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LA DIMENSIONE EUROPEA DEL CONFLITTO NON E’ UN OPTIONAL
LA DIMENSIONE EUROPEA DEL CONFLITTO NON E’ UN OPTIONAL
di lucmu (del 06/02/2014, in Politica, linkato 1978 volte)
blog Luciano Muhlbauer
Il dibattito sull’Europa e sul che fare, anche in vista delle elezioni europee che si terranno il 25 maggio prossimo, è più che mai aperto e nel suo piccolo lo dimostra anche la polemica che si è aperta tra me e il mio amico Aldo Giannuli, il quale ha pubblicato sul suo blog lunedì e martedì due articoli in risposta al mio intervento di settimana scorsa, scritto per MilanoX e intitolato Con Tsipras, senza esitazione, per un’altra Europa.
Ebbene, le sue argomentazioni meritano senz’altro una replica, non per dare vita a un botta e risposta senza fine, cosa che non interesserebbe nessuno, ma piuttosto perché i temi sollevati mi pare appartengano a un dibattito ben più vasto. E poi, io credo nella dialettica e se la nostra piccola polemica servirà per alimentare e allargare il confronto, allora avremo fatto anche una cosa buona e utile.
Potete leggere i due interventi di Giannuli sul suo blog cliccando sui seguenti link: Può esserci un’altra Europa? E come? e Concludendo: la lista Tsipras si fa o no?. Per quanto mi riguarda procederò per punti, scusandomi in anticipo per un eventuale eccesso di schematismo, ma molte cose sono già state dette e scritte e mi pare preferibile concentraci sui nodi centrali.
 
1. La prima domanda, anzi la madre di tutte le domande non è se la Ue sia riformabile o irriformabile, oppure se l’attuale architettura europea e la sua moneta unica siano vicini al collasso. E nemmeno se il Parlamento europeo possa essere strumento di riforma dell’Unione, anche perché in un contesto continentale dove i Parlamenti nazionali sono sempre più svuotati di funzioni e poteri, cosa dovrebbe fare un’istituzione che di funzioni legislative e di potere non ne ha mai avuti? No, a monte c’è un altro quesito, cioè qual è oggi il terreno del conflitto di classe e, di conseguenza, qual è la dimensione in cui costruire e articolare una prospettiva di trasformazione, un programma, una strategia e una soggettività o meglio, una convergenza di soggettività.
Questo credo sia il punto di partenza di ogni ragionamento, perché viviamo in una dimensione non solo continentale, ma mondiale, in cui la globalizzazione liberista non è soltanto ideologia o proclama, ma anche sostanza economica, sociale e culturale. Gli stati nazionali rimangono altamente significativi, certo, perché è quella la dimensione in cui si costruisce la legittimazione politica del potere e sono quelli i livelli che detengono la forza armata e la funzione repressiva. Ma i luoghi del potere e delle decisioni che contano e il “campo di gioco” si trovano altrove e sfuggono alla mera dimensione nazionale. Vale per il capitale finanziario, vale per le transnazionali, vale per l’Electrolux o per la Fiat (pardon FCA), vale per qualsiasi grande istituto bancario, vale per la politica. Il sup Marcos qualche anno fa chiamò tutto questo La quarta guerra mondiale e la definizione mi pare assai calzante.
In un mondo e in un’Europa siffatti si può pensare davvero che la dimensione del conflitto, della lotta sociale e politica, del perseguimento di obiettivi concreti come un salario decente o un reddito sociale e della definizione di un modello di società possa essere diversa da quella sovrannazionale? Non è una questione astratta o ideologica, ma maledettamente concreta. In fondo è una questione di efficacia dell’azione sociale e politica.
 
2. L’Unione Europea è fondamentalmente al servizio del liberismo. Così come si è storicamente configurata con i suoi trattati, cioè con gli accordi tra i governi nazionali, è stata ed è strumento per abbattere frontiere ed eliminare regole per i capitali, innalzare muri per le persone, mettere in competizione livelli salariali diversi, fare dumping sociale, spingere i riluttanti a privatizzare di più e più in fretta. Con la crisi sono poi arrivate le politiche d’austerità e del pareggio di bilancio, che hanno fiaccato una parte del continente e che stanno strangolando interi settori sociali. E con loro sono arrivate le troike, le letterine ai governi, i fiscal compact, i commissariamenti di fatto. Quasi scontato che di conseguenza sia arrivata anche la crisi di legittimità delle istituzioni europee, già in partenza prive di investitura democratica diretta e ora sempre di più identificate come la causa di ogni male.
Oggi questa Europa rischia davvero di collassare e con essa la moneta unica. E anche sulla sua “riformabilità” ho dei sinceri dubbi. Non sta qui, infatti, il punto di divergenza con Giannuli. Il punto di divergenza con lui e con altre forze di sinistra, come il KKE greco, o movimenti “non etichettabili come destra” (per usare la definizione di Giannuli), come il M5S, è che non credo affatto che di conseguenza l’unica strada sia tifare per il disfacimento dell’Ue e della moneta unica, che altro non significa, in assenza di un discorso e di un orizzonte europeo, che ritornare alla dimensione e alle monete nazionali. E se succedesse questo, senza avere in campo un’opzione alternativa di sinistra a livello europeo e una cooperazione di movimenti e forze sul piano continentale, allora mi pare evidente, vista anche l’aria che tira, che la strada sarebbe più che libera per opzioni di destra, che nel ripiegamento nazionale si trovano invece perfettamente a loro agio.
Insomma, avere in campo un’opzione europea di sinistra dovrebbe essere una preoccupazione non solo di chi crede che l’attuale assetto istituzionale sia destinato a durare, ma soprattutto di chi crede che siamo ormai vicini al collasso.
 
