La richiesta del Governo Monti di accelerare l’approvazione del ddl lavoro, che manomette l’articolo 18 e taglia gli ammortizzatori sociali, l’incredibile truffa ai danni degli “esodati”, il forte aumento della pressione fiscale sui lavoratori e sui ceti medi e la contestuale assenza di interventi fiscali sui redditi alti e sulla rendita finanziaria e, infine, le pesanti nubi che si addensano sulla testa dei lavoratori pubblici con l’arrivo della “spending review”, sono tutti fatti che meriterebbero una forte e decisa iniziativa da parte del mondo del lavoro, cioè lo sciopero generale. E, infatti, in molti altri paesi europei succede proprio così, ma non in Italia, dove invece si fa l’esatto contrario.
Non si era ancora spento l’eco delle parole di Monti e Fornero, che ieri avevano spiegato alla loro maggioranza parlamentare che bisognava fare in fretta ed approvare il ddl sul mercato del lavoro prima del Consiglio europeo del 28 giugno, quando il Direttivo della Cgil ha votato a maggioranza, con la contrarietà di “La Cgil che vogliamo” che ha abbandonato la sala, di cancellare le 8 ore di sciopero generale decise nel marzo scorso, ma mai proclamate dalla Segretaria. In loro vece si farà, invece, una mobilitazione con Cisl e Uil in autunno, cioè fuori tempo massimo.
Ebbene, non facciamo parte di quanti assegnano allo sciopero generale poteri quasi soprannaturali, specie di questi tempi, quando scioperare rappresenta un costo economico non indifferente per molti lavoratori, ma da qui a sostenere che non bisogna nemmeno tentare di contrastare la controriforma sociale ce ne passa. Peraltro, c’è pure un precedente, cioè la riforma delle pensioni, che dimostra quanto sia deleterio non opporsi a certi provvedimenti, considerato che la truffa contro i lavoratori “esodati” è nata proprio da lì.
No, lo sciopero generale andava fatto, già molto prima e seriamente. E l’unico motivo per cui non è stato fatto e che era stata persino accreditata la favola che l’articolo 18 fosse salvo, sta nell’assoluta mancanza di autonomia dal quadro politico e dal governo da parte dei gruppi dirigenti non solo di Cisl e Uil, ma anche della Cgil. Ne dovrebbero prendere atto anzitutto quanti ultimamente si sono esercitati nel puntare il dito contro la Fiom, perché “fa politica”.
A questo punto, ci sarà ovviamente molto da ragionare e discutere, perché decisioni come queste, anche se non sorprendono, sono destinate a lasciare il segno. Comunque sia, non è solo l’ora del ragionamento, ma anche e soprattutto quello dell’azione.
Per quanto mi riguarda ritengo necessario sostenere tutte le mobilitazioni dei lavoratori e delle lavoratrici che si pongono l’obiettivo di contrastare la controriforma sociale e di costruire un’opposizione che assuma il punto di vista del lavoro come bussola. E una prima occasione c’è già venerdì, 22 giugno, con lo sciopero generale proclamata dal sindacalismo di base (a Milano, corteo con partenza alle 9.30, da L.go Cairoli).
Luciano Muhlbauer