Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
“Vivos se los llevaron y vivos los queremos” (vivi li hanno presi, vivi li rivogliamo) si grida oggi in Messico nelle crescenti proteste per i 43 studenti della Escuela normal rural di Ayotzinapa, sequestrati il 26 settembre scorso dalla polizia di Iguala, stato del Guerrero, mentre si recavano a una manifestazione. Da allora di loro non si sa più nulla, sono desaparecidos, “scomparsi”.
“Vivos se los llevaron y vivos los queremos” era riecheggiato innumerevoli volte nelle piazze dell’America Latina, ovunque ci fossero dei desaparecidos, cioè degli oppositori politici e attivisti sociali fatti “scomparire”, per poi finire quasi sempre torturarti e ammazzati. Dalle nostre parti però, quando sentiamo la parola desaparecido, difficilmente pensiamo al Messico di oggi, ma piuttosto ci immaginiamo gli anni 70-80 e paesi come il Cile e l’Argentina, El Salvador e il Guatemala.
Eppure, anche in Messico, sebbene questo paese non abbia vissuto la tragedia della dittatura militare, i desaparecidos e le esecuzioni extragiudiziarie ci sono sempre stati, per lo più nelle zone rurali. In tempi recenti, poi, si è aggiunto anche il crescente potere delle organizzazioni dei narcotrafficanti, i cui gruppi paramilitari agiscono protetti spesso dai legami con settori della polizia e con il corrotto potere politico. Non è un caso, infatti, che nel caso della “scomparsa” dei 43 studenti l’ipotesi più accreditata sostenga che la polizia abbia consegnato i sequestrati a una banda di narcos (per una cronaca dei fatti vedi l’articolo su liberainformazione).
Il caso dei 43 studenti, per infame e enorme che sia, non può dunque essere definito un inedito. Ma è stato il caso che ha generato una reazione in tutto il Messico. Da due mesi c’è una crescente mobilitazione popolare che chiede verità e giustizia, che dice basta e che mette sul banco degli accusati l’insieme del sistema di potere che domina in Messico.
La mobilitazione ha anche oltrepassato i confini del Messico: il 20 novembre scorso c’è stata una prima Giornata globale di azione, con mobilitazioni in diversi paesi. Per ora l’Italia non ha brillato per partecipazione e il 20 ci sono state soltanto piccole iniziative, costruite grazie al prezioso impegno di alcuni realtà più sensibili, come nel caso del presidio a Milano.
Ma importante è non fermarsi e così, il 26 novembre, a due mesi esatti dal sequestro e alla “scomparsa” dei 43 , è prevista una nuova mobilitazione, che stavolta qui da noi vede anche l’impegno di Libera e della Rete della Conoscenza. L’appuntamento milanese è mercoledì 26 novembre, dalle ore 16.00 al Consolato del Messico, in C.so Giacomo Matteotti 1 (MM San Babila).
E se potete, partecipate!
Luciano Muhlbauer
A Milano sarà una settimana di mobilitazioni. Mercoledì 8 ottobre, quando in città si riuniranno i capi di Stato e di governo europei per un vertice sul lavoro, ci sarà lo sciopero della Fiom, un corteo che alle 9.30 partirà da piazzale Lotto e un presidio in piazza Türr. Venerdì 10 toccherà poi agli studenti e sabato 11 ci sarà il corteo promosso dalla Rete Attitudine NoExpo.
Lavoro, precarietà, diritti, scuola pubblica, grandi opere e grandi eventi. Insomma, tutti i temi centrali di questa fase saranno in qualche modo sul piatto e oggetto di iniziativa sociale e politica. Sarà dunque una settimana da tenere d’occhio, per capire che aria tira in città in questo autunno, se prevarrà ancora la passività oppure se ci saranno segni di risveglio. Ma sarà anche una settimana da riempire con la nostra partecipazione, poiché la passività non si vince stando alla finestra, ma questo lo sapevate già.
Andiamo con ordine però. Mercoledì 8 ottobre, nel MiCo Conference Centre a Fieramilanocity, si terrà finalmente quella conferenza dell’Unione europea che era stata più volte annunciata e poi spostata. Ma ora ci siamo ed è il momento che Renzi intende utilizzare per esibire il Jobs Act, cioè la determinazione del governo italiano di fare i suoi compiti, di demolire quello che resta dei diritti dei lavoratori e di fare a pezzi l’idea stessa di sindacato come organizzazione autonoma e indipendente dei lavoratori. Non si tratta dunque di una mera questione di articolo 18 (del quale abbiamo parlato nel nostro recente articolo), bensì della questione di fondo, cioè del modello sociale.
