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PERCHÉ NON MI CANDIDO ALLE ELEZIONI COMUNALI
di lucmu (del 09/02/2011 @ 18:13:24, in Politica, linkato 2412 volte)
Non mi candido a consigliere alle elezioni amministrative di Milano. So che molti compagni e compagne, amici e amiche, elettori ed elettrici davano quasi per scontata la mia candidatura, come se si trattasse di una sorta di secondo tempo dopo le regionali dell’anno scorso, e il gruppo dirigente di Rifondazione Comunista me l’ha anche proposta ufficialmente una settimana fa. Ma alla fine, dopo averci riflettuto parecchio e non senza travagli, perché consapevole delle implicazioni, ho scelto di non accettare la proposta. E con le righe che seguono voglio condividere con voi le ragioni della mia decisione, che sono di natura politica e che pertanto, penso, non riguardino soltanto il sottoscritto.
E premetto subito, per sgomberare il campo da ogni possibile malinteso, che questa scelta non comporta in alcun modo un mio ritiro dall’attività sociale e politica che, anzi, continua come prima, a partire dall’impegno a favore di Giuliano Pisapia e per mandare a casa Moratti, De Corato & Co.
 
Un anno fa, dopo il risultato negativo delle regionali, nel ringraziare gli elettori, scrissi queste parole: “la certezza è che a sinistra così non si può andare avanti, che occorre una scossa, un fatto nuovo, aria fresca, capacità unitaria e un atto di liberazione dall’autoreferenzialità degli apparati”. Ho cercato di essere fedele alle mie valutazioni, oggi più valide che mai, e nei mesi successivi avevo tentato, per quello che una persona poteva, di lavorare in quella direzione, compresa la costruzione di un’unica lista della sinistra alle elezioni comunali di Milano.
Beninteso, non credo e non ho mai creduto che l’immane compito del rifare la sinistra, perché di questo si tratta, fosse una questione di liste elettorali, ma essendo oggi e qui le elezioni comunali l’evento politico più rilevante in ordine di tempo, specie in considerazione del fatto che il dominio della destra in città copre ormai il tempo di un’intera generazione, ritenevo necessario che qualche fatto nuovo si materializzasse proprio in quella occasione.
Ed erano pure emersi degli elementi che, in teoria, avrebbero dovuto, o potuto, favorire una prospettiva del genere. Non solo c’era finalmente un candidato sindaco che a sinistra non provocava i crampi allo stomaco, per usare un eufemismo, e al quale sarebbe stato estremamente utile avere una lista di sinistra unica ed aperta, ma soprattutto l’arido campo della politica era stato innaffiato da uno straordinario fermento sociale. La resistenza, la dignità e la voglia di futuro di operai, studenti, ricercatori, precari e migranti, anzitutto, era ed è un’occasione per ricominciare con il piede giusto.
Tutti elementi e fatti che spingevano nella direzione auspicata, mentre i movimenti rimettevano al centro i soggetti sociali e le questioni che contano davvero, a partire dal lavoro e dal reddito, provocando una valanga di balbettii tra gli alchimisti della sinistra di palazzo.
Eppure, tutto questo non è stato sufficiente per smuovere le cose a Milano. Il gruppo dirigente locale di Sel ha preferito barricarsi nel proprio orto e crogiolarsi al calore dei sondaggi d’opinione e il Prc/FdS, benché impegnato seriamente sul terreno unitario, ha pagato il prezzo della sua crisi e dell’immobilismo nazionale. Altri soggetti organizzati della sinistra milanese si erano a priori sottratti alla discussione.
Ma soprattutto è mancata un’altra cosa, considerato che era estremamente arduo immaginarsi che i gruppi dirigenti della sinistra potessero produrre un fatto nuovo se lasciati da soli. Cioè, è mancata una presa di parola e di iniziativa da parte della cosiddetta società civile, dall’associazionismo ai movimenti.
O meglio, le parole ci sono state e pure qualche iniziativa, ma si è palesata anche la drammatica incapacità di tradurre la grande e spesso sottovalutata ricchezza, in termini di partecipazione ed attività sociale, culturale e territoriale, in pressione politica sufficiente a condizionare finanche i deboli gruppi dirigenti della sinistra milanese. Insomma, è un po’ l’altra faccia della medaglia di una Fiom costretta, invece, a fare sul piano nazionale supplenza a una sinistra politica che ancora non c’è.
Tutte queste considerazioni non sono, ovviamente, degli atti d’accusa, ma piuttosto delle prese d’atto. Cioè, degli appunti da cui ripartire ed utili per ridisegnare i percorsi.
Per quanto mi riguarda, ho quindi scelto di non candidarmi alle comunali di Milano, perché penso che la questione non sia cercare un taxi che ti porti a una poltrona, bensì trovare un percorso che dia senso e prospettiva a quello che fai tu e che fanno quelli e quelle con i quali hai condiviso e condividi lotte, dolori, gioie e speranze.
Oggi non so come saranno quei percorsi, ma so che dovremo ridisegnarli insieme, facendo tesoro dell’esperienza, mai perdendo di vista le condizioni e i sogni che si vogliono portare e rappresentare nella sfera politica e mai cedendo alla tentazione di rinchiudersi nei fortini, magari pure fatiscenti.
E so un’altra cosa, da fare subito, in questi mesi: cioè, fare il possibile perché a maggio Giuliano Pisapia possa indicare la porta d’uscita alla Moratti e a De Corato.
 
Luciano Muhlbauer