Blog di Luciano Muhlbauer
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
di lucmu (del 24/10/2005, in Casa, linkato 1007 volte)
Il gruppo consiliare regionale di Rifondazione Comunista esprime il suo sostegno alla mobilitazione promossa dal coordinamento dei comitati inquilini (Comitato inquilini  Molise-Calvairate-Ponti, Forum Q.re Mazzini, Gratosoglio informa, gruppo lavoro Q.re San Siro, Caritas di S. Pio V e S. Eugenio, Ass. Luisa Berardi, Sicet e Unione Inquilini) e aderisce al presidio che si terrà oggi alle ore 17.00 davanti a Palazzo Marino.
Da lunghi mesi gli inquilini delle case popolari milanesi coinvolti nel Programma Contratti di Quartiere II denunciano in tutte le sedi istituzionali il non rispetto di uno dei principali capisaldi dei CdQ, cioè la progettazione partecipata. Protestano anche i Consigli di Zona, in particolare quello di zona 4. Il 23 maggio il Consiglio Comunale di Milano vota all’unanimità la richiesta di proroga dei termini per la progettazione partecipata e lo stesso Assessorato regionale, su sollecitazione dei consiglieri dell’Unione (interpellanza del 5 luglio), afferma di sostenere la richiesta di proroga e riconosce che a Milano le cose in buona parte non sono andate come dovevano .
Malgrado tutto ciò la proroga non arriva. L’assessore regionale Borghini dice di non preoccuparsi, senza tuttavia mettere in campo alcuna iniziativa concreta, mentre  a fine Settembre  l’impagabile Guido Manca nega persino l’evidenza e passa all’insulto pubblico contro i cittadini-inquilini, che altro non sarebbero che ‘professionisti della mistificazione’ dediti alla ‘demagogia parolaia’.
Questa è la breve cronaca di una vicenda che lascia sbigottiti. Eppure, lo strumento dei contratti di quartiere ha dato buona prova di sé in altri paesi europei, dove viene utilizzato da anni. Ma ovunque abbia funzionato, la chiave stava nel coinvolgimento e nella partecipazione effettiva degli abitanti e dei soggetti presenti sul territorio. Qui a Milano, invece, la partecipazione è stata negata, ridotta a una triste farsa, con il risultato che tra le circa mille famiglie, spesso anziani, che dovrebbero lasciare per due anni la loro casa prevale la preoccupazione o addirittura l’angoscia.
Altro che riqualificazione! Oggi il rischio concreto è quello dell’occasione perduta, dello  spreco di risorse pubbliche e del peggioramento della situazione. Occorre cambiare strada prima che sia troppi tardi, a partire dalla direzione dell’Aler, che brilla per autismo politico, e soprattutto dal Comune di Milano, che semplicemente ha il dovere di ascoltare i cittadini e le cittadine.
Le proposte avanzate dai comitati inquilini, anzitutto quello dell’apertura di tavoli di lavoro per la riprogettazione degli interventi, sono sensate e responsabili. Sarebbe altrettanto sensato e responsabile accoglierle.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
 
