Sono sconvolto e addolorato. Il destino ci ha portato via Riccardo Sarfatti. Un incidente in macchina, sul lago di Como, stanotte. L’ho appreso stamattina da Radio Popolare e non volevo crederci.
Ho visto Riccardo per l’ultima volta soltanto poche ore prima. Ieri sera verso le 23 ci siamo incrociati alla festa del Pd di Lampugnano. Io stavo bevendo un caffè con amici e lui stava andando via. Voleva dirmi delle cose a proposito delle primarie di Milano, ma si faceva tardi ed era stanco e così siamo rimasti che ci saremmo sentiti per telefono.
L’ultima immagine sua che ho impresso nella mente è quella di ieri sera, quando ci siamo salutati. Una buona immagine, perché era un Riccardo sorridente, che sprigionava calore umano. Insomma, era lui.
Sono arrabbiato, anzi incazzato. Con la vita, con il destino o con qualsiasi cosa abbia il potere di decidere chi resta e chi se ne deve andare. Perché lui aveva ancora molte cose da dire e da fare.
Riccardo era anzitutto una persona pulita, umanamente, politicamente e moralmente. E di questi tempi questo è tantissimo. Potevi essere d’accordo con lui oppure no, ma mai dubitavi della sua buona fede, mai l’avresti immaginato nei panni del manovratore.
Era trasparente, ci teneva ai suoi principi e le sue battaglie le conduceva alla luce del sole, anche quando era scomodo e controcorrente. Sapeva argomentare le sue posizioni, ma sapeva anche ascoltare gli altri. Cercava sempre ciò che univa e non ciò che divideva.
Riccardo l’ho conosciuto nel 2005, in campagna elettorale per le elezioni regionali. Io ero candidato a consigliere nelle liste di Rifondazione, lui era candidato alla presidenza per l’Unione, che allora univa tutto il centrosinistra.
All’inizio, da parte mia, c’era un po’ di diffidenza. Ovvio, io venivo dai movimenti sociali e dal sindacalismo di base, lui era un imprenditore moderato. Ma il suo modo di essere e di fare aveva fatto sì che le differenze non diventassero deflagrazioni, bensì motivo di confronto. Sapeva costruire ponti.
Allora, si sentivano molte critiche rispetto alla scelta di candidare Riccardo come sfidante di Formigoni. Dicevano che era troppo debole e qualcuno lo aveva chiamato addirittura “signor nessuno”. Ebbene, con un’altra elezione regionale alle spalle possiamo trarre il seguente bilancio: Riccardo è stato lo sfidante di Formigoni che ha ottenuto nettamente il miglior risultato. Discorso chiuso.
Riccardo aveva il suo bel da fare dopo, in Consiglio regionale. Si assunse da subito il ruolo di coordinatore dell’opposizione. Infatti, lui non era di quelli che una volta sconfitti spariscono. No, lui rimase al suo posto per continuare la battaglia in coerenza con l’impegno preso con gli elettori.
Comunque, i tempi dell’Unione stavano finendo. In Lombardia addirittura anzitempo. A livello nazionale stava nascendo il Governo Prodi, ma qui in Regione Ds e Margherita decretarono la fine dell’alleanza. E Riccardo rimase disoccupato, perché non c’era più nulla da coordinare.
Eppure, lui non si arrese mai a questo fatto, lui credeva nell’unità e continuava a tessere relazioni, aprire porte, costruire ponti. E non portava al mercato le sue convinzioni e i suoi principi, manteneva ferma la sua autonomia di giudizio.
Vi ricordate della legge lombarda contro i phone center, quella poi abrogata dalla Corte Costituzionale per manifesta illegittimità? Alla fine, tutta l’opposizione consiliare era contraria, perché nel frattempo la realtà aveva mostrato la dimensione reale dell’obbrobrio. Ma al momento della sua approvazione in Consiglio, nel 2006, le cose stavano diversamente. L’Ulivo diede indicazione di voto favorevole ed eravamo davvero in pochi a non votare a favore. Ebbene, Riccardo Sarfatti faceva parte di questi ultimi.
Questo era Riccardo. O, per essere più giusti, questo è il mio Riccardo, come l’ho visto e come lo vedo io. Un uomo e un politico che ha saputo conquistarsi con leggerezza la mia stima, il mio rispetto e la mia amicizia. E che ora mi manca terribilmente.
Ciao Riccardo!