Stamattina, insieme al segretario del Prc di Bergamo, Ezio Locatelli, ho visitato il carcere di via Gleno, a Bergamo. Ecco il comunicato rilasciato all’uscita:
“La Casa Circondariale di Bergamo è un tipico esempio di quello che sono diventate le carceri italiane, cioè delle discariche sociali, con l’aggravante del sovraffollamento, che ormai non fa nemmeno più notizia.
Nel dettaglio, la capienza ottimale della struttura è di 220 detenuti, ma oggi ce ne sono 496, di cui 32 donne. In altre parole, è stata superata anche la cosiddetta ‘capienza di necessità’, che prevede due detenuti per cella, anziché uno come da standard ottimale: attualmente, infatti, in ogni cella convivono ben tre persone.
Per quanto riguarda la presenza di detenuti stranieri, compresi quelli comunitari, siamo a quota 267, cioè il 54% per totale. Le comunità più rappresentate sono quella marocchina (93) e quella albanese (40), ma complessivamente si contano ben 35 diverse nazionalità di appartenenza.
I dati che fanno maggiormente impressione sono però quelli relativi ai detenuti con problemi di tossicodipendenza o di tipo psichiatrico.
Infatti, il 42% del totale, cioè 209, sono registrati come tossicodipendenti, mentre quelli diagnosticati come ‘psichiatrici’ sono l’11%, cioè 55. Il personale medico stima inoltre che circa altri 200 detenuti mostrano disagi di tipo mentale o comportamentale.
La larga maggioranza della popolazione carceraria di Bergamo è detenuta per reati di microcriminalità. In prevalenza - oltre la metà dei reclusi - per violazione della legge sui stupefacenti.
Infine, va sottolineato che vi è un forte turn over, poiché solo una minoranza dei detenuti sconta una pena definitiva, mentre tutti gli altri sono in attesa di giudizio.
Insomma, se, nonostante tutto, il carcere funziona ancora, questo lo si deve soprattutto alla professionalità e all’impegno della direzione e a quanti, nelle diverse funzioni, ci lavorano. Inoltre, va segnalato la buona relazione del carcere con il territorio, grazie anche all’opera del Comitato carcere e territorio e alla forte presenza del volontariato.
Professionalità, impegno e volontariato non possono tuttavia ovviare al problema di fondo, cioè che le carceri funzionano oggi da discarica sociale, dove raccogliere parte delle conseguenze dell’esclusione sociale.”
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer e Ezio Locatelli