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IL “COLLEGATO LAVORO” DIVENTA LEGGE DELLO STATO (N. 183/2010) – UNO SCHIAFFO A NEOASSUNTI E PRECARI
di lucmu (del 09/11/2010 @ 15:14:56, in Lavoro, linkato 5811 volte)
Il “collegato lavoro”, approvato in via definitiva dalla Camera dei Deputati il 19 ottobre scorso e promulgato dal Presidente della Repubblica il 4 novembre, è stato pubblicato oggi sulla Gazzetta Ufficiale. Il collegato è dunque legge dello Stato (legge 4 novembre 2010, n. 183) e le sue norme entreranno in vigore tra 15 giorni.
Il provvedimento ci ha messo due anni a diventare legge, si è man mano ingrossato fino ai suoi attuali 50 articoli e aveva subito anche un rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica il 31 marzo 2010, a causa della norma incostituzionale volta ad impedire a un lavoratore licenziato di ricorrere al giudice. Quest’ultima norma è stata ovviamente eliminata, ma tutto il resto è rimasto e, anzi, si è aggiunto qualche ulteriore peggioramento.
Insomma, il risultato finale è un ulteriore e pesante atto di destrutturazione del diritto del lavoro e di privazione di tutele e diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Governo e maggioranza (Fini compreso) esultano, Confindustria è felice, e subito chiede di più, e Bonanni, seguito a ruota da Uil e Ugl, applaude compiaciuto.
Comunque, è una legge che avrà un forte impatto su un’ampia fascia di lavoratori, specie i neoassunti e i precari, e che dunque avrebbe meritato perlomeno un intenso dibattito pubblico, delle accese polemiche televisive e anche qualche rumorosa manifestazione di piazza. Invece, nulla di tutto ciò è successo. Anzi, il provvedimento è passato in sostanziale silenzio. E così, quasi nessuno conosce le conseguenze perverse del “collegato lavoro”.
Nel nostro piccolo, quindi, vogliamo contribuire a disturbare il silenzio e a far conoscere la legge n. 183/2010, invitando quanti e quante ne hanno la possibilità e la voglia di fare altrettanto.
Oltre a diffondere il testo di legge, che puoi scaricare in fondo a questo articolo, vi consiglio, anzitutto, di dare un’occhiata alla guida alla lettura che ha pubblicato il Sole 24 Ore (Il collegato lavoro dalla A alla Z), che è utile per avere una visione generale dei temi affrontati dal “collegato”.
Poi, senza la pretesa di essere esaustivo, vi segnalo quelle che a mio modo di vedere sono le innovazioni normative più deleterie e pericolose per i lavoratori e le lavoratrici e che, quindi, conviene conoscere bene:
  1. si tenta di limitare la possibilità del lavoratore di far valere le sue ragioni e i suoi diritti in sede giudiziaria. Anzitutto, con il rafforzamento dell’istituto della “certificazione dei contratti” (art. 30), che “certifica” preventivamente che il contenuto del contratto corrisponde alla natura effettiva del rapporto di lavoro. E di tale certificazione dovrà tenere conto anche il giudice del lavoro, in caso di controversia. Ovviamente, c’è bisogno dell’accordo e della firma del lavoratore sulla certificazione, ma considerato che questi vengono chiesti preventivamente, al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro, fate voi…
  2. La stessa finalità di limitare il potere del giudice e della legge viene perseguita anche con un altro istituto, quello dell’arbitrato (art. 31). Anche in questo caso ci vuole l’accordo del lavoratore, ma sempre preventivo, cioè in un momento antecedente al verificarsi di un eventuale controversia, e consiste essenzialmente nella rinuncia preventiva (“clausola compromissoria”) a ricorrere al giudice del lavoro in caso di controversia (escluso il licenziamento, dopo l’intervento del Presidente della Repubblica). Inoltre, l’arbitro non dovrà giudicare in base alla legge, ma in base al principio di “equità”.
  3. Vengono modificati i termini per l’impugnazione dei licenziamenti per i lavoratori precari (a termine, interinale, a progetto) (art. 32). È la norma più micidiale, perché immediatamente operativa. In estrema sintesi, il licenziamento va impugnato entro 60 giorni e, poi, entro altri 270 giorni va depositato in tribunale il ricorso, pena la decadenza della possibilità di contestare. Siccome la tempestività delle impugnazioni non è tra le caratteristiche principali dei precari, magari perché non conosce la normativa oppure perché tenta di farsi riassumere più avanti con un altro contratto precario, questa norma equivale a una mezza sanatoria preventiva. Infine, come se non bastasse, l’articolo 32 introduce anche un tetto massimo al valore di indennità che il datore di lavoro dovrà pagare, qualora venga accertata l’illegittimità del licenziamento.
  4. Infine, va segnalata l’introduzione della possibilità di assolvere l’ultimo anno di obbligo scolastico non a scuola, bensì lavorando. Cioè, puoi fare l’apprendista a 15 anni (art. 48, comma 8) e tanti saluti all’obbligo scolastico fino a 16 anni.
 
cliccando sull’icona qui sotto puoi scaricare il testo integrale della legge n. 183/2010