritto? E allora bisogna diminuire il numero degli aventi diritto, “modificando i criteri di assegnazione, che troppo spesso penalizzano i cittadini lombardi” e “rafforzando il criterio della residenzialità” (Massimiliano Romeo, Lega Nord) e, poi, niente soluzione e sanatorio per gli occupanti per necessità (Giulio Gallera, Forza Italia). I morosi nelle case popolari sono aumentati in pochi anni dal 10% (2009) al 30% (oggi)? E allora mica si può dare la colpa agli insensati e irrealistici aumenti del canone, ma piuttosto bisogna dichiarare guerra ai “furbetti del canone” (Ugo Parolo, Lega, sottosegretario della Giunta Maroni).
Insomma, la “riforma” votata ieri non solo non merita il plauso, ma rappresenta anche una pessima premessa per il futuro immediato. Una ragione in più, per tutti e tutte noi, per sostenere le mobilitazione che dal basso si stanno costruendo in questo periodo. Da quelle dei sindacati inquilini, scesi in piazza sabato scorso e ieri, al corteo regionale per il diritto alla casa di sabato prossimo.
E forse, anzi sicuramente, occorrerà anche un po’ più di determinazione e chiarezza da parte delle opposizioni in Consiglio regionale, sia da parte di chi ieri ha votato “criticamente” a favore (Pd, Patto Civico), che da parte di chi ha votato contro (M5S), ma senza chiarire come la pensa sulle case popolari.
 
Luciano Muhlbauer
 
 
Stamattina ho fatto un sopralluogo nelle case popolari del Comune in via Feltrinelli 16, a Milano Rogoredo, conosciute anche come “le white” dagli abitanti e come “case di amianto” dalla stampa. Ecco quanto ho dichiarato alla stampa alla fine (e penso di essere stato diplomatico):
La situazione nelle case di via Feltrinelli 16 è semplicemente allucinante. Non solo l’Asl di Milano aveva segnalato già anni fa al Comune la necessità di un intervento immediato rispetto a tutti i manufatti con presenza di amianto, ma lo stato di pericolosità nelle case di via Feltrinelli, di proprietà comunale, è visibile ad occhio nudo: lo stabile è rivestito interamente con materiali contenenti amianto e il processo di sgretolamento è in fase avanzata in diversi punti.
Eppure, ancora stamattina ho potuto vedere con i miei occhi che incredibilmente un gruppo di operai, impegnanti in un trasloco, ha lavorato a contatto diretto con le parti in amianto senza alcuna protezione. Insomma, qualcuno li aveva avvisati dello stato in cui si trova lo stabile dove andavano a lavorare? Chi ha chiamato quella o quelle ditte?
Chiediamo quindi al Comune di Milano e all’Aler, che ora gestisce le case popolari comunali, un immediato chiarimento. E, soprattutto, gli chiediamo di garantire una corretta informazione preventiva a chiunque debba svolgere attività lavorative all’interno dello stabile e il rispetto delle misure di prevenzione e sicurezza.
Con l’amianto non si scherza! Proprio poche settimane fa, il rapporto biennale del Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam) ha sottolineato che sono in aumento i casi di persone colpite da malattie asbesto-correlate di cui non è possibile individuare quando e dove siano stati esposti all’amianto. Siamo ormai al 19,5% del totale, tanto per capirci.
Cioè, si tratta di casi che non sono riconducibili ad esposizione sul luogo di lavoro o ambientale, nelle vicinanze di stabilimenti che lavoravano l’amianto. In altre parole, tra le cause probabili si trovano anche le abitazioni con parti in amianto.
In secondo luogo, chiediamo al Comune che il processo di ricollocazione dei nuclei familiari ancora presenti in via Feltrinelli venga gestito e governato nel rispetto delle regole e del buon senso, nonché in maniera concordata con i sindacati inquilini Unione Inquilini e Sicet.
Infatti, allucinante non è soltanto lo stato palese di pericolosità dal punto di vista dell’esposizione dell’amianto, ma anche molti aspetti del piano di ricollocazione abitativa, che il Comune ha presentato dopo tanti anni di incuranza.
A questo proposito, potremmo parlare della localizzazione delle nuove abitazioni, per lo più in zone lontanissime da Rogoredo, oppure del loro precario stato di manutenzione, per usare un eufemismo. Ma forse basta ricordare che a un signore costretto alla sedia a rotelle è stata proposta un’abitazione che non solo si trova al primo piano senza ascensore, ma che dispone di un bagno non accessibile con la carrozzina.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
qui sotto puoi scaricare le foto scattate stamattina con il cellulare
 

