Formigoni dovrebbe semplicemente dimettersi, visto il carattere sempre più eclatante della questione morale a Palazzo Lombardia, e consentire così ai lombardi e alle lombarde di poter scegliere liberamente, mediante il voto, chi e come deve governare la Regione. Ma Formigoni, ormai al 17° anno consecutivo di mandato presidenziale, non ci pensa nemmeno. Anzi, fa finta di niente e rilancia con un provvedimento da lui pomposamente chiamato “Cresci Lombardia”, che verrà discusso e sottoposto ad approvazione martedì prossimo, 3 aprile, in un Consiglio regionale presieduto dal leghista Davide Boni, indagato per corruzione.
In realtà, il progetto di legge regionale n. 146 (“Misura per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione”), di iniziativa del Presidente ed approvato in Commissione il 28 marzo scorso, è il solito provvedimento omnibus, cioè un testo tutti frutti dove si interviene un po’ su tutto, che non produrrà alcun effetto benefico sulla crescita economica ed occupazionale in Lombardia. Anzi, qualora venisse approvato così com’è, comporterà alcuni cambiamenti fortemente negativi, specie per quanto riguarda il lavoro, la scuola e l’ambiente.
Ma andiamo con ordine. Anzitutto vi è l’articolo 6 del progetto di legge, che aveva suscita rumorose e giuste polemiche nella sua formulazione iniziale, poiché interveniva a gambe tese proprio sull’articolo 18, ipotizzando, per mezzo del famigerato art. 8 del decreto-legge n. 138/2011 di sacconiana memoria, la sostituzione del reintegro con una “indennità di terminazione” (non stiamo scherzando, l’avevano chiamata proprio così!). Ma era evidentemente un po’ troppo provocatorio e così, sebbene Cisl e Uil fossero disponibili a tenersi anche la versione iniziale, la norma fu riscritta.
Da allora non se n’è più sentito parlare, un po’ perché la nuova formulazione aveva ridotto notevolmente le critiche della Cgil regionale e un po’ perché l’intervento del Governo Monti sul mercato del lavoro e sull’art. 18 ha, ovviamente, monopolizzato l’attenzione e lo scontro. Tuttavia, quell’articolo 6 è ancora lì e anche nella sua versione attenuata è una brutta cosa, perché continua a prevedere lo stanziamento di importanti risorse regionali, cioè denaro del contribuente, per favorire la stipulazione di contratti aziendali ai sensi dell’art. 8 del decreto n. 138, cioè in deroga ai contratti nazionali e allo Statuto dei Lavoratori.
Beninteso, sappiamo anche noi che lo scontro decisivo in materia di lavoro si gioca a livello nazionale, ma questa non ci pare una buona ragione per considerare digeribili le mosse di Formigoni e della Lega per svuotare la vigenza dei contratti nazionali e delle leggi.
In secondo luogo, c’è da segnalare l’articolo 8, che intende introdurre una nuova norma in materia di “Reclutamento del personale docente da parte delle istituzioni scolastiche”. Cioè, le destre lombarde pretendono di intervenire con una legge regionale su una materia di chiara competenza statale, stabilendo che i singoli istituti scolastici statali non debbano più assumere personale docente mediante le graduatorie, bensì che possano passare a una sorta di chiamata diretta, con concorsi fatti ad hoc, istituto per istituto.
Insomma, si tratta di un altro tema caro a Formigoni e a Cl, cioè l’attacco alla scuola pubblica e lo stimolo al processo di privatizzazione. Già, perché prima ancora di rappresentare una bandiera federalista o leghista, questa mossa si colloca in piena continuità e coerenza con la politica formigoniana in materia scolastica dell’ultimo decennio. E non è certo un caso che due mesi fa Formigoni abbia chiamato a ricoprire la carica di Assessore regionale all’Istruzione proprio Valentina Aprea, già sottosegretario al Ministero dell’Istruzione e pasdaran della privatizzazione del sistema scolastico italiano.
Comunque sia, ad oggi l’articolo 8 è forse il più conosciuto, visto che ha suscito molte proteste è mobilitazioni, come l’appello per il suo ritiro, promosso dall’Associazione NonUnodiMeno, o il presidio davanti al Pirellone del 27 marzo, organizzato dal Coordinamento Lavoratori della Scuola e dalla Flc Cgil. Quest’ultima, peraltro, si mobiliterà ancora martedì 3 aprile, in concomitanza con la discussione in Consiglio regionale del Pdl n. 146.
Infine, riteniamo necessario richiamare l’attenzione sull’articolo 36, di cui praticamente nessuno parla, a parte Legambiente Lombardia. Anche in questo caso siamo di fronte a un classico del formigonismo e dell’affarismo che lo circonda, perché parliamo di grandi infrastrutture e, in particolare, di autostrade. Con l’articolo in questione si interviene, infatti, sulla legge regionale n. 15 del 2008, cioè quella legge che ha favorito grandemente le colate di asfalto, facilitando le speculazioni e riducendo le tutele per il territorio, e che a suo tempo avevamo aspramente combattuto in Consiglio.
Ebbene, l’art. 36 prevede una cosa incredibile: riduce le compensazioni ambientali nel caso delle grandi opere autostradali, come la BreBeMi o la Tem! Non solo stabilisce per le compensazioni un tetto massimo del 5% del costo dell’intera opera, collocandosi così nettamente sotto la media europea che si aggira sul 7-8%, ma introduce persino il principio che tale percentuale è “inversamente proporzionale all’intero costo dell’opera”. In altre parole, più l’opera è grossa e devastante per il territorio, meno compensazioni ambientali devo pagare!
Insomma, anche se qui abbiamo affrontato soltanto tre punti critici del Pdl n. 146, pensiamo che sia ampiamente sufficiente per sostenere che questo provvedimento, che martedì 3 aprile andrà in Consiglio regionale per la sua approvazione definitiva, merita il massimo di opposizione possibile, dentro e fuori l’Aula.
di Luciano Muhlbauer
cliccando sull’icona qui sotto, puoi scaricare il testo integrale del Pdl n. 146 (“Misura per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione”), nella versione che andrà in Aula martedì 3 aprile