Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 31 marzo 2010 (pag. Milano)
Non ce l’abbiamo fatta a rimanere nel Consiglio regionale della Lombardia. Il voto alla lista della Federazione della Sinistra doveva superare il 3%, cioè la soglia di sbarramento, ma ci siamo fermati ben prima, al 2,04%.
Alcuni pensano che questa sia l’ora della recriminazione, contro l’astensionismo, contro i grillini, contro Penati, contro il destino cinico e baro. Ma sbagliano, perché il problema sta dalla nostra parte, anzi, il problema siamo noi, la sinistra riunita in federazione e quella in generale. Ebbene sì, perché c’è poco da ridere anche per gli altri, visto che Sel ottiene un consigliere soltanto grazie all’ombrello protettivo di Penati e con un misero 1,38%.
Quanto a Penati, inutile perdere altro tempo, visto che è andato peggio di 10 punti rispetto a Sarfatti nel 2005 e appena un po’ meglio, cioè di 1,7 punti, rispetto a Martinazzoli nel lontano 2000.
Insomma, si è confermato quello che si intuiva, cioè se la crisi, economica, morale e politica, non trova una via d’uscita a sinistra, allora la trova a destra. E la marea leghista sta lì a dimostrarlo.
E allora, tornando al punto, dobbiamo ragionare su noi stessi, su una sinistra inadeguata persino a rappresentare il bisogno di sinistra esistente, oggi e qui. Altrimenti come si spiegherebbe la forte emorragia di voti, addirittura superiore all’aumento dell’astensionismo medio, verso il non voto, i grillini o l’IdV?
I numeri, soprattutto quelli veri, sono impietosi. La FdS ha raccolto 87.220 voti (2.04%). Il nostro candidato Presidente, Vittorio Agnoletto, 113.749 (2,36%). Alle ultime elezioni regionali, cinque anni fa, Rifondazione da sola ottenne 248mila voti (5,7%) e i Comunisti Italiani altri 104.246 voti (2,4%). E non siamo nemmeno riusciti a tenere i voti che la FdS raccolse in Lombardia l’anno scorso, in occasione delle europee, cioè 147mila.
Sono dati che non ammettono repliche, che fotografano una disfatta (perché le cose vanno chiamate con il loro nome). E quindi, le 4.088 preferenze espresse al sottoscritto nella circoscrizione di Milano hanno quasi il sapore della beffa, perché sono più del doppio di quelle di cinque anni fa, quando fui eletto. Ma quelle preferenze sono anche e anzitutto il risultato dell’impegno e del crederci di tanti e tante e, in questo senso, il miglior apprezzamento del lavoro svolto che uno si possa immaginare.
A chi in questa campagna elettorale si è sbattuto, a chi ha attacchinato, distribuito materiale, convinto altri, scritto mail e sms, o semplicemente è andato a votare, affrontando il fatidico quesito “ma dove cavolo si mette questa H?”, a chi ha fatto uno sforzo generoso e non scontato, decidendo magari di andare a votare per prima volta, o a chi quel partito non l’avrebbe mai più votato, ma poi l’ha fatto lo stesso, a tutti voi un grazie enorme, di testa e di cuore.
E, infine, un impegno, una certezza e un auspicio. L’impegno è di non ritirarmi a vita privata, di continuare il lavoro, nelle forme possibili e nello stesso spirito, tenendo unite parole e fatti, sociale e politico.
La certezza è che a sinistra così non si può andare avanti, che occorre una scossa, un fatto nuovo, aria fresca, capacità unitaria e un atto di liberazione dall’autoreferenzialità degli apparati.
L’auspicio è che non ci disperdiamo, che valorizziamo le cose fatte insieme in questi anni e, soprattutto, che affrontiamo insieme le battaglie e i percorsi del domani.