Scarica Allegato
 
Ancora una volta il centrodestra regionale è intervenuto sulla questione casa con il solo obiettivo di fare cassa nel breve periodo, disinteressandosi completamente dei problemi reali vissuti dalle persone reali.
Nel collegato al bilancio sono state approvate infatti due misure, il cui unico senso è recuperare soldi con ogni mezzo: una deroga al limite di vendita del 20% del patrimonio pubblico per i Comuni con meno di 10mila abitanti - che potranno così vendere tutte le case popolari - e l’abolizione dell’obbligo della certificazione energetica per tutti gli edifici Erp (Edilizia residenziale pubblica), compresi quelli di proprietà di fondazioni private o quelli affittati a canone convenzionato.
In altre parole, invece di rilanciare l’edilizia pubblica e riqualificare il patrimonio esistente, si è scelta ancora una volta la politica della svendita. Quanto agli emendamenti proposti dalle opposizioni, ebbene, sono stati liquidati senza nemmeno spiegare il perché.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Si sgomberano le persone per bene, mentre le varie signore Gabetti continuano a rimanere al loro posto. Ecco la morale di quanto avvenuto oggi in via Aretusa 1, a Milano, esattamente ciò che il vicesindaco De Corato cerca di mascherare con il suo ennesimo proclama delirante.
Stamattina un ingente schieramento di polizia in assetto antisommossa ha proceduto allo sgombero coatto di un occupante irregolare di 39 anni, talmente pericoloso che ha spontaneamente aperto la porta quando gli ispettori dell’Aler hanno bussato. Un intervento così esagerato da suscitare la protesta dei vicini, tutti piuttosto allibiti di fronte a tanta esibizione di forza contro una singola persona, conosciuta tra l’altro per la sua disponibilità verso gli altri. Un obiettivo facile, insomma, un uomo che non si è sognato nemmeno di opporre resistenza, ma che può essere facilmente esibito come prova dell’impegno contro l’illegalità.
Andare a sgomberare i delinquenti veri, invece, richiede ben altra energia e coraggio. Tant’è vero che non solo la “signora Gabetti” è ancora al suo posto, ma che il governo cittadino, di cui De Corato fa parte da tempo immemorabile, non riesce ancora a spiegare la sua inerzia di fronte alle segnalazioni circostanziate di tanti anni fa a proposito di alcune situazioni criminose.
Così come è molto più comodo sostenere che l’odierno sgombero è stato fatto per dare la casa a chi sta in graduatoria, piuttosto che spiegare alla cittadinanza i motivi per cui a San Siro, come in altri quartieri, centinaio di appartamenti vengono tenuti vuoti anche per anni, in aperto spregio alla legge che impone di assegnarli immediatamente a chi ne ha diritto.
Tra due giorni si terrà l’incontro tra le organizzazioni sindacali e l’Aler, che tenterà di individuare una soluzione per la “questione abusivi”. Invitiamo pertanto l’Aler e tutte le istituzioni ad utilizzare positivamente la vigilia, sospendendo gli sgomberi, e a non gettare inutilmente benzina sul fuoco.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Finché la questione delle occupazioni abusive nelle case popolari milanesi sarà ostaggio della propaganda politica, non solo il problema non verrà risolto, ma la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Infatti, come ha dimostrato l’esperienza di questi anni, l’aumento del numero di appartamenti occupati irregolarmente è andato di pari passo con l’affermazione della cosiddetta “linea dura” contro gli abusivi.
Fare di tutta l’erba un fascio, mettere tutti sullo stesso piano, il figlio dell’assegnatario rimasto nella casa in cui era nato e il delinquente che ruba la casa all’anziana signora mentre è in ospedale, non è soltanto immorale, ma favorisce l’attuale stato di cose, per cui si sgomberano i deboli e gli “sfigati” per farsi belli in vista della prossima campagna elettorale, mentre i mafiosetti e gli intrallazzati rimangono indisturbati, magari anche per lunghi anni. “Signora Gabetti” docet.
Occorre rompere l’insopportabile equazione “abusivo uguale delinquente” e fare una scelta lungimirante. Cioè, distinguere tra chi può essere oggetto di sanatoria e chi se ne deve andare. Se ne deve andare chi svolge attività criminose negli alloggi, anche se occupante regolare, o chi non ha nemmeno lontanamente i requisiti per poter accedere a una casa popolare. Ma può e deve essere sanata la situazione di chi sta nei requisiti, chi è diventato “abusivo” in seguito a qualche sciocchezza amministrativa o chi si trova in stato di necessità.
Tutto ciò è possibile, persino nel quadro delle attuali norme di legge regionali, a patto che ci sia la volontà politica. E questo significa sospendere immediatamente gli sgomberi ed istituire, con la partecipazione dei sindacati inquilini e dei soggetti che si riterranno necessari, una commissione presso l’Aler di Milano che valuti le situazioni concrete e indichi le opportune soluzioni.
Infatti, l’Aler non gestisce soltanto il patrimonio di sua competenza, ma tra qualche giorno subentrerà anche alla disastrosa gestione privatistica del patrimonio del Comune di Milano. Sarebbe dunque possibile centralizzare tutto il lavoro presso un unico ente, razionalizzando ed evitando inutili perdite di tempo.
Continuare a ragionare su commissioni consiliari comunali o regionali ci pare invece un modo per non affrontare i problemi, per ributtarla di nuovo in propaganda politica.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
L’accordo raggiunto oggi tra il sindacato inquilini Sicet e l’Aler di Milano, che sospende gli sgomberi nelle case popolari per il mese di agosto e convoca un tavolo di confronto per il mese di settembre, è un fatto positivo.
Da troppo tempo la questione degli occupanti in stato di irregolarità nell’edilizia residenziale pubblica viene affrontata nell’ottica della convenienza politica del momento e non nella prospettiva della soluzione del problema, che non si può certo ottenere con approccio sommario, facendo di tutta l’erba un fascio.
Questa maniera di procedere, infatti, ha portato solo al cronicizzarsi del fenomeno. Intanto, i furbi e gli intrallazzati rimangono indisturbati, mentre i soggetti deboli, magari bimbi compresi, finiscono periodicamente sbattuti per strada, com’è successo nelle ultime settimane.
Peraltro, in questi anni non ha trovato applicazione nemmeno la norma della legge regionale n. 27/2007, ove è previsto che di fronte a uno stato di necessità accertato le Aler e i Comuni possono trovare delle soluzioni abitative alternative nel loro patrimonio non classificato Erp.
Una norma certamente non risolutiva, poiché ci vorrebbe anche una modifica del regolamento regionale attualmente in vigore, che esclude a priori e comunque gli occupanti attualmente irregolari dalla possibilità di accedere agli alloggi Erp, anche se in possesso dei requisiti. Cioè, un vero e proprio vicolo cieco.
Auspichiamo pertanto che il tavolo di confronto di settembre sia l’occasione per affrontare complessivamente la questione, compreso il problema degli alloggi sociali lasciati ingiustificatamente sfitti.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Articolo di Luciano Muhlbauer pubblicato su il Manifesto del 16 luglio 2009 (pag. Milano)
 