La prima ad annunciare una mobilitazione in occasione del summit è stata la Fiom, che per l’8 ottobre ha promosso lo sciopero dei metalmeccanici su tutto il territorio della provincia di Milano e lanciato una manifestazione di piazza, con appuntamento alle ore 9.30 in piazzale Lotto. Per info vedi anche il sito della Fiom Milano.
Venerdì 10 ottobre scenderanno poi in piazza gli studenti medi e universitari, nel quadro di una mobilitazione nazionale decisa da tempo. Al centro, ovviamente, la difesa e il rilancio della scuola pubblica, ma a questo punto anche il dissenso rispetto al progetto renziano della “Buona Scuola” (vedi anche il nostro articolo La scuola di Renzi non è uguale per tutti). L’appuntamento milanese è alle ore 9.30 in piazza Cairoli.
Parteciperanno alla mobilitazione praticamente tutte le componenti del movimento studentesco milanese, dall'Uds ai collettivi. Vedi anche l’appello unitario Un’altra volta, un’altra onda lanciato da Uds, Rete Studenti Milano, Casc, Dillinger Unimi, Collettivo Bicocca, Link.
L’11 e il 12 ottobre ci sarà infine la due giorni promossa dalla Rete Attitudine NoExpo, che prevede un corteo sabato 11 ottobre, alle ore 15.00 in piazza Duca d’Aosta, un’assemblea domenica in tarda mattinata al Parco Pertini e un incontro il pomeriggio alla Ri-Maflow di Trezzano s/N.
Ci vediamo in settimana e in piazza!
Luciano Muhlbauer
A pochi giorni dalla breve occupazione dello spazio Forma, ieri sera Zam è tornato, occupando uno stabile vuoto da quattro anni in zona Chiesa Rossa. Si trova in via Sant’Abbondio 10. Una volta ospitava la polizia locale della zona e ora fa parte di un fondo immobiliare gestito dalla banca Bnp Paribas.
Da questa mattina, invece, c’è anche lo Spazio Occupato Indipendente Mendel, S.O.Y. Mendel in breve. Si tratta di una new entry, un’occupazione nuova di zecca e si trova nel quartiere Baggio, in via Cancano 5. Lo stabile occupato è di proprietà privata e abbandonato da molti anni. Si tratta di un’occupazione dalla forte connotazione territoriale e antifascista: non solo lo spazio è stato intitolato al partigiano Mendel, ma nella loro dichiarazione degli intenti gli occupanti dichiarano che tra i loro obiettivi principali c’è anche il contrasto dell’attività di infiltrazione che i gruppi neofascisti e neonazisti stanno praticando nei quartieri popolari di Milano.
Ora vediamo cosa succederà, se gli spazi resisteranno nel tempo oppure no. Comunque sia, il fatto che molti giovani attivisti si diano da fare e che non si arrendano alla rassegnazione è un buon segno per la nostra città. E che ci sia attenzione particolare alle periferie e ai quartieri popolari anche, specie oggi.
Qui trovate il testo di presentazione di ZAM 5.0:
E qui si presenta S.O.Y. Mendel:
Luciano Muhlbauer
Zam è stato di nuovo sgomberato e quindi i ragazzi e le ragazze saranno costretti a nuove migrazioni prima di trovare casa. Le forze dell’ordine, in base alla decisione assunta in tempo record ieri in Prefettura dal Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, si sono presentate stamattina all’ex Spazio Forma, in piazza Tito Lucrezio Caro, che era stato occupato sabato pomeriggio. Nessuno si è fatto male e non ci sono stati fermi. Insomma, come si suol dire in questi casi, è stata una “cosa tranquilla”.
