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IL RITORNO DELLA SCALA MOBILE
IL RITORNO DELLA SCALA MOBILE
di lucmu (del 01/06/2006, in Lavoro, linkato 762 volte)
Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberamente di maggio-giugno 2006
 
Per una nuova scala mobile. Si chiama così la campagna nazionale a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare che chiede l’istituzione di un meccanismo di adeguamento automatico dei redditi da lavoro e delle pensioni all’inflazione reale. L’idea di lanciare dal basso una proposta di legge era venuta al Sincobas e aveva rapidamente raccolto il consenso delle altre organizzazioni sindacali di base e della Rete 28 aprile nella Cgil, nonché di diverse forze sociali e politiche, come Rifondazione Comunista, il PdCI e i Verdi. Anche il gruppo consiliare regionale lombardo del Prc ha aderito da subito alla campagna.
Di scala mobile non si parlava più da anni, anzi quando osavi discuterne in pubblico rimediavi al massimo qualche sorriso di sufficienza. Eppure, le notizie provenienti dai banchetti per la raccolta delle firme, iniziata a febbraio, raccontano di una buona e immediata adesione di lavoratori e lavoratrici. E allora forse conviene ricordare cos’è successo in questi anni che ci dividono da quello sciagurato fine di luglio di 14 anni fa.
Fu appunto alla vigilia della pausa agostana del 1992, quando Governo, Confindustria e Cgil-Cisl-Uil firmarono l’accordo interconfederale che abrogò definitivamente gli accordi sindacali e le norme di legge che regolavano la cosiddetta scala mobile, ratificando così la sconfitta politica subita dal movimento dei lavoratori nel referendum del ’85. Da allora in poi non ci sarebbe più stato alcun meccanismo automatico. Il nuovo sistema, tuttora in vigore, si basava invece sull’inflazione “programmata”, stabilita dal Governo, e sul recupero del divario in sede di contrattazione nazionale.
Il bilancio di quattordici anni di applicazione del nuovo modello è assolutamente disastroso. Mentre prezzi e tariffe sono liberi di aumentare senza vincoli sostanziali, l’inflazione “programmata” si colloca sistematicamente al di sotto di quella reale ed i rinnovi contrattuali, peraltro sempre più spesso in ritardo rispetto alla loro scadenza naturale, finiscono con il rincorrere il carovita senza mai raggiungerlo.
In altre parole, il modello post-scala mobile si è tradotto in una redistribuzione del reddito al rovescio, con il risultato che oggi milioni di lavoratori e pensionati sono impoveriti. Lo dicono le statistiche, ma ancor prima ce lo dice la realtà vissuta di tutti giorni, con le difficoltà di arrivare alla fine del mese oppure con il crescente indebitamento di numerose famiglie. Di fronte a questa realtà è certamente più comodo –e più ipocrita- addossare tutte le colpe all’euro, il quale in realtà ha funzionato da semplice acceleratore, piuttosto che mettere in discussione l’insano imperativo della moderazione salariale, ahinoi fatto proprio anche dai sindacati concertativi.
Tuttavia, oggi la situazione sta raggiungendo un livello di guardia e si impone la riapertura della discussione. E per favore non si dica che non è possibile, perché il problema dell’economia italiana sarebbe il costo del lavoro troppo alto. Si tratta di una leggenda che trova regolare smentita sul piano internazionale, come ricorda anche la recente ricerca della società multinazionale KPMG. Infatti, risulta che il costo del lavoro in Italia non solo è più basso rispetto agli Stati Uniti, ma anche rispetto a Francia, Germania e Regno Unito.
Infine, una forte iniziativa per rimettere al centro la questione salariale, insieme a quella della lotta alla precarietà e dell’abrogazione della legge 30, è imprescindibile proprio ora. Vi è una preoccupante propensione, da parte di diversi settori del sindacalismo confederale e della sinistra moderata, di interpretare la nuova situazione determinatasi con l’avvento del governo Prodi, alla sola luce del rilancio di un sistema concertativo, che lungi dal rappresentare la soluzione, costituisce invece una parte importante del problema. Se era rimasto qualche dubbio al riguardo, basti ricordare i troppi applausi ricevuti da Montezemolo, quando chiedeva continuità con le politiche liberiste e invocava la collaborazione sindacale.
Ci pare che la campagna Per una nuova scala mobile, che proseguirà fino a settembre, costituisca in questo senso una salutare novità e uno strumento utile per costruire dal basso la mobilitazione per conquistare delle politiche alternative, capaci di rispondere alle aspettative e alle condizioni reali di lavoratori e pensionati.
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