Ieri notte, dopo tre giorni di ostruzionismo nell’aula del Consiglio regionale da parte dei gruppi della sinistra (Prc, Sd, Verdi, PdCI), la maggioranza di centrodestra è riuscita ad approvare la legge regionale quadro sul “Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario”.
La logica di fondo di questa legge è quella ormai abituale nella Lombardia di Formigoni, cioè la piena equiparazione tra pubblico e privato. E come già accade in molteplici settori, a partire dalla sanità, la tanto invocata “libertà di scelta” si traduce nei fatti nella libertà di scegliere il privato, che gode di ampi sostegni e finanziamenti pubblici ed è sottoposto a pochissimi controlli e verifiche.
Ma, visti i tempi che corrono, l’aderente numero 1 al Comitato lombardo per la moratoria sull’aborto, cioè Roberto Formigoni, non ha voluto perdere nemmeno questa volta l’occasione per attaccare la 194 e il diritto e la libertà delle donne di autodeterminarsi. E così, ha fatto il suo ingresso nella legge l’edificante principio secondo il quale i servizi sociali e sociosanitari lombardi sono finalizzati anche alla tutela della vita sin dal suo concepimento.
È significativo, peraltro, che in tutti questi giorni di battaglia politica la maggioranza si sia mostrata disponibile a trattare delle modifiche, seppure limitate, su quasi tutti gli articoli della legge, tranne su quello del concepimento.
Certo, si tratta soprattutto di propaganda e ideologia, ma sarebbe sbagliato pensare che questa ennesima porcata formigoniana non possa avere anche qualche conseguenza concreta. Essa legittima, infatti, tutte quelle azioni e pressioni da parte di soggetti, anzitutto privati, tese ad imporre alle donne la loro visione del mondo. E che tutto questo venga permesso, se non incentivato, in un servizio pubblico rivolto alle persone più deboli è di uno squallore umano e politico davvero sconcertante.