Peraltro, che sarebbe stato difficile rimanere lì era emerso già nella serata di sabato, allorquando da parte dell’Atm, proprietario dello stabile, erano state avanzate una serie di preoccupazioni dal punto di vista della sicurezza in relazione all’adiacente deposito e ai suoi impianti elettrici. Forse l’azienda ha esagerato un po’ con le preoccupazioni, ma poiché la sicurezza delle persone e dei lavoratori è una cosa serissima e per fortuna i giovani di Zam e della Rete Studenti la considerano tale, gli occupanti avevano comunicato immediatamente a Atm la massima disponibilità a collaborare su questo punto.
Comunque sia, poi è intervenuta la decisione della Prefettura e il resto è cronaca di oggi. Rimane però aperta più che mai la questione di fondo, cioè il rapporto della città con i suoi spazi sociali autogestiti. Ormai, a fare i conteggi del numero degli sgomberi dal 2011 a oggi non sono più i soli centri sociali, ma anche una potenza come il Corriere della Sera, che stamattina titola nella sua edizione cartacea “Centri sociali, il Comune sfida gli antagonisti”, aggiungendo poi la mappa e il numero di 22 (titolo peraltro ribadito oggi on line nella notizia a sgombero avvenuto). Il titolo è un’evidente forzatura e un’operazione un po’ maliziosa, ma testimonia il fatto che c’è interesse a soffiare sul fuoco e voglia di tirare per la giacchetta. Attenzione dunque. E questo vale per tutti.
Infine, Zam si rifarà vivo presto, ne sono certo, per il semplice motivo che è fatto di persone che non spariscono. E auspico che torni per restare.
Luciano Muhlbauer
Articolo di Luciano Muhlbauer pubblicato su il Manifesto del 27 settembre 2014
A volte ritornano ed è bene che sia così. Zam e Lambretta, due dei più dinamici spazi sociali milanesi, erano stati entrambi sgomberati nel giro di poche settimane di questa strana e fredda estate. Avevano promesso che sarebbero tornati presto e così è stato. Il 19 settembre il Lambretta ha occupato uno stabile privato abbandonato in via Cornalia 6 e oggi è il turno di Zam (appuntamento ore 15.30 in piazza Sant’Eustorgio).
Forse non tutto andrà liscio, forse ci vorranno altre migrazioni prima di trovare casa stabilmente, ma quello che ora importa è che non sia passata l’idea che basti sgomberare delle mura per far scomparire anche le persone e, soprattutto, che i ragazzi e le ragazze -perché stiamo parlando in larghissima parte di giovani e giovanissimi- abbiano trovato l’energia e l’accortezza di rimettersi in gioco immediatamente. Sì, perché gli sgomberi possono capitare, ma questi si trasformano in sconfitta soltanto se riescono a produrre rassegnazione e silenzio.
E queste sono considerazioni che dovrebbero interessare un po’ tutti, a Milano e altrove, perché mica stiamo parlando di questioni private o di semplice cronaca locale. Anzi, abbiamo un gran bisogno di sprovincializzare il dibattito, di renderlo più politico, di guardarci attorno.
A Roma, per esempio, tira brutta aria per i movimenti. Non solo gli sgomberi si moltiplicano, ma soprattutto aumenta l’intensità della repressione. Dalle modalità dell’intervento sull’Angelo Mai alla detenzione di due esponenti del movimento per la casa, Di Vetta e Fagiano, fino all’inquietante arresto di Nunzio d’Erme e Marco Bucci dell’altro giorno. Non si tratta certo di fatti inediti, in Val di Susa succede di peggio, ma quando certi metodi si fanno largo anche nella capitale, allora è evidente che siamo di fronte a un problema più generale.
Milano non è Roma e nemmeno Torino, almeno finora. Ma è indubbio che le cose possono cambiare anche qui, persino a prescindere dalla volontà degli attori locali. La tendenza è infatti generale e viene alimentata dalla (facile) previsione dei vertici statali che il prolungarsi della crisi, la perdita di credibilità del sistema politico e l’accentuarsi delle disuguaglianze sociali produrranno più conflittualità. Ergo, visto che le deleterie politiche d’austerità proseguiranno, ci vuole più controllo e repressione. Una scelta politica, preventiva e democraticamente regressiva, ovviamente, ma di questo si tratta.
