Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato sul giornale online Paneacqua il 15 marzo 2011
Il Sindaco Moratti e il suo vice, l’ex-capo missino De Corato, non smettono di stupire. Infatti, proprio quando la campagna elettorale inizia ad entrare nel vivo, ne hanno inventata un’altra: è temporaneamente sospeso il diritto dei cittadini milanesi di manifestare davanti alla sede del Comune, cioè in piazza della Scala.
Persino i Re di Francia ammettevano che i sudditi potessero presentargli le loro lamentale (doléances), ma il democratico potere municipale della moderna Milano non può tollerare che i cittadini si riuniscano davanti a Palazzo Marino? Ci sarebbe da ridere, se non fosse roba seria.
Beninteso, non ci sorprende l’avversione del vicesindaco per la libertà di espressione, specie di quelli e di quelle che non la pensano come lui, bensì che egli abbia trovato complicità nelle istituzioni preposte alla tutela dell’ordine pubblico e delle libertà costituzionali.
In realtà, le avvisaglie c’erano tutte, perché da un po’ di tempo in Questura stavano diventando estremamente rigidi di fronte a comunicazioni di presidi o manifestazioni in piazza della Scala, ma il salto di qualità era arrivato settimana scorsa, quando all’Arci di Milano era stata negata piazza della Scala. Non c’era niente da fare e l’Arci ha dovuto spostare la sua iniziativa, prevista per sabato prossimo, in piazza Fontana.
Per capire ancora meglio di cosa stiamo parlando, occorre ricordare che la protesta dell’Arci è rivolta espressamente contro alcuni atti dell’amministrazione comunale, considerato che all’inizio del mese la Polizia Locale, che riceve gli input direttamente dal vicesindaco con delega alla sicurezza, ha chiuso l’ennesimo circolo Arci, La Casa 139.
Insomma, siamo di fronte a un divieto che nulla c’entra con l’ordine pubblico, ma molto invece con la politica. E, come se non bastasse, ieri pomeriggio è arrivato pure un lancio di agenzia dell’Ansa che ha annunciato quello che tutti intuivano: “a Piazza della Scala non si può più manifestare: a quanto si è appreso la questura, la prefettura e l’amministrazione avrebbero stretto un’intesa per evitare assembramenti nella famosa piazza di fronte all’amministrazione comunale”.
L’Ansa non ha citato la fonte, ma si sa, quell’agenzia difficilmente lancia un sasso se prima non ha fatto le sue verifiche. Ma a questo punto c’era un problema, visto che l’ancién regime non c’è più e vietare ai cittadini una piazza pubblica per non infastidire Moratti e De Corato è palesemente illegale e incostituzionale. E così, passate alcune ore, è arrivato il comunicato stampa della Questura che diceva che non c’è alcun divieto di manifestare in piazza della Scala, che “non esiste alcun accordo preventivo tra le istituzioni citate” e che il Questore valuta caso per caso “in relazione ad eventuali, possibili problematiche che possano influire, in generale, sull’ordine e sulla sicurezza pubblica”.
Tutto bene, quindi? Per niente, visto che gli altri protagonisti della vicenda sono rimasti in assordante silenzio. Neanche mezza smentita, ovviamente, da De Corato e Moratti, ma soprattutto non ha smentito il Prefetto, che è pur sempre la massima autorità sul territorio in materia di ordine pubblico. Inoltre, rimane la questione dell’iniziativa dell’Arci in programma per sabato prossimo, per la quale piazza della Scala risulta tuttora off-limits.
Insomma, azzardiamo un’ipotesi. L’accordo l’hanno fatto davvero, soprattutto tra l’amministrazione comunale e il Prefetto Lombardi, il quale si è sempre contraddistinto per la sua sensibilità verso le sollecitazioni politiche provenienti dal centrodestra, tant’è vero che aveva persino ricevuto nel suo ufficio Marysthell Polanco, una delle papi-girls bisognosa di un aiutino. La Questura, da parte sua, non fosse altro perché vi era consapevolezza dell’illegalità di accordi del genere, ha cercato di prendere le distanze una volta che la cosa era finita sulla pubblica piazza.
Tuttavia, a parte i comunicati stampa, tutto è rimasto esattamente come prima, a partire dal divieto per l’Arci di poter manifestare davanti al Comune. Ecco perché riteniamo che debba essere fatta chiarezza in tempi stretti. Cioè, il Questore ritiene davvero che l’Arci sia un problema per l’ordine e la sicurezza pubblica? Se non lo pensa, allora deve revocare immediatamente ogni divieto.
Comunque sia, noi pensiamo che divieti di questa natura siano estremamente preoccupanti ed estranei alla legalità costituzionale e che sia, pertanto, un dovere civico non accettarli e non legittimarli e, se necessario, disobbedire ad essi.