Il Sindaco di Milano, Letizia Moratti, lo annunciò nel giorno delle esequie: il corpo del partigiano Giovanni Pesce, già comandante del 3° G.A.P. di Milano e medaglia d’oro al valor militare, sarebbe stato tumulato nella cripta del Famedio al Cimitero Monumentale, dove riposano le personalità illustri della storia milanese. Un riconoscimento ufficiale senz’altro doveroso, ma che segnava un’indubbia discontinuità con l’approccio della precedente gestione del centrodestra, che brillava per i reiterati omaggi da parte dell’allora sindaco Albertini ai combattenti della Repubblica di Salò.
Un atteggiamento nuovo, preceduto dalla partecipazione della Moratti al corteo del 25 aprile, che provocò un rumoroso malessere dalle parti di AN e del suo potente vicesindaco, De Corato. Il conseguente braccio di ferro all’interno del centrodestra, che da oltre 15 anni governa la città, è finito come sappiamo. Cioè, con la decisone della Giunta, assunta nella riunione del 13 settembre, di confermare l’indicazione del Sindaco, ma di abbinarla a una contestuale provocazione politica di segno opposto: i resti di partigiani e repubblichini sarebbero stati raccolti in un unico luogo, presso il sacrario dei caduti, come atto di “riconciliazione”.
Anche se la provocazione difficilmente si tradurrà in fatti concreti, poiché l’Anpi ha immediatamente bocciato la proposta, la mossa del centrodestra ha comunque centrato l’obiettivo di gettare un po’ di fango sulla memoria di Giovanni Pesce e di rilanciare il discorso revisionista. Infatti, è sufficiente leggersi le varie dichiarazioni degli amministratori milanesi, da quelle aggressive di An fino alla motivazione ufficiale del gesto “riconciliatorio” -ispirato ad un sacrario fatto erigere in Spagna dal dittatore Francisco Franco (sic)-, per capire il segno politico dell’operazione. In altre parole, la Moratti arretra e l’alleato post-fascista ristabilisce il suo potere di condizionamento.
Ci rendiamo conto che tutta questa vicenda può apparire come un semplice episodio nelle liti di famiglia del centrodestra. Ma, purtroppo, non è così. La prolungata egemonia politica e culturale delle destre a Milano, accompagnata dal diffondersi di pulsioni xenofobe, ha offerto un terreno fertile per il riaffacciarsi di gruppi militanti neofascisti e neonazisti, ai quali andrebbe aggiunta la crescente caratterizzazione in chiave razzista della Lega Nord.
A livello pubblico se ne parla poco, ma gli ultimi anni hanno visto una crescita preoccupante di atti violenti da parte di gruppi di estrema destra, in particolare ai danni di militanti di centri sociali. Inoltre, in questa fase si assiste a diversi tentativi, come quello di “Cuore Nero”, di imprimere un salto di qualità politico-organizzativo alla presenza di tali gruppi. Eppure, in tutto questo tempo gli amministratori milanesi, con in testa gli esponenti di An, hanno fatto scientemente finta di niente, mostrandosi anzi più che tolleranti, mentre il vicesindaco De Corato proseguiva incessante la sua crociata contro tutto ciò che sa di centri sociali.
È su questa realtà che si innestano le continue campagne revisioniste dei governanti milanesi, dalla riabilitazione dei combattenti della Rsi fino all’indecente blitz contro la lapide a Pinelli, passando per la cancellazione del murale che ricordava Davide “Dax” Cesare, il giovane assassinato quattro anni fa da alcuni neofascisti.
Insomma, l’invocata “riconciliazione”, che altro non significa che mettere sullo stesso piano antifascisti e fascisti, non è una discussione astratta, né un problema che riguarda il passato. No, riguarda il presente e il futuro di Milano. Ecco perché quanto accaduta ieri non può lasciarci indifferenti e consegna alle sinistre la necessità di affrontare di petto il problema.