Tredici consiglieri regionali dei gruppi di Prc, Verdi, Ds, Margherita, PdCI, Italia dei Valori, Uniti nell’Ulivo e Pensionati hanno oggi depositato una interpellanza con la quale si chiede l’annullamento della delibera n. 19904/2004 della Giunta regionale. Tale delibera aveva introdotto l’obbligo per gli inquilini degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, di proprietà Aler e comunali, di pagare di tasca propria le spese di amministrazione e generali.
“Se non fosse scritto nero su bianco, si potrebbe pensare ad uno scherzo di cattivo gusto –afferma Luciano Muhlbauer, consigliere del Prc e primo firmatario dell’interpellanza - Non si sono infatti mai visti contratti di affitto, sia nell’edilizia privata che in quella pubblica, che prevedono che le spese di amministrazione siano a carico dell’inquilino. Ed è ovvio che sia così, poiché l’amministratore viene nominato dalla proprietà e ad essa risponde in maniera esclusiva”.
“E come se non bastasse –prosegue Muhlbauer- la normativa regionale è talmente generica che non indica nemmeno criteri applicativi univoci. La conseguenza è che gli enti gestori lombardi, Aler o Comuni che siano, si stanno muovendo in ordine sparso e in maniera assolutamente difforme, non soltanto rispetto ai tempi di applicazione (l’Aler di Milano lo impone a partire dal 1/1/2006), ma soprattutto rispetto ai criteri. Ci sono enti gestori che non richiedono il pagamento, altri chiedono un rimborso forfetario per unità abitativa oppure sulla base della superficie e altri ancora lo chiedono in base a giustificativi di spesa”.
“Insomma –conclude Muhlbauer-  al danno si aggiunge la beffa. Non soltanto gli inquilini delle case popolari lombarde sono vittime di una sorta di appropriazione indebita, che si può tradurre per gli inquilini di prima fascia (reddito annuo fino a 8.800 euro) in un aumento fino al 50% di quanto pagato per l’alloggio, ma sono altresì esposti a una grande confusione applicativa e quindi a trattamenti arbitrari. Due buone e pressanti ragioni, dunque, per procedere immediatamente all’abrogazione di questa normativa vergogna”.
 
Comunicato stampa
 
qui puoi scaricare l’interpellanza

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di lucmu (del 02/02/2006, in Casa, linkato 1407 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 2 febbr. 2006 (pag. Milano)
 
Rifondazione Comunista ha presentato una proposta di legge regionale per la requisizione temporanea delle case sfitte. Una iniziativa analoga è già stata presentata in Regione Liguria e prende spunto dall’esperienza fatta dal X Municipio del Comune di Roma.
La proposta di legge prevede la possibilità per i Comuni lombardi ad alta tensione abitativa di poter requisire per un periodo di 18 mesi, motivatamente rinnovabili per una sola volta per altri 18 mesi, gli alloggi sfitti da almeno un anno. Le unità immobiliari requisite verrebbero poste nelle disponibilità dell’ALER territorialmente competente e assegnate agli aventi diritto sulla base delle graduatorie già approvate dai Comuni, dando priorità alle persone sottoposte a sfratto esecutivo e alle giovani coppie.
Dalla possibilità di requisizione sono comunque escluse le prime e le seconde abitazioni, mentre a tutela dei diritti delle proprietà colpite dal provvedimento sono definite una serie di misure, come la garanzia della restituzione dell’immobile nelle condizioni originarie, l’esenzione dal pagamento dell’ICI e la corresponsione dell’80% del canone di locazione.
Le aree metropolitane lombarde, in particolare quella milanese, stanno marciando diritto verso una vera e propria emergenza casa. Il fabbisogno abitativo aggiuntivo nella sola provincia di Milano è stimato tra 100 e 140mila alloggi per i prossimi dieci anni, mentre il mercato immobiliare è sempre più drogato e distorto. I prezzi delle case e gli affitti sono aumentati in maniera sproporzionata e le speculazioni edilizie si stanno moltiplicando. Non a caso, la percentuale di alloggi sfitti nella città di Milano, attualmente l’8% del patrimonio abitativo complessivo, è assolutamente superiore alla media delle grandi città europee. A tutto ciò si aggiunga che a Milano sono 10mila gli sfratti in arrivo in questo inizio 2006 e 19mila sono le famiglie in graduatoria per l’assegnazione di una casa (di cui 2000 in graduatoria di emergenza).
La politica regionale in materia di edilizia residenziale pubblica è assolutamente inadeguata a fare fronte alla drammaticità della situazione e, inoltre, rinuncia a qualsiasi intervento teso a contrastare le speculazioni e a calmierare il mercato. La proposta di legge di Rifondazione Comunista ha dunque un duplice scopo. Anzitutto, quello di una risposta immediata all’emergenza sfratti e, in secondo luogo, quello di disincentivare, con la possibilità di requisizione, le speculazioni edilizie e favorire la messa sul mercato degli alloggi tenuti vuoti o in stato di abbandono.
E, per favore, non si dica che si tratta di una proposta estremista, visto che lo stesso TAR del Lazio ha riconosciuto, con sentenza di fine gennaio, la legittimità della requisizione di alloggi sfitti.
 
