Il gruppo consiliare regionale di Rifondazione Comunista esprime tutta la sua solidarietà a Amir Karar, cittadino pakistano di 23 anni, rinchiuso nel Cpt di Via Corelli di Milano sin dal 4 settembre scorso.
Amir era stato fermato ad Arezzo, dove risiedeva da due anni, e poiché era privo di permesso di soggiorno era stato fatto oggetto di provvedimento di espulsione e di conseguenza tradotto nel Cpt milanese. La storia di Amir è quella di una persona approdata in Italia dopo una fuga dal suo paese, causata dalle persecuzioni che subiva. Infatti, Amir appartiene alla minoranza sciita del suo paese, sottoposta da anni a gravi violenze da parte di gruppi sunniti militanti con ampie complicità negli apparati di sicurezza pakistane. Il fatto che fosse il segretario generale dell’associazione sciita “Shia Markiz” fece sì che subisse minacce di ogni tipo, fino ad una aggressione fisica che lo ridusse in fin di vita.
Appena fermato dalla Digos di Arezzo raccontò la sua storia, ma la sua condizione non è stata presa in considerazione, sebbene la normativa in vigore affermi esplicitamente che “in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione”. Nemmeno al suo arrivo al Cpt di Via Corelli gli hanno dato retta, poiché gli operatori della Croce Rossa, che ha in gestione il centro, omisero per tre giorni di inoltrare la sua richiesta di asilo politico.
Amir ha avuto la fortuna di avere tanti amici ad Arezzo che si sono impegnati a far conoscere il suo caso. Per questo alla fine ha potuto fare almeno richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato. Altri, magari senza molti amici, finiscono spesso nell’infernale meccanismo della Bossi-Fini, per così sparire in qualche Cpt e poi chissà dove, senza che nessuno venga mai a sapere nulla.
Domani giovedì la competente commissione territoriale di Milano deciderà le sorti di Amir. Visti i precedenti pensiamo però che occorra la massima vigilanza per evitare che Amir possa essere espulso e dunque subire una specie di condanna a morte. Ecco perché facciamo appello alle associazioni, alle forze politiche e alle istituzioni ad adoperarsi affinché ad Amir venga riconosciuto il diritto di stare regolarmente in Italia, magari anche partecipando al presidio che i suoi amici organizzano presso la Prefettura a partire dalle ore 9.00.