Non decidono gli attori locali, dunque, ma questi non sono del tutto impotenti. Detto altrimenti, non è indifferente se un Sindaco si oppone alla tendenza generale oppure se l’asseconda, non è la stessa cosa se a Palazzo Marino siedono Moratti e De Corato o Pisapia. Eppure, gli sgomberi manu militari ci sono stati lo stesso, nel caso di Zam si trattava addirittura di uno stabile di proprietà comunale, e sul piano politico è ormai conclamata la profonda crisi del rapporto tra amministrazione arancione e l'insieme degli spazi sociali autogestiti.
Il che fare è quindi sul tavolo, per tutti. Zam e Lambretta hanno fatto la cosa giusta, anche se in prospettiva non basterà resistere, ma bisognerà ricominciare a pensare in grande, a incidere. Le destre, gli ex vicesindaci e le camicie verdi sempre più nere di Salvini faranno le solite cose, ma con più aggressività, perché stanno già pensando alle prossime elezioni. L'amministrazione comunale, infine, dovrà decidere se adeguarsi alla tendenza generale, magari sotto la spinta normalizzatrice di Expo, oppure se guardare oltre e esplorare altre strade. Nel frattempo, comunque, bentornati Zam e Lambretta.
Giorgio Salvetti, giornalista della redazione milanese del Manifesto, ha deciso di lasciarci mercoledì 27 agosto. I funerali si tengono lunedì alle h. 14.15 nella sala commiato del Cimitero di Giubiano di Varese.
Non riesco a prendere commiato da te Giorgio. Ci sei sempre stato, non so come possa essere senza di te. Quante volte ci siamo sentiti per raccontare una manifestazione, un presidio, una lotta o per un’opinione, un commento oppure semplicemente per scambiarci due idee, perché non era mai una cosa a senso unico?
Ci siamo sentiti anche martedì, ricordi? Era in corso lo sgombero del centro sociale Lambretta e ti ho telefonato per allertarti in vista di un tuo articolo. Tu mi hai detto che però non eri al lavoro, che avevi preso un giorno libero, perché era il tuo compleanno. Così ti ho fatto gli auguri, ma prima ancora che riuscissi a chiudere la telefonata, mi hai detto che avresti avvisato lo stesso Roma per vedere se interessava. Il tardo pomeriggio mi hai poi richiamato, dicendomi che avresti scritto lo stesso, perché era importante che la notizia fosse sul Manifesto. Ne è uscito un buon articolo, ripreso poi da diversi siti di movimento milanesi. Eppure, mentre parlavi con me come tante altre volte, mentre ti mettevi a scrivere lo stesso, perché era importante, chissà che tremendo tumulto avevi dentro. Forse avevi già preso la decisione di andartene.
Ma tu eri, sei fatto così. Giornalista serio e scrupoloso, uomo e compagno sempre disponibile e presente. Persino quel martedì.
Giorgio, non sono ancora pronto per salutarti, ma ti auguro che ovunque ti trovi adesso, tu possa incontrare quella parte di serenità che qui ti era mancata. Io, noi, comunque, saremo sempre con te, così come dev’essere tra compagni, amici e fratelli.
Luciano Muhlbauer
Il blitz di polizia e carabinieri è scattato alle 7 di stamattina e le villette occupate dal centro sociale Lambretta e quelle occupate da diversi nuclei familiari, con la presenza di numerosi bimbi, sono state sgomberate. Tuttavia, sei attivisti del Lambretta si trovano ancora sul tetto di una delle palazzine, dove resistono da stamattina presto. Allo stato non si registrano né feriti, né fermati o arrestati. Il Lambretta invita a passare in piazza Ferravilla, dov’è in corso un presidio permanente, e comunque dà appuntamento a tutti e tutte per le ore 20 di oggi per una manifestazione.
In estrema sintesi, è questa la cronaca di quanto avvenuto oggi a Milano. Se volete maggiori dettagli, leggete i racconti dei fatti di Milano In Movimento e di MilanoX.
Politicamente parlando, si chiude così il breve ciclo apertosi a primavera con gli annunci che sia Zam, che Lambretta erano sotto sgombero. Sono passati alcuni mesi e molte parole sono state spese, ma ora i due centri sociali milanesi, espressione ambedue di una nuova generazione di attivisti di movimento, si trovano senza casa.
Sarebbe tuttavia sciocco pensare che la cosa finisca qui, cioè che insieme agli immobili siano stati sgomberati anche la voglia di fare, di autorganizzarsi e di lottare per cambiare lo stato di cose presente. Si mettano quindi l’animo in pace quanti -a destra, ma non solo- auspicano il silenzio e il deserto.