qui puoi scaricare il testo del PdL

Scarica Allegato
 
Il centrodestra lombardo ha dato il via libera all’investimento di 10 milioni di euro nel “Fondo Abitare Sociale 1”, in occasione dell’ultima riunione della V commissione consiliare. Rifondazione Comunista e Italia dei Valori hanno espresso voto contrario, mentre Ds, Margherita e Verdi si sono astenuti.
Con questa operazione Regione Lombardia acquista il 20% del fondo controllato da Nextra Investment Management Sgr spa, una società a sua volta controllata da Banca Intesa. Una iniziativa che non ha precedenti, come riconosce lo stesso centrodestra, e che solleva numerosi dubbi, anzitutto in virtù dell’assenza di garanzie reali circa le sue finalità sociali.
Secondo la maggioranza del Pirellone, l’esborso di 10 milioni di euro di denaro pubblico a favore di un fondo privato sarebbe giustificato dal fatto che due terzi degli alloggi costruiti dal Fondo andranno a favore di famiglie bisognose. Un’affermazione azzardata, alla luce di quanto scritto effettivamente nel regolamento del fondo, laddove abbondano invece gli impegni generici e poco trasparenti. Infatti, l’unico “impegno” è quello di garantire canoni di locazione “inferiori al livello di mercato”, senza però dire di quanto inferiori, mentre per il resto ci si limita a un fumoso “cercando di massimizzare” gli alloggi locati a canone moderato, convenzionato o sociale. Un po’ poco per sbandierare le finalità sociali, ci pare.
Quanto alla garanzia rappresentata dal diritto di veto del rappresentante regionale nel comitato tecnico di controllo del fondo, denominato Advisory Committee e composto da sette membri, ci permettiamo di avanzare ulteriori dubbi. Anzitutto, il rappresentante regionale è nominato direttamente dall’assessore Borghini, escludendo pertanto ogni funzione di controllo diretto da parte del Consiglio, e, in secondo luogo, si tratta di un diritto di veto vincolato in ultima istanza all’accordo con il Presidente del comitato tecnico, il quale è di nomina della Fondazione Housing Sociale, cioè di Banca Intesa.
Si tratta della prima volta che Regione Lombardia traduce in pratica ciò che da tempo annuncia. Ovvero, che inizia l’era della collaborazione privato-pubblico in materia di edilizia residenziale pubblica. E inizia nell’unico modo possibile, cioè rinunciando alla trasparenza, all’efficacia sociale e ad un controllo pubblico degno di questo nome. E non potrebbe essere diversamente, poiché il privato pretende che il capitale investito sia remunerato, mentre il pubblico dovrebbe preoccuparsi di garantire l’accesso alla casa a tutti, a cominciare dai settori socialmente più svantaggiati.
Banca Intesa fa il suo mestiere, ma la stessa cosa non si può dire della Giunta Formigoni che oggi sottrae 10 milioni di euro ai fondi per l’edilizia residenziale pubblica, per affidarli al buon cuore di Banca Intesa.
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
di lucmu (del 20/02/2006, in Casa, linkato 1001 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberamente di genn.-febbr. 2006
 
