Oggi l’assessore Maiolo ha finalmente incontrato una delegazione dei rifugiati politici di Via Lecco. Lo ha fatto controvoglia, costretta dalla civile determinazione dei migranti e dall’insostenibilità della posizione iniziale assunta dal Comune. Non si è nemmeno presa la briga di avvisare dell’appuntamento i diretti interessati, che ne sono venuti a conoscenza ieri sera attraverso terzi. Ma ci sono andati lo stesso, nella speranza di trovare risposte nuove.
All’interprete di fiducia dei migranti, un volontario del Naga, è stato impedito di partecipare. Il clima era pessimo e l’annunciata proposta del Comune è di fatto una non proposta. Ovvero, prima i rifugiati dovrebbero abbandonare lo stabile di Via Lecco per poi, ognuno individualmente, presentarsi negli uffici comunali competenti, dove verranno valutati i singoli casi. Insomma, all’assessore Maiolo, più che a risolvere il problema, sembra interessata a un po’ di pubblicità per poter tornare al più presto all’invocazione dello sgombero.
Difficile pensare che così possano nascere delle soluzioni vere. E sicuramente non hanno aiutato le prese di posizione dei Ds milanesi, prima silenti e assenti e ora rumorosamente schierati con una legalità cieca e a prescindere. In questo clima, le stesse parole misurate del questore Scarpis, che da giorni ripete che il problema non è l’ordine pubblico, finiscono con l’essere una predica nel deserto.
Cosa deve succedere perché il Comune inizi a considerare la tutela dei diritti umani più importante della difesa dei diritti di proprietà di un’immobiliare che da oltre un decennio mantiene vuoto e degradato lo stabile di via Lecco?
Ora non vanno lasciati soli questi rifugiati. Occorre che la politica e tutto l’associazionismo si attivino per fermare il precipitare della situazione, ovvero il ritorno dell’ipotesi dell’azione di forza, che nulla risolverebbe e che semplicemente rigetterebbe gli uomini e le donne di Via Lecco nell’invisibilità e nell’abbandono.