È passata solo una settimana dalla rivolta di Via Corelli e ormai sembra che se ne debba parlare soltanto in termini giudiziari. Proprio oggi, si è tenuta la prima udienza per i 21 arrestati di quella notte. Eppure, quanto accaduto nel centro di Via Corelli in questi ultimi due mesi, di cui la rivolta dell’altro giorno era semplicemente l’annunciato epilogo, è tutto fuorché una questione di ordine pubblico.
Via Corelli è un problema politico e umanitario. Chiunque vi abbia messo piede e ascoltato il groviglio di storie di disperazione lì rinchiuse, non si stupisce di fronte alle proteste e agli atti di autolesionismo, ma semplicemente per il fatto che ciò non accada tutti i giorni. Il Cpt è lo specchio più fedele della disumanità e del fallimento di una politica sull’immigrazione, quella della Bossi-Fini, dalla filosofia escludente e repressiva. Una realtà da nascondere per il Ministro Pisanu, evidentemente, visto che per le associazioni del volontariato e per la stampa è più facile entrare in un carcere di massima sicurezza che non in Via Corelli.
Ma a Milano qualcuno ha deciso di non arrendersi al silenzio e ha ritrovato la capacità di indignarsi di fronte a questo scempio umano. Oggi viene reso pubblico un appello alla città, che vede tra i primi firmatari associazioni, sindacati e rappresentanti istituzionali. Un appello che chiede l’accesso al centro da parte di organismi indipendenti e la chiusura del Cpt.
I promotori hanno organizzato un primo incontro pubblico per lunedì 6 giugno, alle ore 21.00, presso il circolo ARCI di Via Bellezza, al quale sono state invitate altresì tutte le forze politiche dell’Unione e le organizzazioni sindacali.
Questa iniziativa rappresenta un’ottima notizia. Indica l’unica strada possibile per affrontare finalmente il problema vero, cioè l’esistenza stessa di una struttura ai confini della legalità democratica. Occorre che la società civile e politica di Milano prenda la parola. L’alternativa è attendere nel silenzio e nell’indifferenza la prossima rivolta o la prossima tragedia e ciò sarebbe semplicemente inaccettabile, umanamente e politicamente.