Di casa si parla spesso, ma quasi sempre a spizzichi e bocconi. Il dibattito politico che ne consegue risulta monco e reticente. In altre parole, si elude il vero nodo della questione, che così possiamo riassumere: mentre all’orizzonte si profila una vera e propria emergenza sociale, la questione abitativa è relegata al margine dell’agenda politica. Una marginalità che si riscontra spesso anche a sinistra, ahimé compreso il nostro partito. Beninteso, in Rifondazione non manca la sensibilità e la consapevolezza, ma sui territori scarseggia frequentemente la strategia e l’iniziativa.
Per cogliere meglio la dimensione del problema è sufficiente ricordare alcuni dati relativi al capoluogo lombardo. Una recente indagine ha calcolato il fabbisogno abitativo aggiuntivo per i prossimi dieci anni attorno 100-140mila alloggi in provincia di Milano. Nel frattempo, in città circa 24mila abitazioni sono state erose dalle attività economiche, mentre i prezzi degli immobili e gli affitti sono schizzati alle stelle. Tanto per capirci, 90 mq in una zona semicentrale a Milano valevano 7,6 stipendi annuali dieci anni fa, mentre oggi ne valgono ben 9,8. Le speculazioni edilizie hanno campo libero, facendo sì che l’8% del patrimonio abitativo milanese sia ormai sfitto o abbandonato, mentre le graduatorie per le case popolari si stanno ingrossando, con le loro 19mila famiglie in attesa, di cui 2000 in graduatoria d’emergenza.
Di fronte a questa situazione presente e futura la Giunta Formigoni -ma anche il Comune di Milano- punta tutto sull’imperativo della progressiva dismissione del patrimonio e dell’intervento pubblico, per affidarsi alle magnifiche sorti di un mercato sempre più inaccessibile per interi settori sociali, colpiti come sono dai bassi salari e dalla precarietà del lavoro e del reddito. Infatti, gli ultimi provvedimenti in materia di edilizia residenziale pubblica, già adottati o in via di adozione, portano questo marchio indelebile, come il declassamento dell’erp da servizio pubblico a “servizio di interesse economico generale” e la conseguente apertura ai capitali privati. Esempio lampante, nonché pionieristico, la recente decisione di sottrarre 10 milioni di euro all’edilizia pubblica per investirli in un fondo di housing sociale controllato da Banca Intesa.
Ad aggravare ulteriormente il quadro interviene la situazione nazionale, considerato che oltre il 90% dell’edilizia pubblica è tuttora finanziata da fondi statali che vengono dal passato. Stiamo parlando dei fondi ex-Gescal, costituiti dai prelievi sulla busta paga dei lavoratori dipendenti e riscossi fino al 1998. Di conseguenza, l’entità dei trasferimenti statali alle Regioni caleranno progressivamente, fino al loro definitivo esaurimento attorno al 2020. Infatti, lo stanziamento regionale per l’edilizia residenziale pubblica per gli anni 2006-2008 è praticamente dimezzato rispetto al periodo precedente.
Il centrodestra lombardo pare pienamente consapevole che la sua politica è incapace di rispondere alla crescente domanda sociale di abitazioni, visto che sceglie consapevolmente di aggiungere al danno anche la beffa. Questo vale sia per l’insana trovata di far pagare agli inquilini delle case popolari le spese per l’amministrazione, che per l’odiosa, inutile e incostituzionale discriminazione che impone cinque anni consecutivi di residenza per poter accedere ai bandi. Insomma, non si affronta il problema, ma in cambio si fomenta un po’ di guerra tra poveri.
Di fronte a questo stato di cose occorre cambiare marcia, radicalmente e subito. Ecco perché i consiglieri regionali del Prc, tra le altre cose, hanno presentato una proposta di legge regionale per la requisizione temporanea delle case sfitte, fatte salve tutte le garanzie per la proprietà ed escluse le prime e seconde abitazioni. La destra e parte della sinistra moderata hanno subito gridato allo scandalo, anzi all’esproprio proletario. Una sciocchezza terrificante, visto che non solo il Tar del Lazio ha considerato legittimo requisire, ma lo stesso Prefetto di Roma le sta ipotizzando. Il vero scandalo sta da un’altra parte, cioè nel considerare normale e socialmente accettabile che percentuali significativi del patrimonio abitativo vengano lasciati in stato di abbandono prolungato per motivi speculativi, mentre migliaia di famiglie e persone si vedono negato il diritto alla casa. Un segno dei tempi, dirà qualcuno, ma soprattutto di una politica cieca, fastidiosamente di classe e subalterna all’ideologia del primato del privato.
Certo, la requisizione temporanea non risolverebbe tutti i problemi e ben altro ci vuole, ma sarebbe almeno un punto di partenza, un indizio concreto che si vuole cambiare strada e affrontare finalmente una situazione straordinaria con mezzi straordinari, ridando centralità all’intervento pubblico e ai bisogni dei ceti popolari.
 
