Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 14 ottobre 2011
Zone rosse attorno ai palazzi, allarme violenza, qualche manganellata di troppo, come a Bologna, e alcuni arresti inquietanti, come a Brindisi. Insomma, neanche questa volta l’autorità costituita ha voluto deviare dall’ormai consueto e consunto rito. Prendiamone atto e passiamo oltre.
Ebbene sì, perché la giornata globale contro l’austerity del 15 ottobre, la sua riuscita, il suo significato e la sua incidenza, saranno valutati con ben altri parametri, qui e in Europa. Cioè, con la capacità o meno di segnare la presenza e la rilevanza di un altro punto di vista sulla crisi, alternativo a quello della Bce, del Fmi e della Bm, di Marchionne e di Draghi, degli hedge funds, dei banchieri, delle agenzie di rating eccetera.
In altre parole, il punto è se il 15 ottobre quelli e quelle che stanno fuori dal recinto, per usare la metafora bertinottiana, cioè noi, nella nostra pluralità e nelle nostre diversità, riusciremo ad andare oltre all’esplicitazione dell’indignazione, per evocare ed innescare la nostra costituzione in forza, movimento e discorso, capace di incidere sull’agenda sociale e politica e di produrre cambiamento percettibile.
E attenzione, non è un problema marginale e tanto meno astratto o politicista. Anzi, è questione centrale, urgente e concreta. È centrale perché è illusorio pensare che per il solo fatto che la crisi sia di sistema e non congiunturale, essa porti dunque spontaneamente all’emersione di un’alternativa di sistema. Non è affatto così e la realtà di tutti i giorni si incarica di ricordarcelo: in assenza di alternative politiche dotate di forza sociale autonoma, prevale la risposta alla crisi di coloro i quali la crisi l’avevano provocata.
E la loro ricetta è micidiale, perché radicalizza ed estremizza il sistema in crisi, ridisegnando un’epoca e evocando un Ottocento in salsa global e multimedia. Dunque, niente più compromessi sociali, welfare, contratti nazionali, diritti dei lavoratori e partecipazione democratica. E quello che è peggio, nel vuoto la loro risposta conquista adepti a 360 gradi: Enrico Letta plaude alla lettera della Bce, Veltroni invoca governi tecnici per fare quello che pensa Draghi, Renzi parla come Brunetta, insulta i dipendenti comunali ed acclama Marchionne, la Cgil segue Bonanni sulla via del 28 giugno e così via.
Ma definire un orizzonte politico alternativo è anche un’urgenza, perché il dopo incombe. Non solo c’è la crisi e le politiche anticrisi che picchiano sempre più duro, ma c’è anche la fine del ciclo politico berlusconiano. Non importa sapere se finirà domani, tra un mese o tra un anno, importa sapere che sta finendo e che già oggi tutte le forze e gli attori in campo si scontrano, si muovono e si posizionano in funzione del dopo.
Difficile, davvero, sostenere che tutto questo non riguardi il 15 ottobre e i suoi protagonisti. Sarebbe come dichiararsi indifferenti rispetto alla possibilità di trovarci dopo Berlusconi con un governo della Bce o con un centrosinistra che fa la fine del Pasok greco.
Infine, si tratta anche di un problema concreto, anzi concretissimo. La crisi devasta le esistenze e le aspettative delle persone in carne ed ossa. Che sia una giovane precaria che non sa se il mese prossimo avrà ancora una fonte di reddito oppure uno di quei tantissimi operai della Jabil di Cassina de’Pecchi, della Fincantieri di Sestri-Ponente o dell’Irisbus di Valle Uftia che rischiano il posto di lavoro a causa della crisi, di un certo banditismo imprenditoriale e dell’immobilismo istituzionale, a tutte queste persone non si può rispondere “no so” quando ti chiedono cosa proponi per risolvere il loro problema.
Insomma, piaccia o non piaccia, sabato dobbiamo fare i conti con questa dimensione e questo significa che abbiamo, tutti e tutte, un certa responsabilità. Il 15 ottobre si preannuncia partecipato, ma se sarà soltanto una parentesi, una giornata magari un po’ più rumorosa delle altre, allora avremo sprecato un’occasione. Se, invece, accettiamo la sfida e ne uscirà il messaggio che in Italia un altro punto di vista c’è e che si avviano dei nuovi processi politici, allora il domani potrebbe anche riconsegnarci qualche sorriso.