L’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha pubblicato il suo rapporto annuale sulle prospettive per l’occupazione, l’Employment Outlook 2009, e conferma il quadro negativo sul piano internazionale e, in particolare, per l’Italia, considerate le condizioni strutturali del nostro mercato del lavoro e la completa inadeguatezza della politica anticrisi italiana.
Una sintesi del Rapporto, anche in versione italiana, è reperibile sul sito dell’Ocse. Qui di seguito riproduciamo integralmente le considerazioni sulla situazione italiana da parte dell’Ocse (reperibile in pdf qui):
“Employment Outlook 2009 – L'ITALIA a confronto con gli altri paesi.
L’impatto della crisi sul mercato del lavoro italiano è stato fino a oggi moderato rispetto a molti altri paesi OCSE. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 7,4% nel marzo 2009, con un incremento di 0,8 punti percentuali rispetto a un anno prima. Stime preliminari suggeriscono un ulteriore significativo incremento nel secondo trimestre. Tuttavia il tasso di disoccupazione sarebbe stato più alto se un gran numero di lavoratori non avesse rinunciato a cercare attivamente lavoro (il tasso di attività, infatti, è sceso di 0,4 punti percentuali in un anno, in particolare nel sud del paese). Di conseguenza la proporzione della popolazione in età lavorativa occupata, che era già la più bassa tra i paesi OCSE dopo Turchia e Ungheria, è caduta di ulteriori 0,9 punti percentuali ed ha raggiunto ora il 57,4%.
Nonostante alcuni primi segnali di rallentamento della recessione in Italia come in molti altri paesi OCSE, il Rapporto OCSE sull’occupazione 2009 suggerisce un peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro. Numerosi indicatori suggeriscono che il ritmo della ripresa sarà modesto per diversi mesi e, molto probabilmente, la disoccupazione continuerà ad aumentare anche dopo che la crescita sarà ripartita. Di conseguenza, il tasso di disoccupazione italiano è previsto aumentare ancora nel prossimo futuro e potrebbe anche avvicinarsi alla doppia cifra nel 2010 se la ripresa si dimostrasse priva di slancio.
Giovani e precari sono particolarmente colpiti dalla crisi. Come in molti altri paesi, i lavoratori con contratti temporanei ed atipici subiscono gran parte dell’aggiustamento occupazionale. Rispetto a un anno prima, nel marzo del 2009 l’Italia aveva perso 261.000 posti di lavoro temporanei o con contratti atipici (inclusi i collaboratori coordinati e continuativi e occasionali), un numero che da solo è superiore all’intera contrazione dell’occupazione registrata nello stesso periodo. Inoltre, i giovani che sono sovra rappresentati in questo tipo di contratti, sono specialmente colpiti. Il tasso di disoccupazione della fascia d’età compresa tra i 15 e i 24 anni è cresciuto di 5 punti percentuali in Italia nell’ultimo anno ed è ora pari al 26,3%. Traiettorie simili si notano in altre economie avanzate, dove i lavoratori che erano già svantaggiati prima della crisi, hanno sopportato gran parte del costo delle perdite occupazionali. La situazione dei giovani sul mercato del lavoro italiano, tuttavia, rimane particolarmente fragile rispetto agli altri paesi OCSE: i) il tasso di disoccupazione giovanile era già molto più alto della media OCSE prima della crisi economica, anche se era diminuito significativamente nel decennio precedente; ii) la percentuale dei giovani occupati è 20 punti percentuali sotto la media OCSE; iii) anche se si escludono coloro che proseguono gli studi, l’Italia ha una delle proporzioni più elevate di giovani senza lavoro e la condizione di non occupazione di questi giovani è particolarmente persistente; iv) la transizione scuola-lavoro è molto più lunga in Italia rispetto alla gran parte dei paesi OCSE, ed è spesso molto instabile, con periodi di disoccupazione alternati a impieghi temporanei.
La spesa pubblica a sostegno delle politiche occupazionali è aumentata poco rispetto agli altri paesi. Il rapporto OCSE sull’occupazione osserva che molti governi dell’area OCSE hanno risposto alla crisi con vigorose misure macroeconomiche, inclusi a volte imponenti pacchetti di stimolo fiscale. Maggiori risorse sono state rese disponibili per politiche sociali e occupazionali per ammortizzare gli effetti negativi della crisi sui lavoratori e le famiglie a basso reddito. Nei paesi con ampi stabilizzatori automatici, come i paesi nordici e gli altri grandi paesi dell’Europa continentale, la spesa legata alle politiche del lavoro (come sussidi di disoccupazione e programmi di attivazione) è cresciuta in maniera significativa con l’accelerazione delle soppressioni di posti di lavoro. In molti altri paesi, come Stati Uniti e Regno Unito, i governi si sono adoperati puntualmente per incrementare le risorse a sostegno del mercato del lavoro. In Italia, viceversa, l’aumento discrezionale della spesa per il mercato del lavoro è rimasto piuttosto moderato, in presenza di un elevato debito pubblico che riduce il margine di manovra durante la recessione. In particolare, l’azione del governo si è concentrata sul sostegno alla domanda di lavoro attraverso la messa a disposizione di fondi addizionale per la Cassa Integrazione Guadagni (CIG). Tuttavia il numero di lavoratori e imprese ad aver accesso alla Cassa Integrazione rimane limitato – anche se sono stati compiuti sforzi per estenderne la copertura. Alcune azioni sono state intraprese sia nel 2008 sia nel 2009 per estendere la copertura e la durata dell’indennità di disoccupazione, ma l’introduzione di un dispositivo generale non è stata considerata fino ad ora. Di conseguenza, rilevanti segmenti di popolazione restano sprovvisti di una protezione adeguata per aiutarli a superare la crisi. Se la ripresa non si rafforza rapidamente, la disoccupazione rischia non solo di aumentare ma anche di divenire più persistente, con un maggior numero di persone alla ricerca del lavoro per periodi lunghi. Anche prima dell’inizio della crisi, quasi la metà dei disoccupati italiani era rimasta senza lavoro per almeno 12 mesi, una proporzione doppia rispetto alla media OCSE. Inoltre, la maggior parte dei disoccupati di lungo periodo ha accesso a una rete di protezione molto limitata.
La recessione rischia di inasprire la povertà. Il rapporto OCSE mostra che, anche prima della recessione, l’11% della popolazione che viveva in famiglie con capofamiglia in età lavorativa era relativamente povera in Italia (ossia con un reddito disponibile inferiore al 50% del reddito mediano), una proporzione superiore alla media OCSE del 10%. Ma, aspetto più importante, più del 14% delle famiglie con bambini e capofamiglia in età lavorativa erano povere, un dato che piazza l’Italia al quintultimo posto dei paesi dell’area OCSE, seguita solo da Messico, Polonia, Stati Uniti e Spagna. Poiché queste cifre sono in gran parte dovute all’incidenza di famiglie senza lavoro, ci si può aspettare un aumento significativo della povertà come conseguenza della recessione. Infatti, il 36% delle famiglie italiane senza lavoro risulta povero. Nondimeno, con un tasso dell’8,2%, la povertà delle famiglie con almeno un lavoro è anch’essa superiore alla media OCSE, a causa di un sistema di trasferimenti sociali netti poco generosi con i lavoratori a basso reddito. Oltre che auspicare un adeguato sussidio di disoccupazione, il rapporto OCSE suggerisce che i governi rinforzino il sostegno alle famiglie e ai lavoratori a basso reddito durante la crisi economica.”