Articolo di Luciano Muhlbauer, pubblicato su Liberazione del 15 dic. 2007 (pag. Lombardia)
Cittadella e Caravaggio sono due piccoli comuni delle province di Padova e Bergamo, che probabilmente non si erano mai sognati di diventare famosi. Eppure, ora sono assurti a indiscussi alfieri della carica dei sindaci del lombardo-veneto, orchestrata e capitanata dalla Lega Nord.
Il grande merito –si fa per dire- dei loro sindaci-sceriffi è quello di aver emanato due ordinanze simbolo contro gli immigrati. La prima stabilisce che uno straniero, per ottenere la residenza, deve dimostrare di disporre di un reddito annuo superiore a 5mila euro e di vivere in un alloggio che risponda a determinati criteri di carattere edilizio e igienico-sanitari. Inoltre, istituisce una commissione comunale che valuta la “pericolosità sociale” dell’immigrato. La seconda, invece, decreta che uno straniero sprovvisto di permesso di soggiorno valido non possa contrarre matrimonio con un cittadino italiano.
Loro dicono che non si tratta di iniziative xenofobe, bensì di provvedimenti “per la legalità”. Ma, in fondo, è sufficiente buttare l’occhio sul manifesto della Lega che accompagna la campagna pro-ordinanze, che ha già raccolto l’adesione di molti piccoli comuni, per capire l’antifona. Infatti, si tratta della copia esatta del manifesto elettorale del razzista elvetico, Christoph Blocher. Quello delle pecore bianche che scacciano quella nera, tanto per intenderci.
Ora, potremmo liquidare ogni ulteriore discussione su tutto questo can can leghista, inquadrandolo nella ferocia resa dei conti in corso a destra. Infatti, dopo aver attraversato Bergamo a suon di insulti contro il Prefetto, la campagna è sbarcata a Milano, in vista della manifestazione della Lega di domani, incassando l’adesione del sindaco Moratti e mettendo in subbuglio tutto il centrodestra meneghino.
Tuttavia, ciò che importa in questa vicenda non è tanto la lotta intestina a destra, che al limite potrebbe anche farci piacere, quanto il fatto che l’arma impugnata per combatterla è il securitarismo xenofobo, ormai diventato uno dei principali canali di produzione di consenso, nonché terreno privilegiato dello scontro politico.
Insomma, siamo di fronte all’indegno epilogo –provvisorio- di un anno di incessante crescendo xenofobo, dove pesanti sono le responsabilità del Piddì veltroniano e di molti suoi sindaci che pensano di poter neutralizzare le destre, imitandole. L’unico risultato concreto di questa folle politica è sotto gli occhi di tutti, cioè quello di aver sdoganato definitivamente il gioco del “dagli addosso allo sfigato”. E così, se tu te la prendi con i lavavetri, io rilancio impedendo i matrimoni, e se tu gridi all’emergenza criminalità dei romeni, io mi metto ad accertare la “pericolosità sociale” di tutti gli immigrati.
Ma, diciamoci la verità, anche dalle nostre parti, cioè a sinistra, le cose non vanno benissimo. Troppo spesso prevale la voglia di volgere lo sguardo dall’altra parte, nella vana speranza che le cose si aggiustino da sole, e può succedere persino che qualcuno ceda. Comunque sia, alla fine l’unica conseguenza è che rimaniamo chiusi in un angolo, mentre le destre accumulano consensi e le tesi razziste acquisiscono legittimità.
Beninteso, siamo tutti consapevoli che non è facile ricostruire un orizzonte e una pratica politica e sociale che possano contrastare l’onda che sale, offrendo delle prospettive alternative e credibili. Ma continuare a rimuovere il problema e, dunque, non affrontarlo di petto non aiuta di sicuro, anzi rischia di diventare una gravosa ipoteca sul futuro delle sinistre nelle regioni del Nord.
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