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MACAO È STATO RI-SGOMBERATO. MACAO DEVE RIFLETTERE
di lucmu (del 22/05/2012 @ 15:23:09, in Movimenti, linkato 1851 volte)
Macao è stato ri-sgomberato. Macao deve riflettere. E non perché sia stato cacciato da Palazzo Citterio, poiché chiunque, a partire da Macao, sapeva che lì non si poteva stare a lungo, ma per trovare la strada che eviti un dejà vu e che dia invece un futuro alla straordinarietà di Macao, fatta di una miriade di uomini e donne, cittadinanza attiva, creatività, cooperazione dal basso, sogni e bisogni.
Macao è diventato Macao strada facendo, nella Torre Galfa. Prima era solo un’intuizione e  un progetto di alcune decine di lavoratori dell’arte, ma poi la realtà ha fornito le ali alla fantasia. L’apertura alla città di un grattacielo, di proprietà di un noto palazzinaro e lasciato colpevolmente in stato di abbandono per 15 anni, la volontà dichiarata di non delegare e di fare da sé, le porte aperte a chiunque volesse produrre cultura ed arte, avanzare proposte o semplicemente essere partecipe, tutto questo non aveva bisogno di tante spiegazioni, parlava da solo.
La notizia era rimbalzata addirittura a New York, ma quello che conta è che a Milano migliaia di persone sono andate alla torre, altre migliaia hanno cliccato in tempo record “mi piace” sulla pagina facebook di Macao o firmato appelli contro lo sgombero e, infine, Macao si è conquistato il consenso di una parte non indifferente della città. Anzi, diciamoci la verità, ad un certo punto era diventato persino figo andare a Macao e chi non c’era mai andato era decisamente out.
Insomma, Macao aveva il vento in poppa. E questo, indubbiamente, ha accelerato i propositi di sgombero, visto che a premere non era soltanto un Ligresti sempre potente, sebbene un po’ malconcio, ma anche un Ministro degli Interni parecchio preoccupato dall’aspetto politico della faccenda (tralasciando qui qualche poco elegante conflitto di interessi).
Quanto al Sindaco Pisapia, destinatario di “diffide” non troppo pertinenti, va ricordato che il Comune non aveva alcun potere decisionale nella vicenda. Semmai, la critica da fare ha natura politica: cioè, il Sindaco non ha esplicitato il giorno prima e pubblicamente la sua contrarietà allo sgombero della torre. Beninteso, se l’avesse fatto, avrebbero sgomberato lo stesso, ma avrebbe senz’altro evitato quell’effetto delusione che, poi, il Sindaco ha tentato di recuperare in parte il giorno dopo, con la sua giusta presenza all’assemblea.
Comunque sia, Macao stava bene e così, quando lo sgombero della torre è arrivato davvero, un po’ in anticipo rispetto ai tempi immaginati, anche l’assenza di un piano B non era una tragedia. Infatti, è stato sufficiente non muoversi da via Galvani per fare rinascere Macao in piazza. Un sacco di artisti hanno portato la loro solidarietà e mezza città simpatizzava con gli sgomberati. Ma, come sempre accade, il difficile viene quando sei all’apice della tua forza, perché all’improvviso ti trovi a dover “governare” situazioni inedite e fornire risposte che non hai a domande che non ti immaginavi.
E così l’enorme e straordinaria ricchezza di Macao, cioè il fatto di aver aggregato e messo in comunicazione una moltitudine di persone, in gran parte nuove ad esperienze collettive o di movimento, si trasformava man mano in un labirinto. Assemblee permanenti, interminabili, a volte inconcludenti. Capitava che ogni testa fosse un progetto che faticava terribilmente a rapportarsi con altre teste e progetti oppure che qualche consiglio di troppo piovuto da fuori città incasinasse le cose. Altre volte l’assemblea era come la tela di Penelope, si doveva ricominciare sempre da capo. Comunque sia, una fotografia dello stato delle cose, oggi e qui, e in un certo senso un’esperienza di re-apprendimento dei meccanismi della democrazia partecipativa e dell’autogestione.
In situazioni come queste occorrerebbero tempo e pazienza per costruire decisioni, sentieri e destinazioni. Ma il tempo non c’era ed i riflettori erano puntati impazienti su Macao. E così, ogni decisione importante da prendere si trasformava in un ostacolo insormontabile. Certo, tutto comprensibile per chi si trovava vicino all’epicentro di Macao, ma molto meno per chi stava alla sua periferia.
Perché Macao ha detto no alla proposta del Comune di partecipare ai bandi per lo spazio l’ex Ansaldo? E, soprattutto, perché l’ha detto in quel modo, leggendo un breve comunicato, per poi andare via senza ascoltare nessuno? Perché ha scelto di occupare Palazzo Citterio nella centralissima via Brera, dove evidentemente non si poteva stare a lungo, e non uno spazio abbandonata in periferia? Chi ha deciso e che cosa? Ma cosa vuole Macao? E ora?
Tutte domande legittime, alle quali non si può semplicemente rispondere che l’assemblea ha bisogno di tempo per discutere, perché questa è una risposta che va bene per chi all’assemblea permanente partecipa in maniera permanente (mi si perdoni il gioco di parole), ma a tanti altri, a partire dall’area di simpatia e consenso che Macao si è conquistata in città, questa risposta può apparire terribilmente ombelicale.
Ora, dopo lo sgombero di questa mattina, Macao si è dichiarato in silenzio stampa, ma tornerà a farsi vivo presto.
Per quanto mi riguarda, non intendo certo arruolarmi tra quelli che ora puntano severi il dito contro Macao, magari dopo averlo applaudito quando lo facevano tutti. Anzi, penso che Macao debba continuare il suo percorso, perché la Torre Galfa ha dimostrato che di Macao c’è un enorme bisogno a Milano. Ma bisogna far tesoro dell’esperienza di questi giorni, rifuggire dalle tentazioni politiciste ed avere grande cura di quella eterogenea, caotica e potente voglia di partecipare e fare, che aveva conquistato prima un grattacielo e poi il cuore di mezza Milano.
 
Luciano Muhlbauer