3. Ultimo punto, o per dirla con le parole di Giannuli: “la lista Tsipras si fa o no?”. Magari lo sapessi, magari avessi la sfera di cristallo. Comunque, lo sapremo a breve, perché i tempi sono molto stretti e Tsipras venerdì sarà a Roma al Valle occupato. Credo che in quel frangente qualche elemento più concreto ci sarà per forza di cose, in positivo o in negativo.
Per quanto mi riguarda, come ho già scritto, io tifo perché ci sia la lista Tsipras e per quel che vale mi impegno in tal senso. E lo faccio nonostante sia perfettamente consapevole delle contraddizioni, delle difficoltà, dello stato pietoso in cui sono ridotte le sinistre italiane, delle tante autoreferenzialità dei ceti politici di partito e non di partito, dei litigi, degli odi, delle cazzate e delle idiozie. Lo faccio perché Tsipras rappresenta un’esperienza politica concreta e positiva e perché oggi la sua candidatura a livello europeo costituisce una possibilità per costruire convergenze a livello continentale per un’altra Europa.
Non è detto che si riesca, ovviamente. Tanti dicono di sostenere Tsipras, ma mettere i tanti insieme è dura, ci conosciamo. Eppure, per poter funzionare bisogna mettere insieme tutti e fare un'unica lista, aperta e includente.
I tempi sono stretti? Ci sono tante firme da raccogliere, grazie a una legge elettorale che penalizza chi non è già in parlamento? Certo, è difficile, ma non impossibile, a patto che la lista non sia un pateracchio, che non respinga le forze dotate di organizzazione, che non dia l’impressione di essere un club privato e, soprattutto, che in giro susciti un po’ di sano entusiasmo.
La lista, anche se riesce a presentarsi e a superare lo sbarramento, poi “si squaglierebbe in venti secondi”. Forse sì, forse no. Io penso che del poi bisogna occuparsi poi e che sarà determinato anche da quello che è successo prima. E magari, facendo delle cose insieme, si riesce a cambiare tutti e tutte e non necessariamente in peggio.
Insomma, ci sono tante controindicazioni e tanti pericoli. Ma i tempi della politica raramente seguono i nostri tempi, cioè quelli che noi pensiamo debbano essere i nostri tempi. Bisogna dunque osare, tentare, altrimenti non combineremo mai niente. Io la vedo così.
 
Per concludere, io sono fermamente convinto che la dimensione europea della lotta e del conflitto sia una necessità imprescindibile per i movimenti sociali, per le organizzazioni dei lavoratori e per le forze che fanno i conti con il livello elettorale e istituzionale. E che dunque sia quello il contesto in cui bisogna agire e costruire, anche al di là delle elezioni europee, che tuttavia nella congiuntura attuale assumono un significato politico di primaria importanza. Per questo vale la pena lavorare perché ci sia una lista Tsipras anche in Italia. Magari ci riusciamo, magari finisce prima di iniziare. Lo vedremo. Comunque sia, anche nella peggiore delle ipotesi, potremo dire di averci provato, invece di arrenderci passivamente a quel che passa il convento, cioè l’astensionismo o il voto al M5S. Nella migliore delle ipotesi, invece, avremo fatto finalmente qualcosa di utile.
 