E infine, dopo settimane di annunci, smentite, commissioni sconvocate e sedute rinviate, martedì sera il Consiglio regionale ha approvato, con il voto contrario di tutte le opposizioni, il “piano casa” della Lombardia, in una versione persino peggiorata rispetto al testo originario.
In tanti speravano invece in un esito diverso, visti i numerosi dissidi nella maggioranza, ma poi è successo l’esatto contrario, cioè il centrodestra si è improvvisamente ricompattato attorno agli interessi e alle spinte provenienti dai gruppi di potere immobiliare che ormai costituiscono il vero governo del territorio a Milano e dintorni.
Certo, la ragione che ha portato di nuovo pace –e che aveva motivato la guerra?- nel centrodestra c’entra poco con l’urbanistica, ma così vanno le cose nel regno di Formigoni. Infatti, mentre il Consiglio dibatteva, in un'altra stanza il “governatore” ha formalizzato le nomine dei nuovi presidenti e direttori generali degli Irccs, cioè della cosiddetta “eccellenza” della sanità lombarda. E a parte il fatto che Comunione e Liberazione ha ribadito il suo strapotere, compresa l’inquietante nomina al vertice della Fondazione Policlinico-Mangiagalli-Regina Elena dell’antiabortista e leader ciellino Giancarlo Cesana, la novità consiste proprio nei posti concessi alla Lega, che si aggiudica il presidente dell’Istituto Tumori e il direttore generale del Besta. Insomma, una poltrona vale ben un po’ di mattoni.
Comunque sia, il prezzo di questo baratto di potere alla fine lo paga il territorio lombardo con una brutta legge, priva di progetto e consistente in una maxi-deroga alle norme urbanistiche ed edilizie e in bonus volumetrici generalizzati, per la durata di 18 mesi, che metterà a dura prova quei comuni che volessero garantire un minimo di controllo e governo della situazione, che aggiunge ulteriore confusione a un quadro normativo sempre più intricato e incoerente e che comporterà densificazione abitativa e consumo del territorio incontrollati. E tutto questo senza nemmeno rispettare i vincoli indicati dall’Accordo Governo-Regioni del 1° aprile scorso, che la stessa Lombardia aveva sottoscritto.
Per dare un’idea di che cosa stiamo parlando, ma senza perderci nei tecnicismi, basti ricordare che queste deroghe consentiranno di ampliare del 20% gli edifici residenziali della dimensione fino a 1200 metri cubi. In caso di sostituzione, cioè di demolizione e ricostruzione, il bonus volumetrico arriva invece al 30% (al 35% se ci metti anche qualche albero) e questo sarà possibile anche con edifici non residenziali, con tutte le annesse preoccupazioni circa la salvaguardia delle attività produttive.
Nel caso dei quartieri popolari, cioè di edilizia residenziale pubblica, il bonus arriva fino al 40%, viene calcolato sulla base della volumetria complessiva esistente nel quartiere e può concretizzarsi anche in nuove costruzioni. E come se non bastasse, la volumetria aggiuntiva generata dall’edilizia pubblica può essere ceduta dalle Aler e dai Comuni a dei soggetti privati. Certo, c’è il vincolo della destinazione ad alloggi Erp, ma questo concetto significa ormai di tutto e di più. Anzi, nel caso in esame, significa tanta edilizia convenzionata e poca o nulla edilizia sociale.
Va poi rammentato che tutte le deroghe e i bonus, sebbene con qualche vincolo in più, valgono anche nei centri storici e nei parchi.
Infine, tra i peggioramenti introdotti dal Consiglio di martedì va segnalata l’abolizione dell’obbligo di “produrre al comune” l’attestato di certificazione energetica ad intervento edilizio terminato. Sarà poca cosa in mezzo a tanto mattone libero, ma considerato che la presunta bontà di questa legge veniva giustificata con l’incentivo al risparmio energetico, forse questo particolare spiega molto più di tante parole.
 