Certo, gli attivisti di Zam e Lambretta hanno dovuto investire e consumare molte energie in questi mesi e fare i conti con un duplice sgombero non è semplice per nessuno. Non lo è per militanti consumati, figuriamoci per i tanti e le tante giovani che hanno animato i due spazi sociali. Occorrono dunque energia, lungimiranza e forza di volontà per ripartire senza perdere un attimo e riaprire così un nuovo ciclo. Ma ce la faranno, sono certo.
E soprattutto auspico che ce la facciano, perché checché ne dicano taluni, gli spazi sociali e i ragazzi e le ragazze, gli uomini e le donne che gli danno vita e colore non sono un problema, ma una ricchezza e una speranza di futuro. Quindi, camminiamo insieme a loro, oggi, ma anche domani, quando bisogna ridare a Milano i suoi spazi sociali.
Primo appuntamento, stasera alle ore 20 in piazza Ferravilla. Se siete in città e se potete, fateci un salto.
Luciano Muhlbauer
Le vacanze (se le avete fatte) sono finite e a Milano si ricomincia subito da dove ci eravamo lasciati un mesetto fa, cioè dagli sgomberi. Il 23 luglio era toccato allo Zam e ora e il turno del Lambretta, ancora prima che inizi settembre, a quanto pare.
Non è una sorpresa, né uno scoop, ovviamente, poiché lo sgombero delle villette del Quartiere Del Sarto, zona piazza Ferravilla, lasciate per anni vuote e abbandonate dall’Aler e poi occupate da un collettivo di studenti e precari della zona, era ampiamente annunciato sin dalla primavera scorsa. Ma poi, con una vera e propria escalation estiva, si era aggiunto all’improvviso un altro sgombero da fare con urgenza: quello di Zam. E così, il Lambretta era finito in lista d’attesa.
Tavoli convocati, confronti avviati e poi impantanati, appelli per una moratoria degli sgomberi inascoltati eccetera. La storia la conoscete, ne abbiamo parlato parecchio, e comunque è finita com’è finita. Quindi, non ripetiamo cose già dette e concentriamoci invece sulle cose concrete.
L’intervento della Questura pare, appunto, molto imminente. Di più non si sa. Dunque, in questi giorni seguite i profili fb e twitter del Lambretta, consultate siti come Milano In Movimento e MilanoX e ascoltate Radio Popolare. E poi, magari raccogliamo anche gli inviti alla mobilitazione e alla solidarietà che verranno lanciati, perché i ragazzi e le ragazze del Lambretta non si meritano di essere lasciati da soli. Né ora, né in prospettiva, quando si tratterà di ridare a Milano nuovi spazi sociali autogestiti.
Stay tuned!
Luciano Muhlbauer
Hanno sgomberato Zam. Stamattina la questura si è presentata davanti all’ex scuola di via Santa Croce con il consueto dispiegamento di forza e con l’ordine di sgombero in mano. Gli attivisti di Zam hanno resistito per un po’, ma poi la ragione della forza e dei manganelli, usati peraltro in maniera assolutamente sproporzionato, ha prevalso.
La motivazione formale dello sgombero risiede in quella perizia sulla staticità dell’edificio, che era stata sollecitata da un “comitato” contiguo alle destre e che il Comune aveva depositato a inizio giugno presso la Prefettura, a disposizione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica. Secondo quella perizia la parte inagibile e pericolante (non occupata e non accessibile) dell’edificio comprometterebbe la staticità anche della parte agibile (e occupata). Infatti, la questura era pronta all’intervento contro Zam sin dall’inizio giugno, facendo passare temporaneamente in secondo piano quello già programmato contro il centro sociale Lambretta.
Tuttavia, la prospettiva del doppio sgombero pre estivo di Zam e Lambretta, oltre ad eccitare la fantasia dei vari De Corato e leghisti in salsa frontenazionale, aveva sollevato giustamente delle polemiche (vedi per esempio il mio articolo per il Manifesto Spazi sociali, a Milano il clima non è cambiato) e prodotto alcune iniziative. Diverse voci, tra cui anche la Camera del Lavoro, avevano chiesto alle istituzioni una moratoria sugli sgomberi e il Comune aveva aperto un tavolo di confronto sugli spazi sociali, che nelle intenzioni doveva coinvolgere anche i centri sociali e le realtà dell’autogestione. Ma di moratorie non se ne sono viste e nel frattempo, appunto, i dossier di Zam e Lambretta erano già stati passati a Prefettura e Questura, cioè a chi si occupa dei problemi dal punto di vista dell’ordine pubblico e con gli strumenti dell’ordine pubblico.