Luciano Muhlbauer
 
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# 1
Segnalo che Aldo Giannuli ha pubblicato la mia replica sul suo blog (http://www.aldogiannuli.it/2014/02/dimensione-europea-del-conflitto/)dichiarandosi d'accordo che occorra allargare il dibattito alla sinistra e ai movimenti. Ringrazio Aldo e spero che siamo riusciti davvero a dare un contributo alla riflessione collettiva.
di  Luciano Muhlbauer  (inviato il 06/02/2014 @ 16:19:35)
# 2
Caro Luciano,
mi permetta di dissentire dalla domanda con cui esordisce in cui lei mi pare introduca una specie di sillogismo, e cioè che se la crisi è globale, noi per contrastarla dobbiamo essere altrettanto globali.
In verità, io non vedo proprio perchè dalla constatazione iniziale, debba poi seguire necessariamente quella conclusione.
Il punto è che il problema è costituito, almeno secondo me, proprio dalla globalizzazione che è in sè ancora a lungo intrinsecamente antidemocratica. Non è che si debba opporre a un globalismo cattivo, uno buono. No, al globalismo cattivo, va opposta la rivendicazione delle sovranità nazionali, di quella che storicamente è la dimensione dove è possibile esercitare un'azione democratica.
Faccio notare che io scrivo "possibile", perchè è ovvio che la dimensione nazionale non assicura di per sè l'esercizio della democrazia, ma tu
di  Vincenzo Cucinotta  (inviato il 07/02/2014 @ 07:33:42)
# 3
(continua)
Faccio notare che io scrivo "possibile", perchè è ovvio che la dimensione nazionale non assicura di per sè l'esercizio della democrazia, ma tuttavia è una condizione che non osta ad essa.
Inoltre, ho voluto usare il plurale, parlo di sovranità nazionali proprio perchè ritengo che oggi il sovranismo per stare nella tradizione di sinistra, un termine desueto e il cui significato diventa sempre più vago, ma che qui ci può ancora aiutare a capirci, deve sin dall'inizio porsi come una soluzione collettiva, buona per tutte le nazioni. Ciò differenzia questo tipo di sovranismo dai nazionalismi sciovinisti di destra, credo in maniera univoca.

Contesto invece la proponibilità oggi di un'azione transnazionale di opposizione al liberismo dominante, perchè ciò implica unaq capacità che oggi non esiste.

Rimanndo adesso in Europa, sei lavoratori tedeschi non si s
di  Vincenzo Cucinotta  (inviato il 07/02/2014 @ 07:35:36)
# 4
(continua)
Rimanendo adesso in Europa, sei lavoratori tedeschi non si sono sentiti solidali con i loro colleghi greci, se tuttora sembrano sposare totalmente le tesi della Merkel in tema di Europa, non si può modificare questa realtà volontaristicamente. Bisogna prenderne atto, e tentare di ripartire da ciò che si ha, non da quello che si vorrebbe avere.

Quindi, la scelta di un paese di staccarsi dall'unione è secondo me perfettamente adeguata allo scopo, e può nel contempo avere una dimensione internazionale nel proporsi come la via giusta per contrastare il globalismo.

Tornare ai privilegi della sovranità non significa definire ciò che resta fuori, le altre nazioni, in maniera negativa, può al contrario costituire un suggerimento per tutte le nazioni e di popoli.

Fare una lista per le elezioni del parlamento europeoche sia la stessa in tutti i paesi credo che sia un traguardo molto valid
di  Vincenzo Cucinotta  (inviato il 07/02/2014 @ 07:37:13)
# 5
(continua)
Fare una lista per le elezioni del parlamento europeoche sia la stessa in tutti i paesi credo che sia un traguardo molto valido, purchè sia chiaro che l'obiettivo è quello di distruggere queste strutture europee intrinsecamente antidemocratiche, e quindi può servire a rendere più efficace l'azione sovranista.

Ora, mi pare evidente che la lista Tsipras si muove in una direzione del tutto differente, perchè pretende di emendare il non emendabile.

Non si tratta naturalmente di dividersi tra chi pensa che sia possibile modifcare e chi pensa il contrario, ma tra chi sin dall'inizio eslcude la distruzione dell'unione e chi invece la contempla esplciitamente e che quindi la pone all'attenzione dell'opinione pubblica europea, pone il livello dello sconytro lì dove si deve porre. L'escludere questa prospettiva sin dall'inizio mette la lista Tsipras in una condizione di velletairismo ed impotenza, finisce p
di  Vincenzo Cucinotta  (inviato il 07/02/2014 @ 07:38:42)
# 6
(continua)
L'escludere questa prospettiva sin dall'inizio mette la lista Tsipras in una condizione di velletairismo ed impotenza, finisce per dividere il fronte degli euroscettici e finisce per risultare il maggiore alleato del fronte più rigorista ed antidemocratico che oggi trionfa.

Mi scuso per la lunghezza.
di  Vincenzo Cucinotta  (inviato il 07/02/2014 @ 07:45:15)
# 7
Vincenzo ha usato il termine "sovranismo" al posto di indipendentismo ed autodeterminazione che sono la risposta a quella che, con gusto del parolone, potremmo definire mercantilismo imperialista. O colonialismo.
Possiamo illuderci di trovare rappresentazione in un parlamento europeo dominato dagli interessi dell'europa centrale e in un parlamento italiano che esclude le minoranze ed i partiti non-liberisti.
Ma dopo aver fatto la croce sul simbolo non rischiamo poi di sentirci realmente una minoranza o, peggio, la minoranza di una minoranza?
di  Luca  (inviato il 12/02/2014 @ 09:56:44)
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