Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 7 dicembre 2006 (pag. Milano)
Natale si avvicina e, come tradizione impone, tutti diventiamo più buoni. Tutti, tranne alcuni amministratori milanesi, che da settimane sfoggiano linguaggi guerreschi, adatti più a un campo di battaglia, che alla festa popolare degli Oh Bej! Oh Bej!. Il terribile nemico si chiama “abusivi”, sarebbe sostenuto da immaginarie orde selvagge provenienti dai centri sociali e sarà affrontato da duecento vigili urbani, armati per l’occasione di manganelli nuovi di zecca.
Niente di cui stupirsi, per carità. Il vizio dei nostri amministratori di trasformare ogni problema in un’emergenza di ordine pubblico si era già consolidato ai tempi di Albertini, anche se in cuor nostro speravamo che il nuovo sindaco volesse segnare una diversità almeno su questo punto. E ci potrebbe perfino strappare qualche sorriso, se non fosse per la preoccupazione che il continuo buttare benzina sul fuoco non finisca davvero per provocare un incendio.
La fiera degli Oh Bej! Oh Bej! è sempre stata una ressa e le bancarelle effettivamente allestite sono da sempre più numerose di quelle formalmente autorizzate, poiché rappresenta per molti piccoli commercianti, italiani o immigrati che siano, un’occasione di guadagno alla quale non possono rinunciare. Certo, si potrebbe tentare di organizzare meglio il tutto, magari ricorrendo anche all’arma del dialogo e del confronto previo, ma pensare di poter ingabbiare la fiera in recinti irrealistici, questo no.
Il nostro auspicio è che l’annunciata battaglia rimanga in quel mondo virtuale dove finora è stata combattuta e che non si trasferisca davvero nelle strade. In fondo, come tutti i responsabili sanno, l’applicazione, a partire da stasera, del vecchio buon senso, unito a un po’ di flessibilità, potrebbe permettere di gestire senza troppi danni la situazione.
Invitiamo quindi gli amministratori milanesi a confidare di meno nel manganello e di più nel dialogo. E così facendo, forse riusciremo a goderci il nostro Sant’Ambrogio, nel solito affollamento, ma senza incrociare incomprensibili campi di battaglia.
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