E così, siamo praticamente tornati alla situazione di partenza, cioè allo sgombero di Zam e Lambretta. Già, perché Zam è stato sgomberato oggi e al Lambretta, a quanto pare, toccherà la stessa sorte prima ancora che finisca l’estate.
Oggi ha perso la politica, la città. Ci sarà tempo e modo per discutere di quello che è stato fatto e non fatto, dei dialoghi e dei tavoli, del che fare a Milano in tema di spazi sociali. Ora però dobbiamo fare qualcosa di più urgente, cioè essere solidali con Zam e Lambretta, camminare insieme a loro. Nei momenti di resistenza, certo, ma anche e soprattutto in quelli che seguiranno, quando si tratterà di rinascere in una nuova casa.
Luciano Muhlbauer
Il presidio fuori da Zam continua tutto il giorno. I tre attivisti rimasti sul tetto dopo le cariche all'ingresso sono scesi a mezzogiorno. L'appuntamento è alle ore 18.30 davanti allo Zam sgomberato per un'assemblea e poi per una mobilitazione. Per tenervi aggiornati e leggere la cronaca della giornata, consultate il sito http://milanoinmovimento.com/
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Comunicato stampa:
ZAM: SGOMBERO È MACIGNO LANCIATO CONTRO DIALOGO SU SPAZI SOCIALI.
SOLIDARIETÀ A ZAM
Dichiarazione di Luciano Muhlbauer
Lo sgombero di Zam è una sconfitta per la politica e un macigno lanciato contro il tentativo di dialogo e confronto sugli spazi sociali a Milano. E il fatto che dopo Zam si prospetti la stessa sorte, ancora prima che finisca l’estate, anche per il centro sociale Lambretta, non fa che rendere più grevi queste considerazioni.
Ho ritenuto e ritengo che l’apertura di un tavolo da parte del Comune fosse un passo importante e significativo, perché rappresentava la volontà e la possibilità di iniziare un ragionamento nuovo e pubblico, diverso da quelli del passato, sugli spazi sociali e sull’autogestione nella nostra città. Continuo a pensare che di questo spazio di confronto ci sia un grande bisogno, ma allo stesso tempo non si può fare finta che gli sgomberi non siano oggettivamente un impedimento al dialogo.
Dall’interno dello stesso tavolo diverse voci avevano chiesto una moratoria sullo sgomberi, tra cui anche la Camera del Lavoro. Non è andata così. Quindi, ora è necessario trovare le strade e gli atti nuovi che permettano di ridare una possibilità a quel confronto.
Delegare la soluzione dei problemi a chi si occupa di ordine pubblico e non di amministrazione del territorio non produce mai nulla di buono, anzi, come purtroppo ha confermato questa mattinata, dove si è registrato anche un uso eccessivo e gratuito della violenza da parte dei reparti mobili della Questura contro gli attivisti, presenti a mani nude e con l’unico intento della resistenza passiva.
Esprimo la mia solidarietà agli attivisti di Zam, auspicando che la loro esperienza possa trovare al più presto una nuova casa.
Milano, 23 luglio 2014
Alla fine qualcosa si è mosso: martedì sera il Comune di Milano ha annunciato un’iniziativa sugli spazi sociali. In realtà, per ora c’è soltanto un comunicato di poche righe, dove viene annunciato la costituzione di un “gruppo di lavoro sul tema degli spazi sociali” e l’intenzione di “valutare forme di assegnazione” diverse dai bandi finora sperimentati, i quali, aggiungo io, avevano de facto escluso le esperienze di autogestione.