 
di lucmu (del 14/03/2006, in Casa, linkato 984 volte)
Il centrodestra lombardo è sempre più lacerato dalle polemiche interne e dalla candidatura al Senato di Formigoni. Ciononostante, oggi la maggioranza ha forzato l’approvazione di uno dei provvedimenti più contestati e più odiosi, cioè le modifiche al regolamento di accesso alle case popolari.
Con questo voto la discriminazione e la demagogia diventano legge.
Non solo viene confermato il folle criterio della legge regionale n. 7 del febbraio 2005, per cui quanti non dispongono di cinque anni di residenza continuativa in Lombardia non possono nemmeno presentare domanda di alloggio di edilizia residenziale pubblica. Ma da oggi in poi la residenza farà punteggio anche per quanti riescono ad accedere alla graduatoria. E secondo una simulazione, l’applicazione del nuovo criterio porterà a invertire le posizioni in graduatoria nella misura del 22%, penalizzando dunque numerose famiglie in condizioni di grande disagio.
Insomma, siamo di fronte a uno snaturamento della funzione dell’edilizia pubblica, che è quella di rispondere a un bisogno sociale e prevenire il prodursi di emergenze abitative. Tanto che il Tar aveva già bocciato una norma analoga di Regione Lombardia due anni fa. E per quale motivo non dovrebbe respingerla anche questa volta?
Introdurre in maniera così pesante il criterio della residenzialità significa togliere efficacia all’intervento abitativo pubblico, specie in aree metropolitane come Milano, caratterizzate da una grande mobilità in entrata e uscita. Il centrodestra, evidentemente ben consapevole dell’insufficienza della propria politica di fronte al crescente fabbisogno di abitazioni, ha scelto consapevolmente di puntare sulla demagogia e sulla discriminazione. Il risultato, è facile prevederlo, sarà un po’ di guerra tra poveri. Complimenti presidente-senatore Formigoni!
 
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
di lucmu (del 06/06/2006, in Casa, linkato 1508 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 6 giugno 2006 (pag. Milano)
 
