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REFERENDUM PER NON MORIRE MONTIANI
di lucmu (del 11/09/2012 @ 15:39:14, in Lavoro, linkato 865 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer pubblicato sul giornale on line Paneacqua.info l’11 settembre 2012
 
Finalmente una buona notizia a sinistra: stamattina sono stati depositati in Cassazione i due quesiti referendari sul lavoro, è stato costituito un comitato promotore unitario e, quindi, a metà ottobre si partirà con la raccolta delle firme per abrogare l’art. 8 del decreto legge n. 138/2011 e per ripristinare l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Si tratta di una buona notizia per diverse ragioni. Anzitutto, perché finalmente si tenta di rimettere al centro dell’agenda politica la questione del lavoro e, soprattutto, i lavoratori e le lavoratrici in quanto portatori di diritti e soggettività.
Certo, i due quesiti non possono esaurire l’insieme del discorso sul lavoro, ma essi aggrediscono senza ombra di dubbio uno dei capisaldi delle politiche liberiste e di austerità, che postula la necessità di ridurre il lavoratore ad individuo isolato, privato dei diritti, sostanzialmente precario e, dunque, docile. Già, perché la ratio delle due norme oggetto dei referendum puntano esattamente a questo: l’art. 8 del decreto legge n. 138/2011 generalizza il modello Marchionne e rende il contratto nazionale sempre e comunque derogabile, depotenziandolo nell’immediato e riducendolo a mero ornamento in prospettiva; la manomissione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ad opera della riforma Fornero (legge n. 92/2012) liberalizza il licenziamento illegittimo, esponendo il lavoratore al ricatto permanente.
In questo senso, i due quesiti sollevano una questione generale, cioè se la crisi in cui decenni dì politiche liberiste -a partire dalla liberalizzazione dei mercati finanziari- hanno gettato le nostre società debbano essere pagate dai lavoratori, “garantiti” o precari che siano, oppure da quanti portano la responsabilità della situazione. O, molto più semplicemente, se sia ipotizzabile un futuro socialmente e politicamente sostenibile con le politiche di austerità oppure se vada cercata e costruita da subito un’alternativa, rovesciando il paradigma dominante.
E qui siamo alla seconda ragione che fa di questi referendum una buona notizia. Cioè, finalmente c’è la possibilità di parlare delle cose vere, del merito e dei contenuti, e non semplicemente di alleanze elettorali a prescindere. Infatti, con questi referendum sul banco degli accusati non troviamo uno schieramento, bensì quella politica che ha attraversato diversi governi: quello Berlusconi, sostenuto da Pdl e Lega, e quello Monti, sostenuto da Pdl, Pd e Udc. In altre parole, si tratta di decidere se continuare con la politiche di Monti, della Bce e della grande finanza oppure se cambiare radicalmente discorso.
In terzo luogo, questo referendum, iniziato con una fuga solitaria in avanti dell’IdV, alla fine ha rimesso attorno ad uno stesso tavolo, cioè uno stesso comitato promotore, diversi soggetti della dispersa sinistra sociale e politica (Fiom, intellettuali, Idv, Prc, Sel, Pdci, Alba, pezzi di Cgil eccetera). Beninteso, non è certo l’inizio di una nuova primavera, è semplicemente quello che è, ma di questi tempi non è poco.
 
Infine, un avvertimento a noi tutti e tutte. L’avvio della campagna referendaria sul lavoro è una buona notizia, ma nulla è dato ovviamente, né sul piano dell’esito della campagna referendaria, né tanto meno su quello delle possibili implicazioni politiche. Siamo solo al punto di partenza, per il resto è ancora tutto da vedere e da fare. Molto dipenderà da quello che riusciremo a mettere in campo. Ma conviene investirci, seriamente!