Poche righe, forse troppo poche e troppo generiche, e quindi è scattata inevitabilmente la corsa alle “interpretazioni autentiche”. Il quotidiano La Repubblica è stato più veloce di tutti e già mercoledì mattina le sue pagine milanesi titolavano: “Comune, primo passo per la regolarizzazione dei centri sociali”. Il testo dell’articolo, poi, si spingeva anche oltre, facendo addirittura il nome di alcuni centri sociali e, soprattutto, fornendo la presunta “traduzione” di una frase del comunicato scritta in simil sindacalese, sostenendo che in realtà il Comune volesse dire che gli “sgomberi annunciati potrebbero essere sospesi, a patto che non ci siano nuove occupazioni abusive”.
Ovvio, se questa fosse l’interpretazione autentica, allora ogni possibile dialogo rischierebbe di morire prima ancora di nascere. E quindi, stamattina, cioè a sole 24 ore dall’annuncio della “regolarizzazione”, la stessa La Repubblica esce con un articolo che annuncia invece il funerale del dialogo: “Milano, no dei centri sociali al confronto con il Comune: ‘Niente regolarizzazione’". Fonte dello scoop, in assenza di comunicati e pronunciamenti dei centri sociali milanesi, è un'altra interpretazione autentica: quella di un’intervista a Radio Onda d’Urto da parte di un attivista di Zam.
Poi ci sarebbero anche i giornali della destra cittadina, a partire da Libero, che oggi parla di “sanatoria no-global”, di “palazzi del Comune lasciati ai centri sociali” e di “mal di pancia all’interno del Pd” perché a “guidare l’iniziativa” è il “totem del centro sociale Cantiere”, Paolo Limonta. E tutto quanto condito dagli immancabili e noiosi isterismi dei De Corato, Bolognini e Gallera.
In ogni caso, inutile e sbagliato prendersela con stampa e giornalisti, perché il problema non sono loro. No, il problema è che se le cose non le dici in maniera chiara e leggibile a chiunque, allora chiunque è libero di fornire la sua interpretazione autentica.
E quindi, ora cosa succederà? Dipenderà anzitutto, penso, da quello che verrà fatto e detto nei prossimi giorni. Secondo quanto annunciato dal comunicato del Comune, verrà “convocato a breve la prima riunione” del gruppo di lavoro. Ebbene, penso che sarebbe buono che questo avvenisse in tempi stretti e chiarendo in maniera inequivocabile e pubblica i contorni, le modalità e le finalità dell’iniziativa. Insomma, senza lasciare troppi spazi alle interpretazioni autentiche, che altrimenti finiscono con il determinare gli eventi.
Ovviamente, e a prescindere dai discorsi sulle interpretazioni autentiche, siamo tutti consapevoli che esistono molti dubbi sulla praticabilità di un percorso e di un confronto del genere. Sono molti i suoi nemici, anzitutto, e non stanno solo a destra, lo sappiamo. Anche nella stessa maggioranza c’è chi non è per nulla convinto. E quindi, il rischio dell’annacquamento, delle trappole e delle troppe mediazioni è sempre in agguato.
Ma i dubbi sono molti anche da parte dei soggetti sociali che dovrebbero essere parte costituente del confronto. E non mi riferisco soltanto ai centri sociali, ma anche ai centri sociali. I precedenti e le cose non dette chiaramente non aiutano, lasciano sempre spazio al sospetto che non si tratti di riconoscere e valorizzare, ma molto più banalmente di cooptare, normalizzare e pacificare.
Sì, tanti dubbi e tanti ostacoli, eppure penso che bisogna provarci. Anzitutto, perché c’è stato un movimento nella situazione, l’immobilismo è stato infranto, e questo è importante in sé. In molti e molte avevamo individuato proprio nell’immobilismo politico e nel conseguente trincerarsi dietro alle decisioni “tecniche” uno dei principali problemi di questo fase. Per quanto mi riguarda, avevo anche detto e scritto che a questo punto il Sindaco “deve prendere in mano il bandolo della matassa e aprire un confronto cittadino” (vedi mio articolo sul Manifesto del 12 giugno), cioè produrre un movimento.
Penso sia utile per tutta la città che nasca questo tavolo sugli spazi sociali. Ed è necessario che nasca in maniera pubblica e trasparente, senza escludere nessuno e senza sgomberi per nessuno. Tutto il resto sarà da vedere, da verificare, da costruire.
Se son rose fioriranno, se son spine pungeranno, dice il proverbio. Ecco, dobbiamo correre il rischio delle spine, per poter ambire alle rose.
Luciano Muhlbauer
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