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RENATA & ROBERTO
di lucmu (del 26/09/2012 @ 00:01:00, in Regione, linkato 886 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato sui giornali on line MilanoX e Paneacqua.info il 26 settembre 2012
 
Renata Polverini si è dimessa e la Regione Lazio va al voto. Roberto Formigoni, invece, non ci pensa nemmeno e così la Regione Lombardia continua a navigare a vista, senza più idee e progetti, se non quello di tentare di salvare i destini e gli interessi del Presidente e della sua cerchia.
Dicono che è giusto così, perché la Lombardia non è mica il Lazio e di fronte a certe desolanti scene da fine impero a spese del contribuente verrebbe quasi da dargli ragione. Già, Er Batman e Ulisse, le ancelle e i maiali, sono difficili da superare. E anche la trovata della Polverini di estendere il vitalizio ai suoi assessori non eletti (sic) non è facile da battere. Eppure, a guardare bene, al netto dei toga party la situazione in Lombardia è forse anche più grave.
E poi, non è nemmeno vero che in terra lombarda certe cose non succedono. In fondo, il bunga bunga è stato inventato in Brianza ed ha prodotto persino una consigliera regionale, tale Nicole Minetti, eletta nel listino del Presidente Formigoni (quello delle firme false, per intenderci). O vi ricordate di un certo trota oppure di tal Pier Gianni Prosperini, stella  fascistoide e xenofoba delle tv locali e soprattutto assessore di Formigoni, condannato per corruzione e turbativa d’asta, nonché tuttora indagato per traffico d’armi? Ma stile e sobrietà si cercano inutilmente anche nelle vicende di altri due ex assessori di Formigoni, Nicoli Cristiani e Ponzoni, finiti in carcere l’inverno scorso per corruzione. Il primo accumulava a casa sua banconote da 500 euro, mentre il secondo aveva persino ricevuto un boss della ‘ndrangheta all’assessorato.
Ovviamente, il Presidente Formigoni dice di non c’entrare nulla, esattamente come sostiene l’ex Presidente Polverini. Ma se la seconda è poco credibile, il primo dovrebbe addirittura far sobbalzare dalla sedia, visto che buona parte dei consiglieri regionali inguaiati sono suoi ex assessori, accusati peraltro di reati commessi quando facevano gli assessori. Un esempio? L’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale nominato all’inizio della legislatura è per quattro quinti inquisito per corruzione. Ebbene, a parte il contributo poco edificante del Pd con Penati, gli altri tre, cioè i già citati Nicoli Cristiani (Pdl) e Ponzoni (Pdl), nonché l’ex Presidente, Boni (Lega), erano tutti assessori di Formigoni fino alla primavera del 2010.
Ma la vera differenza con il Lazio sta da un’altra parte. In Lombardia Formigoni e Comunione e Liberazione governano in maniera ininterrotta da ormai 17 anni e in questo tempo si è formato, radicato e ramificato un sistema di potere, dove pubblico e privato si sovrappongono e si confondono. La conseguenza è un diffuso malaffare che trova il suo core business nella sanità, il settore che assorbe la maggior parte del bilancio regionale.
Infatti, in quello che Formigoni chiama “modello Lombardia” vi è una contraddizione intrinseca. Cioè, prima si mettono su un piano di totale parità soggetti pubblici e soggetti privati, ma poi questi ultimi non camminano sulle proprie gambe, ma campano integralmente sui contributi e rimborsi pubblici. In altre parole, i buoni rapporti con chi comanda in Regione è determinante per poter fare affari nella sanità. Lo sapevano bene Don Verzé e il San Raffaele e lo sapeva bene la Fondazione Maugeri, il cui incaricato del lobbying presso l’assessorato alla Sanità, cioè Pierangelo Daccò, era lo stesso che pagava le lussuose vacanze a Roberto Formigoni.
Sarà il processo a decidere se Formigoni è colpevole di corruzione, come sostiene la Procura, oppure no, ma da un punto di vista morale e politico una cosa è chiara ed cristallina da tempo: il sistema di potere costruito da Formigoni e Cl e sostenuto dalla Lega Nord, è marcio, irriformabile e un danno per la Lombardia.
No, la differenza tra Regione Lazio e Regione Lombardia non sta nel livello di degrado morale ed istituzionale, ma unicamente nella quantità di potere controllato dai protagonisti. Renata Polverini non aveva più una maggioranza e sarebbe stata mandata a casa dai consiglieri dimissionari. Ha semplicemente anticipato i tempi, cercando di salvare la faccia con una furbata. Formigoni, invece, può contare su un sistema di potere e di complicità che non si ferma ai confini del suo campo politico e finché la Lega lo sosterrà non ci sarà una maggioranza di consiglieri in grado di sciogliere il Consiglio con le sue dimissioni.
Eppure, dopo la vicenda Lazio qualcosa è cambiato. Oggi, Roberto Formigoni è un po’ meno legittimato nella sua arroganza e nel suo arroccamento. Certo, sarà düra, come dicono da un’altra parte, ma questo è il momento di agire, non per sostituire un presidente, beninteso, bensì per cambiare il modello. Oggi in Lombardia, questo è il tema per la sinistra.