La schedatura etnica dei rom, con o senza impronte digitali, è stata imposta ai Prefetti di Milano, Roma e Napoli dalle tre ordinanze governative gemelle di fine maggio. E questo è risaputo. Ma quello che non si sa è che il Comune di Milano, come spesso accade in questo campo, aveva largamente anticipato i tempi, realizzando un censimento etnico già negli anni scorsi e senza neppure attendere coperture normative.
Questo è quanto emerge da una fascicolo di 116 pagine del Nucleo Problemi del Territorio della Polizia Municipale di Milano, che raccoglie i risultati del lavoro di censimento effettuato tra l’ottobre 2006 e il dicembre 2007. Un’indagine molto dettagliata, composta da schede relative a 12 campi autorizzati, 4 “campi non autorizzati ma consolidati”, 13 insediamenti abusivi e persino a 9 insediamenti di “nomadi giostrai”.
Se si trattasse di un semplice censimento delle baraccopoli esistenti a Milano sarebbe senz’altro un’operazione lodevole e utile, ma purtroppo c’è ben altro. Colpisce, infatti, la meticolosità con la quale le singole schede classificano etnicamente gli abitanti degli insediamenti, soprattutto di quelli regolari e semi-regolari. E così, sotto la voce “nazionalità” non troviamo semplicemente l’indicazione della cittadinanza delle persone rilevate, che a volte persino manca, bensì l’appartenenza a un gruppo o sottogruppo zingaro.
Ma facciamo degli esempi concreti. La scheda relativa al campo autorizzato di via Bonfadini rileva la presenza di 25 famiglie per un totale di 127 persone, di cui 40 frequentano la scuola elementare e media. E sotto la voce “nazionalità” indica testualmente: “Sinti Abruzzesi (Lombardi) Rom Harvati”. Quella relativa al campo autorizzato di via Idro registra 30 famiglie per un totale di 120 persone, di cui 27 sono iscritte alla scuola dell’obbligo, e come nazionalità indica “Sinti italiani (Lombardia Veneto Friuli) Rom Harvati (Croazia)”.
Tuttavia, per capire fino in fondo il concetto di “nazionalità” impiegato dagli uomini del vicesindaco De Corato occorre andare alle prime pagine del fascicolo, dove con piglio etnografico vengono enumerati i gruppi zingari “di più antica immigrazione” e “di immigrazione più recente” presenti sul territorio. Tra i primi troviamo ad esempio i “rom abruzzesi e molisani” e si sottolinea che sono giunti nell’odierna Italia nel lontano 1392. Cioè, 600 anni fa e secoli prima che si formasse lo Stato italiano. Eppure, la Polizia Locale milanese li considera ancora immigrati, sebbene di antica data, e pertanto non li ritiene degni della semplice dizione “cittadini italiani”!
Insomma, date le informazioni molto dettagliate contenute nelle singole schede, che peraltro comprendono altresì le intestazioni delle utenze di gas ed elettricità o la presenza di animali, è evidente che la Polizia Locale sia da tempo in possesso di una banca dati separata e specifica che classifica delle persone, di cittadinanza italiana e non, su base etnica. E ciò non è semplicemente un fatto di inaudita gravità dal punto di vista morale e civile, ma soprattutto illegale.
Post Scriptum: Il Prefetto di Milano, Lombardi, aveva iniziato le operazioni di “censimento” dei “nomadi” nel campo autorizzato di via Impastato, perché non si sapeva bene chi e in quanti ci vivessero. Decine di persone di ogni età, tutte di cittadinanza italiana e tutte iscritte all’anagrafe, furono messe in fila alle 5.30 del mattino da una settantina di agenti delle forze dell’ordine. Furono fotografate le loro carte d’identità, rilasciate dal Comune di Milano, e fu finalmente stabilito che erano in 33. Bene, ora prendete la scheda relativa a via Impastato nel rapporto della Polizia Locale 2007 e leggerete il seguente numero: 33. Insomma, le istituzioni non hanno saputo nulla che non sapessero già, ma in cambio si sono raccontate un sacco di frottole all’opinione pubblica e, soprattutto, 33 persone, colpevoli unicamente di essere zingari, sono state umiliate e messe alla gogna.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer
qui sotto puoi scaricare le schede citate