La vasta operazione di polizia nell’ex residence di via Cavezzali 11, iniziata attorno alle 7.00 di stamattina e svoltasi senza violenze, ha portato a due arresti per detenzione di stupefacenti, alla traduzione in questura per accertamenti di una settantina di cittadini stranieri e a 57 denunce per occupazione abusiva.
Lo stabile di via Cavezzali, con i suoi 198 appartamenti è da tempo abbandonato al degrado e alle speculazioni di molte immobiliari, senza che nessuna autorità fosse mai intervenuta. Una situazione che ha favorito l’insediamento di sacche di marginalità sociale e di delinquenza e che è diventata sempre più insostenibile per la maggioranza degli inquilini. Nemmeno le ripetute denunce dei residenti, in prevalenza immigrati, a polizia e carabinieri avevano portato a qualche risultato. E così si arrivò a quel 27 febbraio, quando uno dei vigilantes assoldati dalle proprietà immobiliari per riscuotere gli affitti, uccise con un colpo di pistola un inquilino, Abdel Khalek Nakab.
Sono questi i fatti che ci portano all’intervento della Questura di stamattina. E, non a caso, diversi inquilini nordafricani da me interpellati hanno espresso il loro favore verso l’operazione. Eppure, oggi si è intervenuto soltanto sul gradino più basso, e più debole, della scala sociale e se tutto si ferma qui, passerà poco tempo e tutto tornerà come prima. Le responsabilità del degrado e dell’illegalità stanno anzitutto in alto, nelle molte proprietà immobiliari che hanno potuto speculare e sfruttare impunemente, grazie alla non curanza da parte delle istituzioni locali.
Chiediamo quindi con forza che ci siano un’indagine seria e un intervento deciso sulle immobiliari e sui loro affari. È questa la condizione sine qua non per poter ristabilire un clima di vivibilità e legalità nello stabile di via Cavezzali. Altrimenti quanto avvenuto oggi si risolverà in un’ennesima operazione d’immagine, di cui davvero non sentiamo il bisogno.
 
Diminuzione significativa dei fondi per l’edilizia popolare e riduzione ancora più accentuata degli investimenti destinati all’aumento dell’offerta abitativa, in particolare quella rivolta alle fasce sociali più disagiate. È questo il succo del programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp) 2006-2008, predisposto dalla giunta Formigoni e ora in discussione nella competente commissione consiliare.
Per dirla con i numeri il programma triennale precedente disponeva di quasi 1.200 milioni di euro, mentre ora di appena 410 milioni. Prima, il 67% dei fondi era destinato alla realizzazione e riqualificazione di alloggi, ora soltanto il 54%, e la quota destinata alle case a canone sociale si è ridotta addirittura dal 64% al 30%. Cioè, in tre anni e in tutta la Lombardia si prevede che le Aler potranno aumentare l’offerta abitativa per le fasce più bisognose di misere 824 nuove unità.
Ma la cosa davvero incredibile è che tutto questo avviene esattamente nel momento in cui nelle aree metropolitane lombarde, in primis quella milanese, si sta marciando diritto verso una nuova emergenza abitativa, fatta di crescenti difficoltà di accesso alla casa per i ceti popolari e gli immigrati, di contratti di quartiere che nel capoluogo non funzionano proprio e di riqualificazioni che non arrivano mai. E così rimangono inascoltate anche le più recenti inchieste sul fabbisogno abitativo, nonché le segnalazioni sia dell’Anci Lombardia che dei sindacati inquilini, i quali hanno fatto rilevare che quello che maggiormente manca è esattamente l’edilizia sociale.
Beninteso, non viviamo sulla luna e sappiamo bene che c’è un grave e irrisolto problema di finanziamento dell’edilizia residenziale pubblica dopo la fine dei fondi ex-Gescal e che la Regione da sola non può certo risolverlo. Ma fa davvero specie, per usare un eufemismo, che il governo regionale lombardo, di fronte all’aggravarsi della questione abitativa, dica di non poter trovare più di 410 milioni di euro - peraltro comprensivi dei fondi statali! -, mentre per lo stesso triennio 2006-2008 ha messo in bilancio senza battere ciglio la bellezza di 470 milioni per la sua nuova sede amministrativa.
Non è dunque un mero problema di ristrettezza economica ma soprattutto di priorità. A noi pare che il diritto alla casa per i lombardi, siano essi nati qui o appena arrivati, sia ben più importante della nuova e superlativa sede di Regione Lombardia, considerato altresì che il Pirellone è stato appena ristrutturato e messo a nuovo. Quindi, se davvero non ci sono altri capitoli di bilancio a cui attingere, cosa di cui ci permettiamo di dubitare, allora Formigoni rinunci alla sua nuova e per nulla urgente torre di cemento.
 
