Criticare Cl non è reato ed è dunque illegittimo che l’amministrazione regionale lombarda, governata da quasi 16 anni dal capo di Cl, Roberto Formigoni, abbia sanzionato un suo funzionario soltanto perché ha osato criticare pubblicamente il gruppo politico. Questa è la morale e il succo della sentenza del Tribunale di Milano del 20 gennaio scorso che ha dato pienamente ragione a Enrico De Alessandri e condannato Regione Lombardia.
Enrico De Alessandri, funzionario di Regione Lombardia, era stato sanzionato e temporaneamente sospeso dal lavoro nell’ottobre del 2009, perché ritenuto colpevole di aver violato le norme disciplinari contenute nel contratto collettivo, nel codice di comportamento e in quello etico, nonché diversi articoli del codice civile. Insomma, in sostanza avrebbe “denigrato” il suo datore di lavoro, cioè Regione Lombardia.
Ma cosa aveva fatto di tanto grave il dott. De Alessandri? Semplice, aveva scritto un libro, dal titolo “Comunione e Liberazione: assalto al potere in Lombardia” (scaricabile da www.teopol.it). Beninteso, non aveva pubblicato materiale riservato dell’amministrazione regionale, ma si era basato su materiali pubblici, tra cui anche atti istituzionali e politici di Consiglieri regionali, compresa anche la mia denuncia del 2008 circa il finanziamento pubblico per la costruzione ex novo una scuola privata a Crema.
Ma si sa, dopo 16 anni di potere ininterrotto la differenza tra cosa pubblica e cosa di Cl diventa sempre più labile. Tant’è vero che l’amministrazione regionale aveva fatto ricorso al codice disciplinare, equiparando una critica a Cl a una “denigrazione” della Regione Lombardia.
Ebbene, a questo uso illegittimo e privatistico dell’istituzione da parte di Comunione e Liberazione erano seguite, prima, delle denunce ed interrogazioni in sede istituzionale e, poi, un ricorso in sede giudiziaria da parte del funzionario offeso. Il 20 gennaio scorso, infine, il Tribunale di Milano, sezione Lavoro, ha dichiarato l’illegittimità della sanzione disciplinare ed ha condannato Regione Lombardia.
È illuminante, peraltro, leggere le motivazioni del giudice, che dicono sostanzialmente che le contestazioni di Regione Lombardia erano soltanto generiche e non indicavano mai le frasi che avrebbero violato le norme e “denigrato” l’istituzione. In altre parole, aggiungiamo noi, la sanzione era priva di fondamento ed ispirata unicamente a motivi di carattere politico.
Da parte nostra esprimiamo la nostra piena soddisfazione, perché ristabilendo il rispetto della legge, il tribunale ha chiarito che un funzionario regionale non è un dipendente di Comunione e Liberazione, bensì un cittadino che può esprimere liberamente le sue opinioni.
Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer