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ATTACCO ALL'EDILIZIA POPOLARE
ATTACCO ALL'EDILIZIA POPOLARE
di lucmu (del 18/01/2007, in Casa, linkato 1099 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 18 gennaio 2007 (pag. Milano)
 
“Dobbiamo ripensare se costruire le case popolari perché ai lombardi non servono”. Così parlò l’assessore regionale leghista, Boni, subito sostenuto dal suo collega padano Salvini. A sostegno di questa stupefacente tesi si citano autentiche falsità, come l’affermazione che l’80% delle case popolari lombarde sarebbero occupate da “abusivi o extracomunitari”, per poi finire con il consueto armamentario leghista sui soldi dei lombardi che verrebbero dati ai non lombardi. Beninteso, per essere considerati lombardi non basta vivere, lavorare e pagare le tasse in Lombardia, ma bisogna essere bianchi doc e comunque riuscire a dimostrare una prolungata residenza.
La solita boutade della Lega? In parte sì, perché è assai difficile immaginarsi una Regione Lombardia che blocchi veramente la costruzione di case popolari. Ma in parte no, perché viene enunciato un concetto che fornisce copertura ideologica ad un processo già in atto. Ebbene sì, perché proprio all’inizio di dicembre il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza la riduzione del 75% dei fondi per la costruzione e riqualificazione di alloggi popolari per il prossimo quadriennio.
Che stiamo marciando verso una vera e propria emergenza casa lo dicono ormai tutti. Nella sola provincia di Milano si stima un fabbisogno di 100-140mila alloggi per i prossimi dieci anni, il mercato privato è sempre più inaccessibile per i redditi medio-bassi e, come se non bastasse, nel capoluogo la percentuale di abitazioni tenute vuote, spesso per motivi speculativi, raggiunge ormai l’8%. Insomma, al significativo aumento della domanda sociale di alloggi a basso costo, corrisponde una politica di riduzione tendenziale dell’offerta di case popolari, per non parlare della sempre più spinta introduzione di criteri privatistici nella gestione dell’edilizia residenziale pubblica.
In questa contraddizione sta la ragione di provvedimenti regionali come quello dell’obbligo di almeno cinque anni di residenza per poter accedere alle graduatorie, peraltro già bocciato dal Tar. E sta qui la ragione degli odierni proclami leghisti. Si tratta molto più banalmente –e cinicamente- di nascondere la verità e di accreditare la favola nera secondo la quale non ci sarebbero case popolari per i “lombardi”, perché a portargliele via ci sono gli “extracomunitari” e i “delinquenti”, che poi sarebbero quasi sempre la stessa cosa. Insomma, una bella guerra tra i poveri per l’accesso alla casa, libertà di fare affari per le immobiliari e, soprattutto, nessuno che chiami in causa le responsabilità del potere politico.
Non occorre essere dei geni per capire che discorsi e atti istituzionali del genere, oltre ad essere disgustosi di per sé, sono di un’estrema pericolosità politica e sociale, specie se applicati in una regione dove vivono ormai quasi 900mila migranti e dove la mobilità, in ingresso e in uscita, è tradizionalmente elevata. Ecco perché conviene non snobbare le continue uscite leghiste, che saranno pure rozze e minoritarie, ma che in fondo non sono altro che degli apripista per una politica che appartiene a settori ben più ampi e potenti del centrodestra -e a volte anche oltre- e degli affaristi del mattone. Ed ecco perché a sinistra la questione abitativa, o meglio del diritto alla casa per tutti e tutte, andrebbe finalmente collocato tra le priorità.
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