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
di lucmu (del 27/11/2006, in Casa, linkato 1184 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberamente di novembre-dicembre 2006
 
Quando leggerete questo articolo, il Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp) 2007-2009 sarà già stato approvato. Tuttavia, essendo, ahinoi, più che improbabile che il centrodestra accetti delle modifiche sostanziali, possiamo sin d’ora esprimere la nostra preoccupazione e il nostro giudizio completamente negativo.
Infatti, siamo di fronte a una riduzione secca dei fondi e a una diminuzione ancora più accentuata degli investimenti destinati all’aumento dell’offerta abitativa. Per dirla con i numeri, il programma triennale 2002-2004 disponeva di quasi 1.200 milioni di euro, mentre ora si prevedono appena 513 milioni, peraltro comprensivi dei fondi statali, mentre l’allocazione delle risorse disponibili subisce un vero e proprio rovesciamento a favore del sussidio della domanda (fondo sostegno affitti, acquisto prima casa) che ora assorbe oltre il 49% del totale, mentre nel triennio precedente non superava il 26%. A farne le spese, ovviamente, gli investimenti per aumentare il patrimonio pubblico.
Certo, l’unanime levata di scudi di opposizione, sindacati inquilini e Anci, aveva provocata qualche modesto aggiustamento rispetto alla proposta originaria, ancora più povera di fondi e scandalosamente punitiva con gli alloggi a canone sociale, ma il risultato finale riconferma ampiamente la direzione di marcia che intende imboccare la Giunta Formigoni in materia di case popolari.
Beninteso, non viviamo sulla luna e sappiamo bene che c’è un grave e irrisolto problema di finanziamento dell’edilizia residenziale pubblica, poiché ai fondi ex-Gescal non è ancora stata trovata un’alternativa valida, e che le Regioni non possano risolvere il problema da sole. Ma nel nostro caso non siamo di fronte ad un semplice limite imposto dall’esterno, bensì ad una precisa scelta politica. Infatti, basta spulciare velocemente il bilancio regionale per rendersi conto che i soldi si trovano tranquillamente quando interessa a Formigoni. Ci riferiamo ad esempio al fatto, per rimanere in tema di mattoni, che vengono stanziati la bellezza di 470 milioni per la nuova e superlativa sede amministrativa della Regione, per nulla necessaria e funzionale unicamente ai sogni di grandeur del “governatore”.
Meno fondi dunque, ma soprattutto meno nuovi alloggi, specie quelli destinati alle fasce sociali più bisognose. Così, nel triennio precedente si prevedevano 5.651 nuovi alloggi a canone sociale, ora soltanto 1.825. Una scelta apparentemente incomprensibile, viste non sole le più recenti inchieste sul fabbisogno abitativo, ma altresì le segnalazioni dei comuni lombardi e dei sindacati inquilini, i quali fanno rilevare che oggi vi è anzitutto scarsità di offerta abitativa rivolta ai settori sociali più svantaggiati. Ma appunto, le apparenze ingannano, e il tutto diventa leggibile se consideriamo la parola d’ordine dell’autofinanziamento del sistema che pervade l’intero Prerp.
La crisi del finanziamento pubblico funge in questo modo da potente alibi per aprire l’edilizia residenziale pubblica ai criteri di gestione privatistici o direttamente al privato, sia nella versione no profit che in quella profit. E così i dirigenti delle Aler non perdono occasione per invocare il problema della “redditività necessaria e sufficiente” del patrimonio pubblico affidato alla loro gestione, poiché “gli affitti sono determinati in funzione dei parametri di povertà delle famiglie senza tener conto dei parametri oggettivi relativi ai costi gestionali e manutentivi degli edifici”. Mentre l’ingresso dei privati dovrebbe essere stimolata mediante una strisciante revisione del concetto di edilizia residenziale pubblica, dove sempre di più trova spazio il principio del cosiddetto “mix sociale”, cioè interventi edilizi che affianchino in maniera crescente al canone sociale quelli più redditizi (convenzionato, concordato, finanziario, speciale ecc.).
Per concludere, esattamente nel momento in cui nelle aree metropolitane lombarde, in primis quella milanese, si sta marciando diritto verso una nuova emergenza abitativa -fatta di crescenti difficoltà di accesso alla casa per i ceti popolari e gli immigrati, di contratti di quartiere che nel capoluogo non funzionano proprio e di riqualificazioni che non arrivano mai- si imbocca la strada della smobilitazione dell’intervento pubblico e dell’abbandono al loro destino dei settori sociali più deboli.

