Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su il Manifesto del 2 giugno 2006 (pag. Milano)
Il progetto di legge regionale sul mercato del lavoro, presentato dal centrodestra lombardo in applicazione della legge 30, si è impantanato. Per la seconda volta in pochi mesi, la sua discussione in Aula, considerata urgente dalla Giunta Formigoni, è stata rinviata. Insomma, se ne riparlerà in autunno.
La storia di questo provvedimento è eloquente. Una primissima versione era già stata deliberata dalla Giunta Formigoni nella scorsa legislatura, ma senza arrivare mai nemmeno nella competente commissione consiliare. Non se n’era saputo più nulla.
Poi, sul finire del 2005, animato da un’improvvisa fretta, il centrodestra ha presentato il progetto in commissione e calendarizzato una prima volta la sua discussione in Aula per il mese di marzo. È come se le incombenti elezioni politiche, con la probabile vittoria del centrosinistra, avessero funzionato da acceleratore.
E il perché di questa fretta, dopo tanto letargo, salta immediatamente agli occhi non appena si analizza il merito del provvedimento. Si tratta infatti di un’applicazione della legge 30 talmente estremistica che mesi fa addirittura Michele Tiraboschi, già collaboratore di Biagi, la definì una “autostrada per la precarietà”. Un progetto di legge che non soltanto elude qualsiasi politica concreta di contrasto all’imperante precarietà del lavoro, ma prevede altresì una liberalizzazione spinta del mercato dell’intermediazione di manodopera, con il conseguente forte ridimensionamento del ruolo svolto dalle Province, a tutto vantaggio di operatori privati che potranno godere di generosi finanziamenti pubblici. In altre parole, un tentativo di anticipare i tempi della discussione nazionale sui destini della legge 30, per imporre in Lombardia una visione affaristica del mercato del lavoro.
La Giunta Formigoni si è mossa con tale arroganza da non attuare nemmeno le canoniche consultazioni preventive con le parti sociali e gli attori istituzionali. Così, l’intenso ciclo di audizioni, organizzate dalla VII Commissione consiliare su pressione dei partiti dell’Unione, ha registrato uno straordinario coro di critiche, dalle organizzazioni sindacali a Confindustria, dall’Anci fino all’Unione delle Province lombarde.
Rifondazione Comunista chiede ancora una volta il ritiro del progetto di legge e la riapertura della discussione. Alla Lombardia non serve ulteriore libertà di precarizzare e di lucrare sulla pelle dei lavoratori. Serve, invece, una politica attiva di contrasto della precarietà e una riqualificazione del ruolo pubblico, mettendo a disposizione delle Province anche le necessarie risorse finanziarie.
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