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CASE POPOLARI: QUANDO IL PD GIOCA SPORCO
di lucmu (del 24/02/2008 @ 13:22:23, in Casa, linkato 1745 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 24 febbr. 2008 (pag. Milano)
 
Che il senso ultimo della decisione del Partito Democratico di “correre da solo” fosse essenzialmente quello di eliminare dalla scena politica italiana ogni forza di sinistra, politica e sociale, lo sapevamo. Dall’altra parte, già le svolte filo-securitarie del 2007 raccontavano la medesima storia. Ciononostante, riesce ancora a stupire il livello di cinismo e di degrado politico a cui ricorrono in questi giorni alcuni esponenti milanesi del Pd.
Infatti, contestualmente all’avvio della campagna elettorale, il Sunia, cioè il sindacato inquilini il cui gruppo dirigente milanese è legato strettamente al Pd, ha iniziato a diffondere la seguente favola: grazie a un emendamento di Rifondazione alla legge regionale n. 27/2007, quella dell’aumento generalizzato degli affitti nelle case popolari, anche gli inquilini delle case del demanio dovranno pagare di più e tanti di loro avranno pure lo sfratto.
L’effetto di tali annunci, ripetuti fino all’ossessione nelle assemblee, è scontato, a partire dalla diffusione del panico tra tante famiglie. Peccato però, che la storia vera e completa sia un po’ diversa da quella diffusa dai dirigenti sindacali del Pd.
Infatti, l’emendamento in questione, uno dei pochissimi a firma Prc, Verdi, Pdci e Sd che l’assessore ha accolto, stabilisce semplicemente che le case di proprietà comunale costruite in virtù di leggi speciali per gli sfrattati vengano equiparate alle case popolari e che si applichi dunque il canone sociale. Inoltre, va ricordato che l’emendamento non era un capriccio di qualche consigliere regionale, bensì una rivendicazione storica di una parte significativa dei sindacati che si battono per il diritto alla casa, in particolare di Sicet e Unione Inquilini.
Attualmente, nelle case costruite con le leggi speciali vige ancora l’equo canone, ma si tratta di un residuo del passato, poiché l’attuale quadro normativo prevede soltanto due destini possibili: il canone sociale oppure i contratti privati previsti dalla legge 431/98. Non a caso, il Comune di Milano, dopo averci già provato in passato, era tornato alla carica con i suoi tentativi di privatizzazione. Ebbene, ci risulta che il Sunia era disponibile a trattare sull’introduzione dell’affitto privato. Noi riteniamo invece che gli inquilini di quelle case siano maggiormente tutelati in regime pubblico.
Per quanto riguarda, poi, i presunti pericoli di sfratti, va semplicemente ricordato che la “decadenza”, cioè il limite di reddito oltre il quale si perde il diritto ad un alloggio popolare, non è regolato dalla legge n. 27, bensì dal preesistente Regolamento regionale n. 1/2004, che peraltro non si applica tuttora alle case costruite con le leggi speciali.
Pensiamo che sia un bene che le divergenze politiche vengano esplicitate, ma allora bisogna dirla tutta e fino in fondo, invece di mistificare e omettere. Da parte nostra, sosteniamo una battaglia trasparente contro lo smantellamento dell’edilizia residenziale pubblica che Formigoni persegue con grande linearità. Per questo, in Consiglio regionale, abbiamo contrastato e votato contro tutti i provvedimenti presentati negli ultimi due anni dal centrodestra. Riteniamo che la questione casa nelle aree metropolitane lombarde non possa essere affrontata bloccando la costruzione di case popolari, vendendo il patrimonio esistente, spostando le politiche pubbliche verso l’edilizia convenzionata e privata, facendo demagogia sugli “abusivi” e aumentando gli affitti agli assegnatari. Di fronte a una realtà fatta di affitti e mutui alle stelle sul mercato privato e di un patrimonio pubblico che riesce malapena a soddisfare il 5% delle graduatorie, occorre invece una grande rilancio dell’edilizia pubblica.
Il Pd la pensa diversamente e spesso si è astenuto o ha votato a favore dei provvedimenti di Formigoni. E così, alla fine del 2006, si è astenuto anche sul provvedimento che ha tagliato brutalmente, di 500 milioni di euro, i fondi triennali per la costruzione e la manutenzione di case popolari, mentre il punto centrale della sua battaglia emendativa sulla legge 27 era l’aumento della quota di alloggi popolari da mettere in vendita. Cioè, il 20% del patrimonio pubblico complessivo da vendere, come previsto dalla legge, gli sembrava troppo poco. Beninteso, qui il problema non è opporsi alla vendite tout court, bensì fare due conti. Cioè, se non costruisci più, ma vendi tanto, alla fine non rimane più niente, se non l’edilizia privata. Queste cose il gruppo dirigente del Sunia le ha raccontate agli inquilini?
Infine, una veloce riflessione sul futuro immediato. Oggi si pone concretamente il problema di costruire la mobilitazione per impedire l’applicazione dell’aumento degli affitti. E il fatto che, a Milano, la nuova linea del Sunia abbia già provocato la rottura dell’unità sindacale è un brutto segnale. Pertanto, il nostro auspicio sincero è che venga messa in primo piano la necessità della mobilitazione contro la legge di Formigoni e non più la campagna elettorale con ogni mezzo del Pd.