E il nuovo Prerp rischia di essere soltanto il primo passo, poiché a breve toccherà ad altri provvedimenti, come quello relativo alla riforma dei canoni. Una strategia di stravolgimento della missione dell’edilizia residenziale pubblica, che è quella di rispondere ad un bisogno sociale, che va contrastata in ogni modo.

 
di lucmu (del 29/11/2006, in Casa, linkato 1162 volte)
Oggi la V Commissione consiliare ha dato il via libera, a maggioranza, al Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp) 2007-2009, che dunque verrà discusso in Aula il 5 dicembre prossimo.
Pur riconoscendo al nuovo assessore alla partita una disponibilità al dialogo ben diversa rispetto a quella del suo predecessore non possiamo che riconfermare il nostro giudizio decisamente negativo e preoccupato sul provvedimento della Giunta regionale. Infatti, mentre tutte le stime relative al fabbisogno abitativo nella nostra regione, in particolare nelle aree metropolitane, segnalano una crescente insufficienza dell’offerta rispetto alla domanda, la Giunta Formigoni non trova niente di meglio che tagliare drasticamente le risorse destinate alle politiche per la casa, specie per quanto riguarda la realizzazione e la riqualificazione degli alloggi.
Per dirla con i numeri, il programma triennale precedente disponeva di quasi 1.200 milioni di euro, mentre ora si intendono stanziare appena 512 milioni, comprensivi peraltro dei fondi statali. Un taglio che colpisce quasi esclusivamente gli investimenti sull’edilizia residenziale pubblica, che scendono così dagli 810 milioni di prima ai miseri 233 di oggi.
Ci pare davvero incredibile che tutto questo avvenga esattamente nel momento in cui si sta marciando diritto verso una nuova emergenza abitativa, fatta di crescenti difficoltà di accesso alla casa per i ceti popolari, che si tratti di cittadini italiani o stranieri, di contratti di quartiere che nel capoluogo non funzionano proprio e di riqualificazioni che non arrivano mai. E così rimangono inascoltate anche le voci sia dell’Anci Lombardia che dei sindacati inquilini, i quali hanno fatto rilevare come ciò che maggiormente manca è proprio quella parte di edilizia destinata ai settori sociali più disagiati.
E, francamente riteniamo fuori luogo l’argomento secondo cui non ci sarebbero i soldi, poiché basta spulciare il bilancio regionale per scoprire, ad esempio, che sono stati stanziati tranquillamente 470 milioni di euro per la nuova e superlativa sede amministrativa della Regione. Quindi, se i soldi davvero non ci sono, cosa di cui ci permettiamo di dubitare, allora Formigoni rinunci alla sua, per nulla urgente, torre di cemento e vetro.
A noi pare che le difficoltà di finanziamento fungano piuttosto da utile alibi per aprire l’edilizia residenziale pubblica a criteri di gestione privatistici e direttamente al privato. Certo, così i conti dell’Aler saranno forse più equilibrati e qualche immobiliare potrà fare un po’ di affari in più, ma in cambio si consegnerebbero le fasce sociali più deboli all’abbandono.
Per questi motivi chiediamo ancora una volta che la maggioranza di centrodestra cambi radicalmente strada, reperendo nuove risorse e soprattutto destinandole all’aumento dell’offerta abitativa per i ceti popolari.
 
comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
 
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