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PHONE CENTER: MORATORIA IN ATTESA DELLA CONSULTA
di lucmu (del 30/05/2007 @ 14:50:30, in Migranti&Razzismo, linkato 941 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 30 maggio 2007 (pag. Milano)
 
Sono passati due mesi dall’entrata in vigore della legge regionale n. 6/2006 contro i phone center e quasi nessuno ne parla più. Eppure, il carattere strumentale, discriminatorio e irragionevole del provvedimento sta emergendo proprio ora in tutta la sua drammaticità.
Risulta persino impossibile tracciare un quadro preciso dell’applicazione della legge su scala regionale, poiché i singoli Comuni si muovono in maniera difforme e in una situazione normativa caotica. E così ci sono Comuni, come ad esempio Bresso, San Giuliano Milanese e Pavia, che contestano la legittimità della legge, mentre altri che hanno preso la palla al balzo per delle vere e proprie spedizioni punitive.
Ma il caso più eloquente è senz’altro rappresentato dal Comune di Milano, che da solo ospita sul proprio territorio oltre 700 esercizi: di questi, risultano in regola con le nuove norme soltanto 10. Tutti gli altri sono dunque a rischio di blocco dell’attività e, infatti, sono state emesse circa 650 salatissime multe, mentre 150 provvedimenti di chiusura sono già pronti per la consegna, anche se in gran parte ancora fermi negli uffici a causa, supponiamo, di un elementare senso di prudenza, visto che è già stato presentato il primo ricorso alla sezione milanese del Tar.
Che la normativa regionale faccia acqua da tutte le parti, lo dimostrano peraltro le motivazioni dell’ordinanza del Tar della Lombardia, sezione di Brescia, trasmesse alla Corte Costituzionale pochi giorni fa, ordinanza che solleva la questione di legittimità costituzionale di tre articoli fondamentali della legge regionale. Vengono contestate la retroattività della normativa, la violazione dei principi di ragionevolezza, di parità di trattamento e di proporzionalità e persino l’invasione di ambiti di competenza non propri.
Ma ancora più illuminanti sono le reazioni del centrodestra regionale ai rilievi del Tar. Mentre le dichiarazioni ufficiali propongono il ritornello dei giudici che fanno politica, a livello amministrativo vengono emessi degli atti a dir poco ambigui. Non ci riferiamo soltanto alla ormai famosa “circolare esplicativa” della D.G. Commercio, Fiere e Mercati del 21 marzo scorso, con la quale la Regione cerca furbescamente di scaricare la responsabilità delle chiusure sui Comuni, ma altresì a una serie di note che interpretano creativamente la legge. Citiamo, a mo’ di esempio, quella inviata dalla D.G. Sanità il 20 aprile scorso al Comune di Pavia, dove si “chiarisce” che l’obbligo della larghezza minima di 1,20 metri per le cabine telefoniche vale solo per quelle “aperte” e non per quelle “chiuse”, una distinzione di cui non si trova traccia nella legge. E, guarda caso, è proprio la prescrizione di misure del genere, per phone center già esistenti, ad essere considerata dal Tar un “inutile gravosità”.
Insomma, ci pare che il livello di caos applicativo e di incertezza normativa abbia superato definitivamente il limite dell’accettabile, considerato che stiamo parlando di migliaia di legittime attività commerciali e delle esistenze di quanti e quante vi lavorano, messe a rischio da un provvedimento xenofobo e insensato e rispetto al quale la Corte Costituzionale si esprimerà a breve. Forse è davvero giunto il momento di far tornare almeno il buon senso. Per questo chiediamo con forza, alla Giunta regionale e ai Comuni, una moratoria dei provvedimenti sanzionatori fino al pronunciamento della Consulta nonché l’apertura di un tavolo di confronto con le associazioni dei gestori.