Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 9 dicembre 2010, nell’ambito del dibattito “Dopo la gru”, che ha già visto gli interventi di Alessandro Dal Lago (7 dic.) e Annamaria Rivera (8 dic.).
C’è il dopo-gru, ma a questo punto, c’è anche il dopo-Mohamed Fikri, cioè quel giovane operaio passato in un batter d’occhio dalla condizione di marocchino-mostro da prima pagina a quella di vittima di uno spiacevole errore di traduzione, degno tutt’al più della pagina 12 di la Repubblica e 22 del Corsera.
Certo, due vicende molto diverse tra di loro, ma che in fin dei conti raccontano la medesima storia: quella del rapporto irrisolto -e pertanto pericoloso- della società italiana con la sua componente immigrata. E, aggiungiamo, quella del rapporto altrettanto irrisolto tra progetti politici della sinistra, intesa in senso lato, e questione migrante.
Rapporti complessi, beninteso, dove realtà reale e realtà percepita si mescolano e sono in perenne conflitto tra di loro, con l’aggravante che sul mercato del consenso la seconda costituisce merce preziosissima che prevale sulla prima.
Ma partiamo dalla realtà reale, non tanto in omaggio all’ottimismo biblico del “la verità vi farà liberi”, ma soprattutto perché non vi può essere progetto di cambiamento, e nemmeno sogno o immaginario, che non assuma la materialità delle condizioni di esistenza e delle relazioni sociali come punto imprescindibile di partenza.
E la realtà ci dice alcune cose fondamentali. Primo, la società multietnica, multiculturale eccetera non è un disegno politico o un complotto, bensì un dato di fatto, che si sostanzia nella presenza nel nostro paese di 5 milioni di uomini e donne immigrati e in un 10% del totale dei lavoratori dipendenti (il 16% in Lombardia).
Secondo, questa nuova presenza è un dato irreversibile. Ne è prova inconfutabile, sebbene ampiamente ignorata, l’avvento della cosiddetta seconda generazione, cioè i figli e le figlie di genitori immigrati, nati e/o cresciuti qui. A Milano, ad esempio, prendendo in considerazione soltanto quanti regolarmente residenti, gli stranieri rappresentano il 15,3% dei milanesi, ma se ci limitiamo alla fascia d’età tra 0 e 17 anni, allora la percentuale sale al 21%. Chiaro?
Insomma, la realtà reale consiglierebbe a chiunque di impegnarsi per l’integrazione o, come preferiamo noi, l’inclusione, visto che, dati alla mano, il futuro si costruisce insieme oppure il futuro si annuncia molto difficile. Eppure, chi esercita responsabilità pubbliche e chi gestisce l’informazione mainstream tende a fare l’esatto contrario, come si è visto anche nei nostri casi di riferimento.
Mohamed Fikri era stato immediatamente espropriato del suo nome e cognome e trasformato in “marocchino” o “extracomunitario” assassino. Con rapidità incredibile sono spuntati gli idioti con i loro cartelli, immediatamente ripresi e rilanciati da schiere di giornalisti, che invocavano la cacciata di marocchini e simili dalla Padania. Un clima nauseabondo, dove l’importante era poter inveire contro “gli extracomunitari”, mentre il destino di Yara e la sofferenza della famiglia erano ridotti a mero contorno.
La protesta sulla gru di Brescia e quella sulla ciminiera a Milano, invece, un qualche risultato positivo l’ha prodotto, aprendo una finestra sulla realtà reale e svelando a un paese disattento e disinformato cosa fosse quella tanto chiacchierata sanatoria per badanti del 2009. Cioè, un grande inganno, fatto di speranze frustrate, di operai travestiti da badanti per tentare di fuoriuscire dal ricatto della clandestinità e del lavoro nero, di imprenditori e intermediari truffatori e di un Ministro degli Interni ingannevole, che prima dice una cosa e poi fa fare il contrario al suo capo della polizia.
Insomma, una finestra troppo scomoda perché potesse rimanere aperta troppo a lungo. Andava chiusa e bisognava anche punire in maniera esemplare chi aveva osato rompere il silenzio. Per questo ci sono state le espulsioni lampo, in un momento dove nella realtà reale le espulsioni sono praticamente ferme causa mancanza fondi, come denunciato, nel disinteresse generale, dal capo dei giudici di pace di Milano, Dattolico, il 1° settembre scorso.
Le proteste della gru e della ciminiera potevano essere gestite meglio? Si poteva evitare qualche espulsione-rappresaglia? Probabilmente sì, ma questo non avrebbe cambiato il dato di fondo, cioè l’indifferenza diffusa e la manifesta impermeabilità del potere.
Il punto è che non esiste ancora una visione politica della sinistra che includa la questione migrante, che la assuma come parte integrante e fondante della propria identità e progettualità e che, dunque, la traduca in azione politica incisiva. Continua, invece, a prevalere l’oscillazione tra due estremi, ambedue perdenti: la subalternità al discorso della destra e la sterile invocazione ideologica.
Per tentare di rimettere in connessione tra di loro la realtà reale e quella percepita, occorre anzitutto mettere in connessione tra di loro i soggetti sociali, le loro lotte e i loro discorsi e percorsi per uscire dalla crisi. Cioè, gli operai metalmeccanici, gli studenti, i movimenti in difesa dei beni comuni e, ovviamente, i movimenti dei migranti.
Questa ci pare l’unica strada realista, il resto rischia semplicemente di confermare e aggravare la miseria dell’esistente.