qui sotto puoi scaricare il testo integrale del “piano casa” (la numerazione della legge è ancora provvisoria)
 

Scarica Allegato
 
Oggi il Consiglio regionale, con i soli voti favorevoli del centrodestra, ha approvato un brutto “piano casa”, persino peggiorato rispetto alla sua versione originaria licenziata dalla Giunta.
Infatti, stamattina l’Assessore leghista Boni ha presentato una ventina di emendamenti che in larga parte sono la fotocopia di quelli presentati a suo tempo in Commissione -e poi ritirati- dal forzista Bordoni. In altre parole, la maggioranza si è ricompattata, attestandosi sulle posizioni più oltranziste e più vicine agli interessi immobiliari forti che spadroneggiano a Milano.
Il risultato è un “piano casa” che va ben oltre i limiti stabiliti dallo stesso Accordo Governo-Regioni del 1° aprile scorso, aprendo i centri storici e le aree verdi alle deroghe edilizie e ai bonus volumetrici, allargando a dismisura la platea di edifici ai quali è possibile applicare la sospensione delle regole edilizie e permettendo la cessione ai privati delle volumetrie aggiuntive generate dalle case popolari. È stato addirittura abolito l’obbligo di “produrre al comune” l’attestato di certificazione energetica, sostituendolo con un molto più vago e meno impegnativo “dotarsi”.
Difficilmente questo “piano” potrà produrre effetti benefici in termini di ripresa economica e posti di lavoro, ma in cambio produrrà un certo impatto negativo sul territorio e un’ulteriore confusione normativa, vero e proprio regno di furbi e furbetti.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
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