Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 7 novembre 2006 (pag. Milano)
La vicenda del ticket di ingresso a Milano era iniziata male e ora rischia di finire peggio. Infatti, il pasticciato provvedimento partorito dalla giunta Moratti difficilmente potrà incidere positivamente sui livelli di inquinamento, mentre peserà economicamente soprattutto sui ceti popolari.
Com’è risaputo, la stragrande maggioranza del traffico d’ingresso a Milano o il traffico all’interno dell’area metropolitana è originata da motivi di lavoro e il motivo per cui si usa l’automobile è banale: si fa prima. E finché l’alternativa all’automobile e al traffico congestionato sarà un trasporto pubblico assolutamente inadeguato, che ti costringe ad alzarti un’ora prima e tornare a casa un’ora dopo, continuerà ad essere così. Insomma, difficile pensare che un ticket d’ingresso possa avere effetti maggiori del continuo aumento del prezzo della benzina, che infatti non ha scoraggiato per nulla l’uso dell’automobile.
Certo, forse circolerà qualche macchina in meno nella parte centrale della città, ma in cambio verranno intasate le zone e i comuni limitrofi, dove peraltro non esistono nemmeno parcheggi sufficienti, e comunque non si ridurrà l’inquinamento, poiché questo notoriamente non rispetta i confini amministrativi.
Il problema vero si chiama accessibilità alla città e non può essere risolto né dalla sola Atm, né dal solo Comune di Milano. E qui occorre, finalmente, fare i conti con un problema annoso, ma oggi drammatico. Cioè, con il fatto che in tutta la Lombardia prevale un modello di mobilità incentrato sul trasporto privato su gomma, mentre il sistema ferroviario regionale è invecchiato e incapace di far fronte alle necessità.
I livelli di inquinamento a Milano e in tutta la Lombardia hanno da tempo superato ogni soglia di pericolo e gli effetti sulla salute dei cittadini sono allarmanti. Proprio per questo, non servono misure demagogiche e irrealistiche, bensì un piano straordinario di investimenti per sviluppare un sistema di accesso pubblico alle città lombarde.
Quindi, il sindaco Moratti rinunci alle sue sciocchezze e piuttosto contribuisca affinché il tavolo con la Provincia e la Regione affronti con urgenza il tema del modello di mobilità. Dopo, ma soltanto dopo, si potrà ricominciare a parlare di pollution charge”.
Esiste un forte dibattito a livello europeo sulle diverse problematicità di natura socio-economica che possono derivare dall’applicazione di congestion charge (mobility/transport and social exclusion). A Londra, per esempio, è in corso un forte dibattito sugli effetti indiretti che il CC determina sul costo delle abitazioni, aumentando le rendite delle aree già privilegiate e determinando, al contempo, un fenomeno di espulsione di quei cittadini meno abbienti verso le aree esterne. Nel 2006 è stata realizzata una ricerca comparata su 5 diverse città europee (Barcellona, Bologna, La Coruna, Lione e Vienna) che ha confermato: un aumento progressivo della domanda di mobilità e l’insostituibile funzione del mezzo privato considerato come un bene di necessità soprattutto per i ceti disagiati. L’introduzione di politiche di restrizione alla mobilità ha determinato il fatto che i ceti disagiati si muovono sensibilmente meno (per esempio
a Bologna effettuano 2,5 spostamenti al giorno contro i 3,7 di media). Quindi se è urgente governare il problema della congestione e inquinamento nelle aree metropolitane è parimenti urgente e imprescindibile riconoscere che esiste un diritto alla mobilità ed è imprescindibile. E se le politiche di limitazione all’accesso stanno determinando fenomeni di esclusione sociale (Londra e Stoccolma) come si governano? Come si arginano? Il re-investimento dei proventi è finalizzato a prevenire/arginare questi fenomeni? Come ? Su tutto questo da Milano c’è solo silenzio.