CASE POPOLARI: INQUILINI COSTRETTI A PAGARE SPESE DI AMMINISTRAZIONE. PRESENTATA INTERPELLANZA
CASE POPOLARI: INQUILINI COSTRETTI A PAGARE SPESE DI AMMINISTRAZIONE. PRESENTATA INTERPELLANZA
di lucmu (del 26/01/2006, in Casa, linkato 1111 volte)
Tredici consiglieri regionali dei gruppi di Prc, Verdi, Ds, Margherita, PdCI, Italia dei Valori, Uniti nell’Ulivo e Pensionati hanno oggi depositato una interpellanza con la quale si chiede l’annullamento della delibera n. 19904/2004 della Giunta regionale. Tale delibera aveva introdotto l’obbligo per gli inquilini degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, di proprietà Aler e comunali, di pagare di tasca propria le spese di amministrazione e generali.
“Se non fosse scritto nero su bianco, si potrebbe pensare ad uno scherzo di cattivo gusto –afferma Luciano Muhlbauer, consigliere del Prc e primo firmatario dell’interpellanza - Non si sono infatti mai visti contratti di affitto, sia nell’edilizia privata che in quella pubblica, che prevedono che le spese di amministrazione siano a carico dell’inquilino. Ed è ovvio che sia così, poiché l’amministratore viene nominato dalla proprietà e ad essa risponde in maniera esclusiva”.
“E come se non bastasse –prosegue Muhlbauer- la normativa regionale è talmente generica che non indica nemmeno criteri applicativi univoci. La conseguenza è che gli enti gestori lombardi, Aler o Comuni che siano, si stanno muovendo in ordine sparso e in maniera assolutamente difforme, non soltanto rispetto ai tempi di applicazione (l’Aler di Milano lo impone a partire dal 1/1/2006), ma soprattutto rispetto ai criteri. Ci sono enti gestori che non richiedono il pagamento, altri chiedono un rimborso forfetario per unità abitativa oppure sulla base della superficie e altri ancora lo chiedono in base a giustificativi di spesa”.
“Insomma –conclude Muhlbauer- al danno si aggiunge la beffa. Non soltanto gli inquilini delle case popolari lombarde sono vittime di una sorta di appropriazione indebita, che si può tradurre per gli inquilini di prima fascia (reddito annuo fino a 8.800 euro) in un aumento fino al 50% di quanto pagato per l’alloggio, ma sono altresì esposti a una grande confusione applicativa e quindi a trattamenti arbitrari. Due buone e pressanti ragioni, dunque, per procedere immediatamente all’abrogazione di questa normativa vergogna”.